“Siamo sull’orlo di un massacro, non di una guerra civile”: la voce di Marinellys Tremamunno, giornalista venezuelana in Italia dal 2009, è rotta dalle lacrime. Proprio ieri, la sua città è stata il teatro dell’ennesima violenza: la polizia ha fatto irruzione in alcuni palazzi con lacrimogeni, rompendo vetri, porte e finestre. È solo l’ultimo dei casi di violenza registrati nel paese: a 53 giorni dall’inizio delle manifestazioni pacifiche si contano “2600 arresti, 1000 persone in carcere senza processo e 334 giudicate da un tribunale militare e non da quello civile”. “Dal 2014 stiamo seguendo la situazione del Venezuela” dice Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, durante la conferenza stampa organizzata dal senatore Luis Alberto Orellana “nell’ondata di manifestazioni partita a marzo 2017 abbiamo riscontrato un uso eccessivo della forza da parte della polizia, arresti di massa e imputati civili affidati ai tribunali militari”.A ciò si aggiunge una drammatica crisi economica e sociale che vede lesi i diritti all’alimentazione e alla salute. Non c’è denaro e quel poco che c’è non vale nulla. Per comprare un po’ di cibo occorre molto denaro. C’è chi muore per mancanza di farmaci. Sembra paradossale eppure uno dei paesi più benestanti dell’America Latina, è diventato uno dei più poveri. Si tratta di una vera “emergenza umanitaria” sottolinea Andrea Romano, della Commissione Affari Esteri e Comunitari, che occorre superare solo depoliticizzando la situazione e purificandola dalle contaminazioni ideologiche che rischiano di offuscare la realtà. Una realtà complessa e difficile, risultato di una stratificazione politica, giuridica ed economica che dura da 18 anni. Non è più possibile voltarsi dall’altra parte: come ha sottolineato Orellana, è necessario aprire gli occhi, senza tuttavia cadere nell’ingerenza.
Elisa Carrara
(24 maggio 2017)