Bizhan Bassiri dalla Biennale di Venezia al Teatro dell’Opera di Tehr

A pochi giorni dalla chiusura della Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia che ha registrato il 23% in più di presenze rispetto al 2015, facciamo un bilancio con l’artista italo – iraniano, Bizhan Bassiri che ha allestito quest’anno il padiglione del suo paese d’origine al piano terra del Palazzo Donà dalle Rose alle Fondamenta Nuove, luogo simbolo dei grandi del passato nel cuore di Venezia. “Con grande piacere – ci dice – ho accettato la responsabilità di rappresentare l’Iran alla biennale di Venezia con le mie opere. Importante è stato il ruolo del commissario del ministero della Cultura iraniano, Majid Mollanoroozi, che mi ha offerto questa opportunità. Alla fine si è verificato una sorta di abbraccio reciproco tra Roma e Tehran, attraverso il linguaggio dell’arte che ha compensato il vuoto di questi anni.Quante presenze ha registrato il padiglione? E sono venuti i ragazzi delle scuole, primi destinatari del messaggio della Biennale curata dalla francese Christine Macel?“Abbiamo avuto circa 70 mila visitatori nei sei mesi di apertura – continua Bassiri – e, se si pensa che non eravamo negli spazi principali dell’esposizione, si può essere molto soddisfatti. L’attenzione alle scuole mi ha trovato molto concorde, è da lì che bisogna partire per far apprezzare a un pubblico sempre maggiore l’Arte Contemporanea. Con questo proposito abbiamo realizzato anche un film con il titolo della mostra: “Tapesh” che significa “il battito del cuore”, girato dal regista, Ali Skandari che verrà proiettato per la prima volta il 19 aprile al teatro dell’Opera di Tehran”. Metafisiche, materiche, primordiali, le sue installazioni, ispirate al manifesto “La Riserva Aurea del Pensiero Magmatico” che lei ha iniziato a scrivere nell’84, hanno colpito i visitatori per le dimensioni e la plasticità delle loro forme. Trentadue figure nere, in fila una dietro l’altra come sentinelle, a fare da guardia alla scultura centrale “i dadi della Sorte”. Realizzati in bronzo placcato d’oro, i dadi non offrono chances: hanno su tutte e quattro le facce il numero sei. Sono il destino, la sorte, e l’energia primordiale a dominare la vita umana?“Nel padiglione ho allestito con il contributo scientifico di Bruno Cora’ , presidente della Fondazione Burri, un complesso corale di 50 sculture su una base ricoperta di polvere di marmo bianco lunga 24 metri. Le 32 erme rappresentavano l’Uomo, poi c’erano 4 leggii in bronzo placcato d’oro per la Conoscenza, 12 bastoni a significare l’affermazione del pensiero e, il fulcro di tutto, i dadi della Sorte. Le figure dell’installazione, modellate dal magma fuso, sono diventate pietre nere vulcaniche scaturite dal fuoco. I dadi della Sorte, quelli legati al destino con cui ognuno di noi nasce, aprono la partita a una combinazione immutabile, come quella dell’artista con le regole fondamentali dell’arte che sono da sempre le stesse”.Ora che si è riappropriato appieno della sua identità iraniana, ha altri progetti per il futuro che la vedranno tornare a Tehran? Il prossimo 19 di aprile metterò in scena il “Manifesto del Pensiero Magmatico” al Teatro dell’Opera di Tehran con la collaborazione della Filarmonica di Tehran. Voce recitante sarà il grande tenore Shahram Nazeri (il Pavarotti iraniano ndr.) su musica composta da Nicola Sani, allievo di Stockhausen, ideatore e direttore artistico del Progetto “Sonora” promosso dal Ministero degli Affari Esteri italiano, per il sostegno e la diffusione della nuova musica italiana all’estero. Alle percussioni, accompagnato da 30 percussionisti iraniani e 60 elementi del coro femminile , Antonio Caggiano, musicista con il quale ho già collaborato in passato e che ha una visione della musica molto simile alla mia : “un’arte a tutto tondo, un luogo privo di confini e steccati, dove le gerarchie sono abolite e dove la diversità è una ricchezza e non un impedimento”.