Cooperativa Parsec, percorsi dalla dipendenza all’indipendenza

“La nostra formazione parte dal concreto della strada, senza regole prestabilite e in modo interattivo, questo approccio innovativo ci permette di intercettare i diversi fenomeni che, nel caso delle dipendenze, non vengono demonizzati, ma si cerca solo di dare consapevolezza alle persone”, così Daniela Cerri, vicepresidente della cooperativa Parsec, commenta l’operato della sua associazione, attiva dal 1996 a partire dal territorio del IV municipio – e non solo – per contrastare tossicodipendenze e problematiche sociali come la tratta di prostitute e lavoratori e i rischi di devianza dei più giovani.

Prostituzione e vittime della tratta Gli interventi più delicati sono con ogni probabilità quelli rivolti alle vittime della tratta, non solo prostituzione ma anche lavoratori. La biforcazione netta è sul genere, lo sfruttamento sessuale è nella quasi totalità femminile, con una piccola minoranza di transessuali, sono invece per il 70% gli uomini nel secondo caso. L’unità di strada cerca di proporre progetti di accompagnamento con borse di lavoro e ospitalità in case di fuga, “si tenta prima di parlare, offrire un tè caldo, servizi sanitari. Se poi si coglie il bisogno di uscirne, si accompagna agli sportelli predisposti per fare denuncia, ma chi arriva a tanto sarà sì e no il 20%”. A quel punto si cerca un reinserimento in Italia o se ci dovessero essere le condizioni – raramente – c’è l’opzione di tornare al paese di origine. “I progetti che sosteniamo sono finanziati dagli enti pubblici, di volta in volta può essere il Comune, la Provincia o la Regione”. Estremizzazione del lavoro nero, le condizioni tipiche vedono retribuzioni di 300/500 euro mensili a fronte di un monte ore che raggiunge quota 300.

Aree di provenienza Le donne costrette in strada sono in prevalenza rumene, la percentuale dei paesi ex sovietici è minore, “sono più in locali o case private”. Poi dall’Africa, anzi dalla Nigeria, “difficile che vengano da altri paesi del continente”, si tratta ad ogni modo di fenomeni che hanno un’oscillazione tanto temporale quanto di territorio. L’identikit del lavoratore è invece maschio, giovane, mediamente sotto i 35 anni, difficilmente sposato, soprattutto da paesi asiatici come Pakistan, Cina e Bangladesh, ma anche da Romania, nell’edilizia e artigianato, Marocco, Egitto, Sudamerica e Africa Occidentale. Una larga fetta coinvolge gli indiani, dalla regione del Punjab, impiegati su larga scala nelle aziende agricole dell’Agro Pontino per lavori stagionali che in realtà vanno a prolungarsi oltre la scadenza del permesso. Un’altra realtà è quella che vede coinvolte le badanti, “sudamericane o filippine, meno le rumene perché comunitarie”, sono emersi casi nell’impiego domestico e quindi più difficili da raggiungere, anche di privazione del passaporto da parte delle famiglie datrici di lavoro.

Minori e mediazione Il fatto che i minori non rientrino ufficialmente in queste statistiche è dovuto alla loro accoglienza direttamente nei servizi comunali, senza passare dalla protezione del sociale. Ma ci sono altre problematiche in cui Parsec è in prima linea. “Abbiamo una casa famiglia con otto posti per chi viene segnalato dai servizi sociali o dal tribunale. Generalmente vengono da situazioni familiari compromesse, molti sono non accompagnati, da Afghanistan o nord Africa, ma riescono ad entrare nelle scuole o nel mondo del lavoro”. L’attività di contrasto al disagio è nei centri di aggregazione o direttamente a scuola. Per quanto riguarda la mediazione sociale dei conflitti, le esigenze sono diverse a seconda delle zone, “si prova a rendere più comunicativi gli abitanti, ad esempio come è stato fatto al mercato dell’Esquilino, dove la multiculturalità ha creato non poche tensioni, ritardando il processo di integrazione”.

“La comunità di recupero era vista come unica via, il contatto che noi stabiliamo con i soggetti a dipendenze è basato sulla riduzione, proponendo centri a bassa soglia in cui non sono richiesti documenti o tramite incontri senza porre condizioni o richieste specifiche, accettando la situazione e offrendo servizi necessari”, prosegue la Cerri. L’unità di strada è composta da veicoli con operatori a bordo che raggiungono i luoghi di aggregazione fornendo sia materiale sterile, come siringhe nuove, ma anche e soprattutto consulenza, sostegno ed orientamento. “Ora che sono quasi venti anni gli utenti ci conoscono, sanno che siamo una risorsa, all’inizio c’era più sospetto”. A disposizione c’è anche un centro diurno, dove si possono usare servizi primari quali bagni, lavanderie, fino all’assistenza medica, psicologica e sociale. Fondamentale diventa il lavoro in rete, con altre associazioni, Sert e comunità, “molti in seguito tentano un percorso di fuoriuscita”.

L’evoluzione del fenomeno Le droghe cambiano, diceva nel 1996 un personaggio di Trainspotting. Era valido allora, lo è ancora. Non c’è più il tossicodipendente dell’immaginario collettivo, l’eroina non è scomparsa ma non è certo diffusa come negli anni ’70 e ’80, il consumo si è spostato su prodotti sintetici tra i più giovani e la cocaina ha assunto una dimensione trasversale. Senza dimenticare le droghe legali come alcol e psicofarmaci. Si può anche arrivare a desumere una geografia delle dipendenze, “i consumatori con cui veniamo più a contatto – tra gli stranieri – sono prevalentemente del nord Africa, altre comunità come cinesi e filippini fanno uso ma resta tutto molto sommerso, le prime generazioni sono chiuse mentre le seconde hanno profili molto italiani. Tra i sudamericani non si riscontra praticamente alcuna devianza”. Altri i contesti in cui ci si dedica allo spaccio, tra rave e centri sociali. “Cerchiamo sempre di recapitare volantini informativi, non giudichiamo nè facciamo i moralisti, l’importante è la consapevolezza delle azioni”.

Alcol e gioco d’azzardo Minori indagini sono state fatte sull’antropologia del gioco, anche se è un tema che meriterebbe approfondimento. La cultura di provenienza ha sicuramente un suo peso, ad esempio quella del subcontinente indiano è fondata più di altre sul lavoro e sulla produzione e può essere meno attratta dalla vincita facile, ma è difficile generalizzare. Le differenze evidenti sono più per fasce di età che per nazionalità, dai più anziani ancorati a contesti più semplici come gratta e vinci o schedine, ai videopoker nei bar fino alle partite on line comodamente da casa. L’unico altro collegamento, oltre al sogno – anche legittimo – di arricchirsi, pare essere la solitudine di fondo. Uno dei progetti di Parsec in proposito è stato denominato “giochi, gocce e goccetti”, comprensivo delle altre dipendenze legate a psicofarmaci ed alcolici, legali ma non per questo meno pericolose. “Se sono attività a cui si pensa frequentemente o sono fuori controllo, si ha a che fare con patologie”.

Gabriele Santoro(14 marzo 2013)