Legge 194 un diritto delle donne, italiane e straniere, da difendere

Per la prima volta la relazione del ministero della Salute della ex ministra Lorenzin sui dati più recenti riferiti al 2016, ha  effettuato una stima degli aborti clandestini anche per le donne straniere che è risultata “compresa tra 3˙000 e 5˙000”.

Il 9 giugno, il “Comitato No 194” ha organizzato e dato appuntamento ai suoi iscritti per “la 9 ore nazionale di preghiera per l’abrogazione della 194 che si svolgerà dalle 9 alle 18, a Bologna, in piazza S. Giovanni in Monte, vicino alla Basilica di S. Stefano”. Con l’occasione il presidente del Comitato, l’avvocato Pietro Guerini ha presentato le proprie “più vive felicitazioni al neo-Ministro Lorenzo Fontana, iscritto dall’anno 2011 al nostro Comitato finalizzato all’abrogazione referendaria della legge 194 e che conta oltre 30.000 aderenti. Il ministro è uno di noi” conclude Guerini nel suo messaggio.

Ora con il neo ministro per la Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana l’applicazione di quello che dovrebbe essere un diritto, previsto dalla legge 194 che all’articolo 9  dice che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8” sembra diventare sempre più difficile.

Aveva ragione Bob Kennedy, assassinato il 6 giugno di 50 anni fa, che in uno dei suoi discorsi più celebri affermò che i diritti civili “dopo averli conquistati bisogna continuare a difenderli nel corso degli anni”. Battaglie fondamentali vinte Quarant’anni fa rischiano di essere messe in discussione.

Nella prima puntata di questa inchiesta sull’applicazione  della legge 194 nei vari ospedali di Roma, avevamo parlato con la dottoressa Lisa Canitano, presidente dell’associazione “Vita di donna” e ginecologa  dell’ ospedale Grassi di Ostia che aveva attribuito la responsabilità di quanto sta accadendo nel nostro paese a un ritorno all’ arcaismo religioso che inciderebbe anche sul fenomeno “straripante” dell’obiezione di coscienza da parte dei medici (70,9 per cento) rispetto  alla Francia dove l’obiezione è al 7 %  all’Inghilterra 10% e alla Scandinavia  che non conosce  obiezione di coscienza.

Ad andarci di mezzo sicuramente, per la mancata o difficoltosa applicazione della legge nelle strutture pubbliche, sono soprattutto le straniere che spesso sono costrette a ricorrere all’aborto clandestino. Per la prima volta la relazione del ministero della Salute della ex ministra Lorenzin sui dati più recenti riferiti al 2016, ha  effettuato una stima degli aborti clandestini anche per le donne straniere che è risultata “compresa tra 3˙000 e 5˙000”.

Sempre secondo la relazione basata sui dati Istat, le regioni nelle quali si è registrato “un ricorso elevato di IVG effettuate, in strutture pubbliche, da donne residenti all’estero, si è avuto nell’Italia centrale e settentrionale e in Campania. Complessivamente nel 2016 il numero di IVG effettuate da donne straniere corrisponde al 30.0% del dato nazionale. In diminuzione rispetto agli anni precedenti (31.1% nel 2015 e 33.0% nel 2014) proprio a causa, probabilmente, del numero non definibile con precisione di aborti clandestini cui è costretto chi non ha documenti. Per tutte le classi di età le straniere – registra inoltre la relazione –  hanno tassi di abortività più elevati delle italiane di 2-3 volte. La classe di età maggiormente coinvolta nel fenomeno permane quella di 20-24 anni per le straniere (con un tasso 3.5 volte superiore a quello delle italiane), mentre per le italiane i tassi più alti si osservano tra le donne di 25-29 anni (8.1 per 1000)”.

Silvana Agatone, presidente della Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione  legge 194) ginecologa all’ ospedale Pertini, riferimento del quartiere Tiburtino di Roma, che di straniere ne vede tante, denuncia in questa intervista che “il problema è che non esiste un monitoraggio della domanda complessiva di interruzioni di gravidanza sul territorio, cui le strutture pubbliche dovrebbero far fronte, comprendendo in questa domanda anche quella delle immigrate che arrivano da noi, come le nigeriane, spesso con  emorragie in corso o come le rumene che arrivano dalla Sicilia dove non possono abortire.

Secondo i dati del ministero della Salute e della Regione Lazio, però, in questi 30 anni si sarebbe verificato un contemporaneo quanto inspiegabile dimezzamento delle interruzioni. Come lo spiega?

“Su quello che si pretende essere un dimezzamento degli interventi, che quindi potrebbe essere affrontato tranquillamente da medici non obiettori – come sosteneva la ministra Lorenzin – incide la recente liberalizzazione sul mercato della pillola del giorno dopo per le maggiorenni, una maggiore consapevolezza delle donne sui metodi contraccettivi,  ma soprattutto il fatto che il dato si riferisce alle schede inviate dalla singola struttura che effettua l’interruzione, all’Istituto Superiore della Sanità e poi all’Istat che le registra e le inserisce nelle statistiche. Mi spiego meglio con un esempio: se le schede non arrivano perché l’unico medico non obiettore che praticava le interruzioni in un ospedale o consultorio è andato in pensione, vedi il caso di Trapani (www.ilfattoquotidiano.it) di quelle interruzioni, che pure avvengono da qualche altra parte, si perdono le tracce e questo contribuisce a far diminuire il dato ufficiale. Le regioni dovrebbero provvedere a raccogliere queste informazioni dalle strutture e ad analizzarle per rispondere ad un questionario trimestrale ed annuale, ma se il medico non c’è più perché non è stato sostituito, il meccanismo si inceppa ed ecco che il dato finale risulta falsato”.

C’è un problema anche per quanto riguarda l’aborto terapeutico che dovrebbe essere praticato a tutela della salute della donna. Perchè?

Nel Lazio siamo solo in sette a praticare l’aborto terapeutico nelle strutture pubbliche, tutti concentrati a Roma. Nelle altre quattro province di aborto terapeutico non se ne parla. D’altra parte si sa che i  medici non obiettori non fanno carriera perché  i primariati sono tutti sotto l’egida dei poteri religiosi Sono diretti da ginecologi confessionali, e quindi obiettori di coscienza, i reparti di ginecologia degli Ospedali di Frosinone (dove non si applica affatto la Legge 194/78), di Viterbo, del San Giovanni, del Policlinico Universitario de La Sapienza, del Policlinico Casilino, senza ovviamente citare i reparti di maternità degli Ospedali cattolici (Policlinico Gemelli, Villa San Pietro, Fatebenefratelli) e di quelli convenzionati (Santa Famiglia, Città di Roma, Villa Pia) in cui non si applica la Legge 194/78.  Questi pochi dati riescono a spiegare il perché”.

A parte l’importanza che riveste il “fare carriera” per i medici obiettori, lei ha citato nella sua relazione al V° Congresso nazionale organizzato dall’associazione la settimana scorsa su “Aggiornamenti in tema di contraccezione e aborto” il rapporto del segretario dell’EPF, European Parlamentary Forum for Population and Development, Neil Datta a proposito del “tentativo degli estremisti religiosi di ripristinare a livello europeo l’ordine naturale, mobilitando le società europee contro i diritti umani sulla sessualità e la riproduzione”. Di che si tratta ?

“Si tratta, in sostanza di  una rete di parlamentari chiamata Agenda Europa che esiste sia all’estero che in Italia con sede all’ Abbazia di Trisulti, impegnati per la tutela dei diritti della salute sessuale e riproduttiva delle fasce più vulnerabili della popolazione mondiale, il cui vero obiettivo è di impedire quello che definiscono genocidio dell’aborto con l’abrogazione della legge 194”. Alla rete apparterrebbero in Italia le truppe corazzate dei vari movimenti pro life e pro – famiglia: Il Movimento per la vita, da sempre in prima fila contro la legge 194 fin dagli esordi in Parlamento, Il  Comitato difendiamo i nostri figli” di Massimo Gandolfini  la onlus Pro Vita“.

 

Dunque dottoressa il vero motivo che giustificherebbe il mal funzionamento della 194 sarebbe quello che viviamo in un paese cattolico che osteggia in tutti i modi l’applicazione di una legge che dovrebbe tutelare in primo luogo la libera scelta e la salute di chi cattolico non è?

“Negli ultimi tempi  stiamo assistendo a una recrudescenza del fenomeno. Le faccio un rapido elenco:  dal 18 maggio le farmacie non hanno più l’obbligo di avere la pillola del giorno dopo (di cui al contempo è stata “liberalizzata” la vendita) tra i farmaci “indispensabili” e dunque le donne che la richiedono devono aspettare di averla, dopo averla ordinata.  Un modo come un altro per far diventare obiettori anche i farmacisti; alle ragazze in particolare sono dedicati alcuni manifesti (che ho riportato nella mia relazione) e informazioni sui siti internet delle varie associazioni “per la vita” che, affermando il falso,  le “informano”  sui “gravi rischi” che correrebbero sottoponendosi all’interruzione di gravidanza, addirittura pronosticando un aumento del cancro al seno del 150 %…… Anche in questo caso si rischia che il terrorismo psicologico riesca ad avere la meglio sull’informazione corretta e scientifica che non è altrettanto diffusa; il 19 maggio si è svolta la marcia della vita conto la moderna eugenetica che consente l’aborto terapeutico per evitare la nascita di bambini malformati o down e contro la legge sul fine vita; potrei continuare ancora per molto con altri esempi, ma questi i sembrano sufficienti a dimostrare quanto sia agguerrito, potente e pericoloso il fronte cattolico e oscurantista che si sta facendo strada anche in altri paesi, vedi l’Ungheria di Orban  e l’America di Trump che come primo atto dopo il suo insediamento ha cancellato i finanziamenti alle Ong che si occupavano di contraccezione e aborto”.

 

Francesca Cusumano