“Sorella d’inchiostro. 23 racconti per Kaha Mohamed Aden”

Una raccolta di voci di vecchi e nuovi autori della letteratura della diaspora africana contemporanea in Italia

“Sorella d’inchiostro. 23 racconti per Kaha Mohamed Aden”, edito da Aiep Editore, raccoglie le voci di altrettanti autori afro italiani che hanno voluto omaggiare la memoria dell’amica e scrittrice italo-somala scomparsa nel 2024, una delle prime voci africane a scrivere e pubblicare in italiano esplorando il tema della migrazione, dell’identità e della complessità di conciliare diverse culture.
Sebbene non tutti l’abbiano conosciuta personalmente, gli autori della raccolta hanno in comune con la scrittrice l’appartenenza alla letteratura afro diasforica e hanno scelto l’italiano per esprimersi e per raccontare non solo le culture d’origine ma anche, e soprattutto, il rapporto con l’Italia e con gli italiani. Il loro sguardo rappresenta il punto di vista inedito e variegato di un ventaglio di autori della diaspora e anche di “nuovi italiani”, quel vago ed ambiguo calderone con il quale si fa riferimento alle seconde generazioni.

“Nuovi italiani” ma nati in Italia

“Gli autori del libro sono tutti frutti della migrazione, che ostinatamente continua ad essere presentata come un fenomeno emergenziale quando invece appartiene alla storia dell’umanità da sempre, o non avremmo avuto piedi ma radici”, sottolinea Kwanza Musi Dos Santos, mediatrice dell’incontro ospitato dalla storica libreria Griot di Trastevere, lo spazio che da oltre vent’anni promuove la produzione letteraria degli scrittori africani, arabi e della diaspora.
La stessa cultura italiana, che viene difesa con orgoglio da chi teme di perderla, è di fatto un melting pot che ha raccolto culture differenti, amalgamate nel tempo, filtrate, penetrate e mescolate in millenni di incontri e scontri. Si fa fatica ad accettare un’Italia che cambia, “e così, nonostante siano nati e cresciuti in Italia, abbiano studiato in italiano e frequentato scuole italiane, si continua ancora a parlare dei nuovi italiani per riferirsi ai figli della diaspora e alle seconde, a volte anche alle terze, generazioni”. Quando inizieranno ad essere considerati italiani?

Scrivere in italiano da italiani

“L’identità di gruppo è importante in questo momento, in cui bisogna unirsi e ritrovarsi. In questo libro siamo riusciti a raccogliere le voci di diverse generazioni della diaspora e a colmare un gap generazionale, al quale hanno aderito con entusiasmo ventitré diversi autori, con età e background diversi”, racconta Kossi Komla Ebri, medico, scrittore ed uno dei curatori della raccolta insieme a Gabriella Ghermandi e a Itala Vivan.
“Tutti gli autori hanno scelto l’italiano come lingua di espressione letteraria. Alcuni l’hanno presa in affitto, e sono quelli che hanno dovuto rinascere nella lingua di Dante, mentre altri sono stati allattati direttamente dalla lupa e rispetto alla generazione precedente si esprimono in un modo diverso. Si dice che ogni migrante partendo lasci tre madri: la propria madre, la terra madre e la lingua madre”.
Se la lingua viene considerata come la dimora dell’uomo, questi autori appartengono all’Italia ed italiana è la loro voce ma con un valore aggiunto, in quanto portatori anche di uno sguardo di tipo antropologico sull’Italia che cambia, promotori di un discorso critico: “Tra qualche anno, quando si vorrà descrivere l’Italia di oggi, si cercherà nei nostri testi, perché offrono un punto di vista diverso, siamo i selvaggi che osservano l’uomo civilizzato da un’altra angolazione”.

Una ghirlanda di racconti

L’idea di questo libro è venuta a Pap Khouma. Volevamo celebrare la vita e le opere di una sorella e di una scrittrice e abbiamo pensato che il modo migliore fosse renderle omaggio attraverso la scrittura. Dei sessanta autori ai quali abbiamo scritto, ventitré hanno risposto con entusiasmo e contribuito a questo volume che non vuole essere un’antologia ma una raccolta di voci, una ghirlanda di fiori da offrire come ricordo”. Voci e racconti liberi, senza un filo conduttore predefinito, che ha permesso ad ognuno di esprimere esperienze diverse non essendo costretti ad aderire ad una linea editoriale, regalando una grande libertà di sguardo, ha sottolineato Paola Pastacaldi, una delle autrici del volume.
Stili, ispirazioni ed argomenti diversi, alcuni legati a personali ricordi e talvolta molto intimi, altri umoristici, alcuni che rievocano il periodo coloniale e la Storia, elemento ricorrente insieme al tema della migrazione, ma anche l’attualità della guerra a Gaza. Il razzismo emerge trasversale, “come un elefante in una stanza che si finge di non vedere, ma che è impossibile non vedere”.

Voci della diaspora

L’incontro è stato anche l’occasione per ascoltare, dal vivo, le voci, le esperienze e le poetiche di alcuni degli autori del volume, contribuendo ad aprire una finestra sulla varietà, sulle potenzialità e sulle problematiche legate ad un tipo di letteratura che sconta l’appartenenza ad una categoria, seppure necessaria per poterla contenere.
Una letteratura “migrante” dalla quale Sonia Lima Morais, nata e cresciuta in Italia, per un certo periodo si è tenuta lontana, ritenendola più adatta alla generazione dei suoi genitori e che solo in seguito ha imparato ad apprezzare, dopo essersi affacciata e riconosciuta negli scritti delle seconde generazioni, capaci di parlare il suo linguaggio avendo condiviso il suo stesso percorso.
Al contrario di Rahma Nur, arrivata in Italia bambina dalla Somalia, che invece ha sempre sentito il bisogno di nutrirsi di tutto ciò che scrivevano i figli della diaspora che l’avevano preceduta, perché contribuivano a mantenere vivo il legame con la terra lasciata e l’aiutavano a definire un’identità in continuo cambiamento. Racconta come Kaha Mohamed Aden abbia rappresentato, per lei, un punto di riferimento non solo con la Somalia ma anche con la sua lingua, aiutandola a trovare le parole, avendo riconosciuto nella poesia prima e nella narrativa poi l’ancora a cui aggrapparsi nella solitudine, “l’urgenza che mi ha aiutato a sopravvivere”.
Sopravvivenza anche per Soumaila Diawara, fuggito dal Mali ed arrivato in Italia dal mare, che ha usato la scrittura per affrontare demoni e paure, trasformandola in uno strumento di attivismo politico, di sensibilizzazione e di rinascita.
Su tutt’altro terreno, invece, l’intervento di Igiaba Scego, una delle autrici più pubblicate anche sui quotidiani, nata in Italia da genitori stranieri, che ha portato l’attenzione sulle case editrici e sui loro compartimenti stagni, lamentando la mancanza di uno spazio adeguato nell’editoria italiana, soprattutto per gli autori che non vogliono necessariamente trattare tematiche autobiografiche legate alla migrazione, all’identità e alla memoria: “Non c’è spazio per la fantascienza scritta da un africano”.
La stessa frustrazione sottolineata anche da Abodou Diouf, biologo e ricercatore di origine senegalese, che non vuole scrivere o parlare solo di migrazioni o razzismo, e che sarebbe felice di essere invitato a parlare anche di medicina.

Natascia Accatino
(2 luglio 2025)

 

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