Zakaria, free lance per i rifugiati

A dispetto della tanto sbandierata emergenza immigrazione, l’Italia con 56 mila rifugiati presenta cifre contenute, sia in termini assoluti che relativi, rispetto agli altri paesi europei: meno di 1 rifugiato ogni 1.000 abitanti, contro gli oltre 7 della Germania secondo il rapporto annuale dell’Unhcr. Eppure il percorso di inclusione dei richiedenti asilo nel Bel Paese appare ancora frammentato e assistenzialista: “il lavoro delle associazioni e dei centri di accoglienza è fondamentale ma non può bastare, è necessario che lo stato crei un percorso serio di integrazione in grado da far da guida a tutte quelle persone in fuga dal loro paese d’origine per motivi politici, razziali, religiosi, o per appartenenza ad un gruppo sociale” ha spiegato Zakaria Mohamed Ali, rifugiato politico somalo dall’agosto del 2008 a Roma.

Ali è un ragazzo di 25 anni. Il suo racconto è fatto di sofferenze e rinunce, come tutte le storie di persone costrette ad abbandonare la propria terra e i propri affetti. Arrivato in Italia non per scelta ma per caso ha un sogno nel cassetto “imparare bene l’italiano per poter diventare un giornalista”. Passione, che lo ha costretto a lasciare il suo paese, ma che non lo ha mai abbandonato “scrivo dall’età di 15 anni, anche durante il lungo viaggio per arrivare in Italia scrivevo sui miei quaderni per non pensare”. Ha avuto il riconoscimento dello status di rifugiato dopo sole due settimane dal suo approdo a Lampedusa. É riuscito ad avere anche il ricongiungimento familiare con i suoi genitori e dal 10 febbraio 2010 il riconoscimento dei suoi titoli di studio. Ma sa bene di essere tra i pochi ‘fortunati’ “ la mia richiesta d’asilo è stata accolta in poco tempo perchè avevo con me tutti i miei documenti ed attestati di studio, ma la stessa cosa non è accaduta ai miei compagni di viaggio, a volte passano mesi se non anni, e nel frattempo non possono fare nulla senza documenti, neanche lavorare”. Ha recentemente prodotto per Asinitas un cortometraggio ‘L’attesa’ che racconta la vita dei somali alla stazione Termini “si pensa che siano lì per bivaccare o rubare, ma in realtà sono in attesa di un lavoro. Non sanno dove andare dato che il centro di accoglienza dove vivono li sbatte fuori alle nove di mattina per poi riaccoglierli alle sette di sera”

Il suo impegno contro la mancanza di un soddisfacente percorso di integrazione sociale e lavorativo dei richiedenti asilo e rifugiati in Italia lo ha messo nero su bianco nei suoi primi articoli pubblicati, un primo piccolo traguardo che “denuncia l’incapacità del governo italiano di dare un’accoglienza rispettosa dell’individuo, come accade nei paesi del nord Europa, dove i rifugiati vengono informati su come trovare lavoro o casa, e sono pagati per frequentare i corsi di lingua tedesca. In Italia non c’è nulla di tutto questo. Anzi i richiedenti asilo sono trattati come se non avessero un passato”. E la sua storia Ali non lo vuole dimenticare “io vivo nel passato, nei miei ricordi. Non ho perso la speranza di poter tornare un giorno nella mia terra”.

Melissa Neri(24 giugno 2011)