Sabrina Lei. Una giovane editrice e i libri dell’Islam

L’amore per la cultura e per il libro, scrigno di sapere che consente la trasmissione della conoscenza, ha costituito la conditio sine qua non della scelta di fondare la Jay editore”. Decisione coraggiosa che dal 2009 Sabrina Lei porta avanti con dedizione occupandosi spesso della traduzione. I libri pubblicati sono testi che non sono mai stati tradotti in italiano, che hanno un grande significato culturale e che possono essere d’aiuto a musulmani e non “per comprendere le potenzialità purtroppo sopite della grande cultura islamica”.Sabrina Lei é una trentenne romana convertitasi all’Islam durante gli studi teologici presso l”universitá Gregoriana di Roma dove ha conseguito il dottorato. Vive nella periferia romana con il marito di origini indiane Abdel Latif Chalikandi, studioso ed esperto di sharia, e ogni settimana si reca per la preghiera del venerdí alla Grande Moschea, dove in occasione delle grandi feste allestisce un banchetto con i libri della Jay editore. Ha da poco tradotto ed editato La stagione dell’amore, delle mandorle amare e delle piogge tarde collezione di racconti di Mazhar ul Islam, giá apparsa in lingua inglese a cura di Christopher Shackle. Testo, recensito da piuculture (leggi la recensione), che porta al pubblico italiano uno scorcio dell’opera del grande autore pakistano e aggiunge nel catagolo della Jay editore la sezione “narrativa” alle già esistenti saggistica e poesia.

Come è nata la Jay editore?

La Jay editore è stata fondata nel 2009 e fin dall’inizio ha avuto come scopo quello di pubblicare testi che hanno come argomento l’Islam inteso in senso ampio, ossia come religione cultura, civiltà e storia. Ciò che accomuna i diversi testi pubblicati è l’assenza di un orientamento settario e controverso che presenti l’Islam da punti di vista piuttosto limitati e poco attraenti per un pubblico occidentale. La scelta degli scrittori, seppur variando molto rispetto al paese di provenienza, alla lingua di origine e al periodo di pubblicazione, si basa sulla volontà di diffondere tra il pubblico italiano i classici del pensiero islamico relativamente alla spiritualità, alla biografia del Profeta, alla storia e alla cultura islamica. Fondare una casa editrice come la Jay editore, di orientamento islamico ma non settoriale, è stata un’esigenza culturale che è nata dalla necessità di diffondere, presso il pubblico italiano musulmano e non, testi di grande significato culturale che possono essere di grande aiuto per comprendere le potenzialità purtroppo sopite di questa grande civiltà.

Come persegui questa tua “missione”?

Ogni volta che viene proposta una scelta editoriale rispetto ad un’altra rifletto a lungo su quanto un determinato testo possa incidere in un determinato contesto culturale e storico. Questo è l’elemento secondo il quale viene fatta la scelta. Ad esempio, il primo testo pubblicato dalla Jay editore è stato La dimensione interiore del culto islamico di Abu Hamid al-Ghazali, che costituisce una sezione di un’opera più ampia intitolata La rinascita delle scienze religiose. Questo testo, anche se rivolto prevalentemente ai musulmani che desiderano approfondire il significato spirituale dei cinque pilastri dell’Islam, è un’opera che può aiutare il lettore comune a comprendere la spiritualità islamica nelle sue molteplici sfaccettature. Le pubblicazioni successive, ormai esaurite ed in ristampa, sono state una breve biografia del Profeta intitolala Muhammad, il Profeta dell’Islam, ed Il carattere ideale nell’Islam di Muhammad al-Ghazali. L’accoglienza positiva di questi due testi da parte del pubblico ci ha indotto a pensare che sia il pubblico italiano che quello musulmano, anche se di diversa provenienza etnica e geografica, sentono il bisogno di riscoprire poco a poco i classici della letteratura islamica. La conoscenza distorta e parziale della fede islamica può essere eliminata per mezzo di un sereno scambio culturale attraverso opere che, pur nella loro brevità, possiedono un grande valore culturale. La strategia seguita dalla Jay editore è sempre basata su una attenta lettura della situazione della comunità in un determinato contesto e momento storico, senza però perdere di vista gli obiettivi più ampi, che ci siamo proposti due anni fa, ossia quelli di connettere attraverso una genuina opera di diffusione culturale i musulmani italiani con una più ampia realtà europea.

Filosofia, teologia e… narrativa. Cosa accomuna Mazhar a tutto ciò che avete già portato al pubblico?

Anche se nella piena consapevolezza della difficoltà e dell’impegno necessario per portare avanti questo tipo di progetto la Jay editore ha come obiettivo quello di pubblicare tutte queste tipologie di testi in quanto solo in questo modo sarà possibile affermare di aver raggiunto lo scopo che ci si era proposti. Tutti i testi pubblicati infatti, anche se possono essere classificati sotto categorie differenti, sono accomunati generalmente da uno stesso messaggio di fondo. Ad esempio, abbiamo deciso di pubblicare a breve distanza due opere che solo apparentemente sembrano essere lontane tra di loro, ossia Verso la Mecca di Muhammad Asad e La rinascita del pensiero religioso nell’Islam di Muhammad Iqbal. Quest’ultimo era un profondo conoscitore della filosofia occidentale, del Corano e della tradizione della poesia sufi. Asad, invece, europeo convertitosi all’età di 26 anni, sotto l’influenza di Iqbal approfondì la sua conoscenza dell’Islam ed iniziò a produrre testi di grande spessore culturale. Asad rappresenta la scoperta europea dell’Islam ed Iqbal, invece, la sintesi geniale tra il pensiero occidentale e quello orientale. Entrambi gli autori costituiscono una pietra miliare nella storia del pensiero islamico e possono essere di grande aiuto per i musulmani europei nel lento processo della creazione di un’identità islamica ed europea al tempo stesso. Ritengo che questa costituisca la sfida futura del nostro tempo, una sfida di fronte alla quale un intellettuale musulmano ed europeo non può sottrarsi perché ne vale del futuro stesso dell’Islam in Europa. Gli esempi di Asad e di Iqbal invitano le nuove generazioni di giovani musulmani ad una visione più ampia ed ecumenica del messaggio islamico perché l’Islam non sia più considerato una tradizione storico-culturale-religiosa che appartiene solo all’Oriente e ne abbraccia le più disparate caratteristiche etniche e culturali, ma un’eredità che appartiene anche all’Occidente, come dimostra l’esempio storico dell’epoca d’oro della Spagna musulmana. L’opera di Mazhar ul Islam si colloca in questo contesto in modo eccellente in quanto costituisce un esempio importante di autore musulmano contemporaneo che, pur appartenendo ad una tradizione letteraria piuttosto importante ed antica, la interpreta in modo originale riuscendo a sintetizzare in modo mirabile in un singolo racconto il folclore pakistano, la tradizione sufi, la storia pakistana e l’esperienza umana universale che trapassa le frontiere dello spazio geografico e culturale.

Come è nata l’idea di editare Mazhar ul Islam? Hai avuto difficoltà?

Dopo aver letto la traduzione inglese del Prof. Shackle, sono rimasta affascinata dalla poetica e dal contenuto dei racconti di Mazhar ul Islam. Anche io- come altri critici europei- ad una prima lettura ho avuto l’impressione che l’opera di Mazhar ul Islam potesse essere accostata a quella di Kafka in quanto entrambe sembravano essere portatrici del medesimo messaggio. In realtà, come Mazhar ul Islam stesso ha sottolineato nel corso di un’intervista, la somiglianza è solo apparente e questo emerge abbastanza chiaramente, se si riflette in modo più approfondito sul modo in cui i suoi racconti sono costruiti e sulla realtà che descrivono. Nel processo della traduzione ho avuto modo di esaminare ogni racconto quasi in maniera microscopica e questo mi ha permesso di coglierne i diversi strati di significato che forse possono sfuggire ad una prima lettura. Ritengo che il pregio migliore dell’opera di Mazhar ul Islam sia quello di saper evocare in ogni singolo racconto breve un’atmosfera che incanta e seduce introducendo il lettore in un universo di metafore, in quella sottile striscia di sabbia di cui si parla nel racconto omonimo (La striscia di sabbia), che pur nella sua delimitazione spaziale introduce in un mondo dove “il deserto si estende nella lontananza e le dune di sabbia dormono con i capi che riposano nei grembi gli uni degli altri”.

Narrativa intrisa di sufismo che, come dice Mazhar ul Islam stesso, è sostrato della cultura pakistana. Cos’è e cosa pensi del sufismo? 

Sì, l’affermazione di Mazhar ul Islam è molto appropriata. Lui stesso, parlando del rapporto tra il sufismo e la cultura tradizionale pakistana, si è espresso come segue: “In Pakistan il folclore è presente in ogni luogo proprio come l’aria. Il popolo vive nel mezzo di tradizioni trasmesse da madre in figlio… Attualmente la caratteristica basilare del folclore pakistano è il sufismo, in quanto dappertutto ci sono tombe di pir e di fakir che hanno utilizzato il folclore come mezzo per trasmettere il loro messaggio spirituale e mistico. L’influenza delle vite dei sufi è molto diffusa ed uno studio approfondito rivela che il folclore del Pakistan possiede un’intuizione spirituale. Per questo motivo non è confinato in limiti geografici ed esercita un’influenza impossibile da trovare in altri paesi. La poesia dei sufi del Pakistan è definibile come “conoscenza intuitiva”, trasmessa oralmente da una generazione ad un’altra, come se fosse una canzone”. Il sufismo del Pakistan ha delle caratteristiche che sono proprie del popolo pakistano e che difficilmente possono essere ritrovate in altre culture. Il sufismo nell’Islam è stato diversamente interpretato, ma nell’ambito della cultura pakistana ha delle radici molto profonde che non cambiano attraverso i secoli, ma assumono piuttosto nuovi modelli espressivi. Per questo motivo ritengo che nell’opera di Mazhar ul Islam il sufismo non costituisca un tributo alla cultura del proprio paese o un espediente letterario, ma debba essere interpretato come elemento essenziale dei suoi racconti, un elemento che li rende immediatamente comprensibili ai lettori pakistani, che di fatto leggono la sua opera nell’originale urdu. Quello che per il lettore della lingua urdu è immediatamente comprensibile, per il lettore europeo costituisce una sfida culturale interessante che apre di fatto le porte dell’interesse verso la letteratura sufi sia in lingua urdu che persiana.

E il clima letterario in Pakistan?

Il Pakistan è un paese dalle grandi risorse culturali ed umane. Purtroppo il delicato momento storico che sta affrontando non consente che la luce dei suoi intellettuali, poeti e scrittori brilli con forza e splendore nel panorama letterario europeo contemporaneo. La Jay editore ha comunque in programma di tradurre altri testi di autori pakistani. Colgo l’occasione per parlare brevemente della prossima pubblicazione che riguarderà un’antologia di poesie scelte di Perveen Shakir, una voce importante nel panorama letterario pakistano contemporaneo, purtroppo venuta a mancare in seguito ad in incidente automobilistico quando si trovava al massimo della fama. Desidero ardentemente che le opere di Mazhar ul Islam e di Perveen Shakir vengano accolte come una sorta di ambasciatori culturali del loro paese per aprire le porte della diffusione della cultura pakistana in Europa e in genere in tutto il mondo occidentale.

Mazhar ul Islam

Hai avuto modo di incontrare Mazhar ul Islam?

Sì, ho conosciuto Mazhar ul Islam durante il mese del Ramadan, agosto 2010, durante una sua breve visita a Roma. Sono rimasta molto impressionata dalla sua sincerità ed onestà intellettuale, dalla passione e dal vigore con cui parla non solo della sua opera ma anche di quella di altri autori pakistani. Dalle parole di Mazhar ul Islam emerge prima di tutto l’amore, la cura e la speranza: l’amore per ciò che è, la cura per quello che è stato e la speranza per il futuro. Credo che questo tratto della sua personalità sia l’elemento che distingue profondamente la sua opera da quella di Kafka. La disillusione, il terrore e la morte in Mazhar ul Islam non hanno mai l’ultima parola, ma grazie alla forza dell’arte si trasformano in ali della speranza che ci permettono di fuggire, anche se forse per momenti troppo brevi, dalle prigioni soffocanti delle nostre vite.

E il lavoro di traduzione? Il libro è stato editato già in lingua inglese.

Ho iniziato dopo un’attenta conversazione con l’autore, che ha avuto fiducia nel mio lavoro e mi ha dato l’opportunità di tradurre questa sua raccolta di racconti. Ho consultato sia l’originale che la traduzione inglese. Attraverso la lettura di Le stagioni dell’amore, delle mandorle amare e delle piogge tarde è possibile entrare in un mondo le cui molteplici sfaccettature per essere comprese al meglio necessitano di una lettura attenta e di un’opera di ricerca notevole. Proprio queste caratteristiche ci permetteranno di poter introdurre presso il pubblico italiano altre opere di Mazhar ul Islam e di altri autori pakistani.

Quali difficoltà hai avuto?

La difficoltà maggiore è stata quella di rispettare per quanto possibile la musicalità del testo in urdu. L’urdu è una lingua bellissima, una lingua letteraria e poetica per eccellenza, ed è molto difficile riprodurre le assonanze, consonanze e rimandi non solo fonetici ma concettuali. Penso che la traduzione del professor Schakle sia insuperabile da questo punto di vista. Per questo motivo mi è stata di grandissimo aiuto nella traduzione italiana, in quanto molti nodi concettuali erano già stati sciolti e resi comprensibili per un pubblico europeo.

A volte si percepisce una forzatura grammaticale, è tipica dell’autore o è naturale adattamento alla lingua italiana?

Credo derivi dall’esigenza di rendere chiare le sfumature semantiche, che altrimenti potrebbero andare perdute nel passaggio dall’urdu, all’inglese e all’italiano. Ho cercato il più possibile di rendere la traduzione limpida e scorrevole, anche se ho preferito non effettuare nessuna forzatura al testo, anche se minima.

Che cosa pensi di Mazhar e dei suoi racconti? Sei legata a qualcuno in particolare?

Ho imparato ad apprezzare e ad amare ogni racconto di Mazhar ul Islam, anche se in maniera diversa l’uno dall’altro. In alcuni si ha la possibilità di entrare in un mondo magico e remoto, come per esempio accade nel “La striscia di sabbia”, uno dei miei racconti preferiti, forse perché mi riporta nell’atmosfera del deserto che ho cercato di rendere nel migliore modo possibile, quando ho tradotto Verso la Mecca di Muhammad Asad. Sono poi molto legata ad “Un corpo in cenci” che mi appare come il simbolo stesso dell’opera di Mazhar ul Islam che nei suoi racconti cerca di ricostruire faticosamente l’esperienza umana pakistana ed universale attraverso lembi di esistenze quotidiane che nella loro banalità apparente preservano le radici stesse della difficoltà della vita stessa. I lembi di tessuto, ormai sporchi e consumati, sono il simbolo dell’esistenza consumata e distrutta che lo scrittore tenta di ricostruire in tutta la sua opera. La voce della zingara si sovrappone a quella di Mazhar ul Islam, quando afferma: “Questa non è immondizia, ma sono le macerie di una città distrutta. Raccolgo le memorie, colleziono lo sporco, raduno le voci e alla sera ricompongo di nuovo la città. Però, poi scende la notte ed io ritorno a dormire nella mia capanna e l’intera città crolla di nuovo con un tonfo. Poi mi alzo al mattino e ricomincio a ricomporla”. Ho una predilezione particolare anche per il racconto intitolato “Dodici Mesi”, in cui le immagini del Punjab rurale fanno da sfondo al “dramma” di un uomo che è caduto nella propria tazzina per il tè senza poterne uscire. Il protagonista di questo racconto è il simbolo stesso di quei personaggi che letteralmente “affogano” nella banale realtà quotidiana delle loro esistenze, che percepiscono progressivamente come sempre più lontane dall’essenza della propria umanità, come nel “Il piccione sulla spalla”. Potrei indicare molti altri racconti e liriche di Mazhar ul Islam perché, quando focalizzo l’attenzione su di un testo, immediatamente il ricordo si apre su di un altro di cui colgo sfumature prima trascurate. Questo accade perché, come ho scritto nell’introduzione all’edizione italiana, “nell’opera di Mazhar ul Islam il valore simbolico di ogni esperienza ricompare in modi differenti nei diversi racconti. Ogni esperienza è una porta che si apre verso un’altra porta. Ogni racconto è un simbolo che ne nasconde un altro. L’occhio dello scrittore penetra nella realtà quotidiana e costruisce nella sua cornice l’opera d’arte, che è un processo continuo di generazione con i suoi tempi e le proprie modalità espressive”.

Sabrina Lei e suo marito Abdel Latif Chalikandi

Cosa pensi del mondo dell’editoria italiana? Perché uno scrittore del calibro di Mazhar ul Islam ancora non era arrivato in Italia?

Penso che l’editoria italiana, anche se forse in maniera più lenta rispetto ad altri paesi come Germania ed Inghilterra, si stia interessando progressivamente alle opere degli scrittori del Subcontinente in genere. Ritengo che questo sia un fenomeno di positiva rinascita culturale e di interesse focalizzato verso altre culture, la cui esperienza umana, anche se espressa in modalità espressive differenti, è comunque essenzialmente universale.

M. Daniela Basile(22 marzo 2012)