Le donne venute dall’Europa dell’Est spesso entrano  nelle famiglie italiane. Si prendono cura delle persone più fragili e bisognosi di attenzione, come malati, disabili e bambini, sbrigano le faccende di casa e, inevitabilmente, entrano nelle vite degli italiani. Ma… sono lontane dalle loro famiglie e spesso anche dai loro figli piccoli.Alcune comunità straniere, come quella ucraina e moldava, sono maggiormente colpite dal fenomeno e caratterizzate dalla alta percentuale di donne sole. Secondo il Dossier Statistico Immigrazione del 2015, di 147 mila cittadini moldavi che risiedono in Italia, il 66 percento sono  donne­, e di 226 mila ucraini in Italia questa percentuale arriva a 79.Per conoscere le loro storie il luogo ideale è la chiesa di SS. Sergio e Bacco, in piazza di Madonna dei Monti nel cuore di Roma. È un luogo di preghiera, intorno al quale si svolge la vita spirituale e sociale dei credenti della Chiesa cattolica di rito bizantino. La piazza davanti alla chiesa serve da spazio di ritrovo per la comunità ucraina.Qualcuno pensa alle donne dell’Est come a persone forti, che affrontano le difficoltà della vita con grinta e determinazione, ma sono donne fragili. Soprattutto le mamme affrontano con difficoltà la lontananza dai figli e cercano la consolazione nella preghiera.Olga viene dal piccolo paese all’ovest dell’Ucraina, presto è rimasta vedova. L’assenza di lavoro, un figlio quasi adolescente, due genitori pensionati – non trovando in patria una possibilità di sostenerli, la donna ha deciso di partire verso l’Italia. “Ho lasciato mio figlio in un periodo molto difficile, ero cosciente dei rischi di affidarlo alle cure dei genitori non più giovani. Ma non vedevo un’altra via” – inizia il suo racconto – “sono in Italia da 7 anni, la situazione economica in Ucraina non migliora, le esigenze della famiglia crescono. Adesso mio figlio studia all’università. Io lavoro qui per dargli un’istruzione, un futuro migliore ma devo vivere con il peso della lontananza”.Quando parlano dei loro cari inevitabilmente si legge un filo di tristezza nei loro occhi, ma anche la paura di essere giudicati male.“Io ho dovuto lasciare una figlia di sei  anni. Mi si è spezzato il cuore, quando ho preso il pullman verso l’Italia. Per fortuna entrambi miei genitori e mia sorella sono in buona salute e si sono presi cura di lei. La chiamavo tutti i giorni, ci vedevamo tramite Skype, ma la bambina cosi piccola, inevitabilmente si è scordata di me” – condivide i suoi pensieri intimi Irina. “Quando sono tornata a casa per una vacanza era straziante capirlo. Ancora più difficile era vedere dopo giorni a casa,  la sua paura di allontanarsi da me, anche per andare a fare la spesa. Dopo qualche anno sono riuscita a stanziarmi in Italia. Ho fatto il ricongiungimento familiare e adesso vivo con la mia figliola. Abbiamo dovuto superare un nuovo periodo di riavvicinamento, ma adesso stiamo insieme ed io sono la mamma più felice del mondo!”In Ucraina i loro figli sono chiamati “orfani sociali degli emigrati” – uno speciale gruppo di bambini che, a causa di ragioni sociali e economiche, sono lasciati soli nonostante abbiano i genitori in vita. Questo problema, con un forte impatto sulla società, avrà soluzione soltanto con il miglioramento della situazione economica nel paese, il solo motivo per cui è nato questo fenomeno.