Vermiglio: piccole donne crescono alla fine della Seconda Guerra Mondiale

Vermiglio è il nome del paese e il titolo del film dell’opera seconda di Maura Delpero. La storia si svolge in questo villaggio sulle Alpi, al confine dell’Italia, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un film corale che narra di una a comunità  rappresentata prevalentemente da donne e bambini, gli uomini sono al fronte, sono rimasti solo gli anziani. Ancora una volta Delpero indaga e narra l’universo femminile dopo Maternal ambientato in un centro di accoglienza per ragazze a Buenos Aires in un’Argentina dove l’interruzione volontaria di gravidanza è vietata. L’autrice, una vita tra l’Italia e il Sud America, torna alle montagne della sua infanzia, intessendo di ricordi biografici la trama del suo film.

Vermiglio: la guerra non si vede, ma si soffre

Nel paesino delle Alpi accanto al mondo femminile che abbraccia tutte le età dall’infanzia alla vecchiaia, c’è il maestro dell’unica classe che accoglie tutti i bambini insieme, dai più piccoli agli adolescenti, un padre padrone, ma non un tiranno, che guida le scelte della comunità e nel contempo ama i libri e la musica di Chopin.
In Vermiglio la guerra non si vede, anche se, se ne soffrono le conseguenze, ad esempio per la scarsità di cibo e per la presenza di due giovani uomini, due disertori, malvisti dagli anziani, uno è originario di Vermiglio, l’altro è siciliano e ha salvato la vita al suo compagno. Si parla in dialetto, e questo a molti ha ricordato L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi che la regista sceglie di citare, anche se il film di Olmi aveva altre motivazioni e era ambientato a fine Ottocento.
Quello che preme alla regista è l’evoluzione del ruolo della donna all’alba dello sviluppo post bellico e non è un caso che le tre giovani sorelle, che seguiamo nel film, incarnino figure femminili diverse della nuova Italia con la sessualità e la maternità che caratterizzano le loro scelte.

Nicoletta del Pesco
(2 settembre 2024)

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