La traduttrice moldava e la professoressa italiana: contare sull’amicizia

Le qualità umane. Claudia era tornata dalla Moldova con un nuovo computer che il figlio le aveva regalato: “Gabriella, corri, ho bisogno del tuo aiuto, per favore. Il mio portatile si è bloccato e senza di te sono persa”. Dall’altra parte della città l’amica italiana si mette in moto per salvare l’ex professoressa moldava, con la stessa pazienza e responsabilità con la quale le aveva insegnato l’abc del computer. Una volta accomodata davanti allo schermo, Gabriella scoppia in una grande risata: lei, professoressa di scienze in un noto liceo romano, aveva risolto tanti problemi, ma questo superava ogni limite. Tutte le informazioni erano in cirillico. Questo è solo un episodio che descrive l’amicizia nata tra le due donne: “Non sarei sopravvissuta senza Claudia, una persona sulla quale puoi contare,” racconta Gabriella. L’ha conosciuta nel 2003 quando, impaurita, ha iniziato a badare ai suoi genitori insieme a un’altra ragazza dello stesso paese. Il suo papà camminava 12 ore al giorno e lei si muoveva insieme a lui, oltre a dargli l’affetto e l’attenzione come se fosse la seconda figlia. La famiglia di Gabriella e le due assistenti mangiavano allo stesso tavolo, passavano interi pomeriggi a parlare, a condividere le esperienze forti e a trovare delle soluzioni, poi si preparava la cena. Solo nel giorno di paga si ricordavano che tra loro c’è un rapporto di lavoro. Nel 2005, dopo che il padre di Gabriella non c’era più, Claudia si è trasferita a seguire un’altra signora ferma a letto. Una sera d’agosto, anche la badante si ammala, febbre alta e debolezza: “Alle 22.00, Gabriella girava tutta Roma per trovare una farmacia aperta”, si commuove Claudia, “e si è preoccupata di portarmi delle medicine”. Il caso l’ha fatta ritornare poi in casa dell’italiana per avere cura della madre per altri quattro anni e l’amicizia si è cimentata per sempre. I gesti d’umanità e correttezza non sono mancati nel tempo. Quando la moldava è andata in ferie a casa e le si è rotta i polsi in un incidente, Gabriella si è assicurata che prima di tornare al lavoro fosse guarita bene: “Anche io so che in caso di necessità Claudia c’è”. Adesso le ha trovato un lavoro per assistere la madre di una sua collega. Si sentono spesso e si raccontano le cose del quotidiano come se fossero amiche da una vita.

Le affinità intellettuali. Claudia cercava di tradurre le poesie in italiano e trovava delle parole assurde. A volte chiedeva a Gabriella se il senso era giusto. Da lì è partita la collaborazione che è diventata poi un gioco di correzione di bozze. E’ stata lei a spingerla, a dargli il coraggio di avvicinarsi alla sua professione. Solo l’anima di una collega poteva intuire la sofferenza di Claudia di non poter più insegnare. “Se l’intellettuale che viene dall’estero in Italia non avesse bisogno di lavorare sicuramente troverebbe una strada, ma in queste condizioni non ha scelta. La maggior parte delle donne che arrivano hanno più di 40 anni, se vanno all’università si laureano a 50 anni, e quando iniziano la carriera, a 60 anni?”, si chiede la professoressa italiana. Ha ammirato l’amica dell’est che traduceva di notte, “ma se chiedeva mezza giornata durante la settimana le dicevo di no. Non è semplice conciliare il lavoro di badante con delle attività culturali parallele, per le quali loro si possono dedicare nelle 2 ore a pranzo o la domenica. Penso che la soluzione sia culturalizzarsi tramite il computer”. Gabriella ha avuto la conferma che l’idea funziona quando ha deciso di comprare un portatile di seconda mano per insegnare Claudia il linguaggio informatico.

Amore per la letteratura. Insieme ad altre professoresse moldave, Claudia Lupascu ha tradotto “Il nimbo di rugiada” di Grigore Vieru e “Sorrisi da esportare” di Efim Tarlapan. “Alla fine della traduzione ti rimane un vuoto nell’anima, come qualcosa che s’interrompe… vorresti iniziare subito un altro libro”. Claudia non si è limitata a lavorare solo a pranzo oppure nelle ore serali fino a tardi: “Le idee ti girano per la testa giorno e notte, è una continua ricerca di significati, dei termini giusti. E’ un rimedio per alimentare l’anima”. Per il secondo libro è stato più facile, chi conosce l’epigramma sa quanto impegno ci vuole “per trovare l’espressione equivalente in italiano,  per mantenere lo stesso senso e ottenere l’effetto comico-satirico-ironico esistente nell’originale”. Si ritorna sempre sul testo: “non ti riesce mai dalla prima volta”. I suoi primi lettori e critici sono la signora dove lavora e gli anziani del vicinato. La domenica è impegnata a cantare con il gruppo folkloristico “Artaras”. La donna non si ferma mai per riposarsi: le piacerebbe tradurre i poemi preferiti della scrittrice moldava Ana Manole.

Raisa Ambros(28 giugno 2012)