L’insegnamento dell’italiano fra le solite difficoltà strutturali

downloadEssere o non essere – nel qual caso avere? Non è un quesito morale sulla preferibilità del valore dell’essenza o del possesso materiale, né un tentativo di disturbare il riposo eterno di Shakespeare. Solo una domanda su quale verbo ausiliario sia adatto di volta in volta, primo tassello per imparare la costruzione corretta dei periodi in italiano. Da poche settimane ogni giovedì dalle 15 alle 17, presso la scuola media San Benedetto, a Centocelle, sono partiti i corsi per adulti organizzati dall’associazione Passaparola, parte della rete ScuoleMigranti del Lazio dal 2011 e attiva anche nell’insegnamento di inglese, francese, spagnolo, tedesco, arabo, wolof, cinese, latino e greco e con laboratori di danze orientali, capoeira, chitarra, musica ORFF, taglio e cucito e l’organizzazione di gite nei fine settimana.

Gli iscritti alle lezioni sono dodici, in parte provenienti dallo Sprar – Sistema di protezione rifugiati e richiedenti asilo – di Roma Pantano, anche se essendo ancora agli inizi in pochi hanno iniziato a partecipare, quasi tutti giovanissimi. Per storia ed esperienze sono simili a Shady, Sheida, Shujan e gli altri allievi del corso di italiano di Passaparola diventati interpreti di se stessi nel film La mia classe con Valerio Mastandrea.

Gopal ha 17 anni, viene dal Bangladesh ed è in Italia da meno di un anno, in cerca di lavoro. Osahar è un egiziano di 16 anni, con alle spalle una rete familiare che dà un importante sostegno: con la sorellina e la madre – anche lei frequentante – si è recentemente ricongiunto al padre, nel nostro paese da 25 anni e ormai con un ottimo livello di conoscenza della lingua. Per supportare i suoi cari assiste al primo giorno di corso e può permettersi di ironizzare su qualche comprensibile errore. Ma anche di suggerire le risposte esatte, non visto dalle insegnanti.

Completamente diversa la situazione di Shady e Ihro., gambiani, sbarcati pochi mesi fa a Lampedusa dopo quattro giorni di viaggio durissimo nel Mediterraneo. Rispetto ai compagni sono – sarebbe strano il contrario – più indietro, difatti è probabile che per loro venga studiato un percorso personalizzato, partendo dalle nozioni più basilari. Ma la conoscenza dell’inglese è sicuramente un fattore positivo, almeno per intendersi reciprocamente in questa fase più delicata.

“L’approccio alla didattica parte dai bisogni dei singoli”, spiega Alessandra, una delle insegnanti. Ha già espletato il tirocinio che apre all’attività di istruttrice. Le altre due, Valentina e Mehri, lo stanno invece svolgendo. Il momento è ancora conoscitivo, per capire i livelli di partenza e quindi i programmi ad hoc da mettere in pratica. Un avvio in comune per tutti è la presentazione di se stessi, necessaria tanto nei normali rapporti sociali quanto al fine di sostenere un colloquio di lavoro.PP2_0

Poi la grammatica vera e propria. Difficile per un madrelingua rendersi conto delle insidie dell’italiano – non che non si sentano strafalcioni clamorosi in giro anche da chi è nato qui. Ma per chi viene da contesti e ceppi linguistici completamente diversi è tutto nuovo. Come per esempio la costruzione dei plurali: anche sapere l’inglese non aiuta, anzi peggiora le cose, già che aggiungere la –s alla fine della parola manda solo fuori strada. O una fonetica che cambia a seconda degli accostamenti, un acca muta ma mai neutrale, c e g dure o dolci condizionati dalla vocale seguente.

Il problema progettualità La vera criticità sta nell’assenza di un progetto che riesca ad avere una continuità temporale che possa lasciare qualche certezza. “Ogni anno tutte le associazioni cercano di vincere i bandi in uscita”, lamenta lo stato della situazione Alessandra, “ma questo non permette piani di lungo periodo”. A volte sembra veniale fare discorsi sui soldi, ma l’assenza di fondi impedisce di sviluppare un lavoro come si deve, vale per tutti i campi anche se apparentemente low cost. “Già le risorse sono poche, in più vengono gestite male”, con ripercussioni sull’insegnamento e sulle classi, “non si possono affrontare discorsi realmente approfonditi quando poi ti mancano i materiali”.

Nei corsi attivati nei municipi I e V Passaparola supporta nelle scuole più di 70 ragazzi e ne segue una decina nei doposcuola. L’impegno dei docenti “italiani e stranieri in possesso di certificazione per l’insegnamento oltre che di mediatori culturali, educatori e sognatori è nel promuovere i diritti ed il coraggio di difenderli attraverso le parole e le pratiche”.

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Gabriele Santoro (21 novembre 2013)