L’altra faccia della Storia: Rifugiati.

foto manifesto dell'incontro promosso dal Centro AstalliUn richiedente asilo non sta viaggiando. Sta scappando. Un rifugiato non ottiene un miglior tenore di vita. Conquista la possibilità di vivere.

20 giugno 2011. Il 20 giugno è la Giornata Mondiale del Rifugiato. Istituita nel 2000 dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), celebra quest’anno l’anniversario della Convenzione di Ginevra del 1951. Primo accordo internazionale in cui 140 stati si impegnano a dare protezione a chi fugge dalle persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche.

L’altra faccia della Storia. Il centro Astalli che dal 1981 si occupa dei diritti dei profughi ha organizzato, mercoledì 15 giugno, l’incontro “Rifugiati. L’altra faccia della Storia” nella Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale. Ad aprile, il Centro Astalli ha presentato il suo rapporto annuale. Trovare asilo in Europa è sempre più pericoloso e difficile. In Italia sono diminuite le domande d’asilo: 10.050 contro le 17.600 del 2009. Dati in netto contrasto con la situazione nel Maghreb che costringe alla fuga migliaia di persone. A noi familiari sono le cronache degli arrivi per mare a Lampedusa. “I media non devono soffermarsi solo sugli sbarchi, devono spiegare perché avvengono” denuncia Giulio Albanese, comboniano missionario fondatore dell’agenzia stampa Misna, che insieme a Gad Lerner è stato ospite d’onore dell’incontro.

La fuga. A 60 anni dalla Convenzione sono oltre 67 milioni le persone che affrontano a piedi nudi  il deserto, il mare e la ferocia di altri uomini. “Sembrava non dovesse finire mai. La fuga, il carcere, ancora la fuga, di nuovo una prigione. Per sedici anni. Quelli in Libia sono stati gli anni più duri. Non mi riferisco solo alle botte prese o alle torture subite”. Scrive un richiedente asilo del Sudan che preferisce non dire il suo nome. Le testimonianze di due giovani rifugiati, lette dall’attore Stefano Benassi  provocano nei presenti quell’immedesimazione biblica di cui Gad Lerner parla: “Nella Torah è scritto: ricordati sempre che sei stato schiavo in terra d’Egitto”. Il giornalista, di origine ebraica e nato in Libano, prova “la fortuna e l’imbarazzo di non aver provato la condizione di rifugiato”. Ha aspettato quindici anni per poter ottenere la cittadinanza; ottenuta alla fine grazie al matrimonio con un’italiana.

Momento dell'incontro. In ordine da sinistra: Gad Lerner, Giovanni Anversa e, in piedi, Giulio Albanese

L’Africa e gli eserciti. Il 73% delle 16.000 persone che frequentano la mensa del Centro Astalli hanno meno di 30 anni e le nazionalità più numerose sono Afghanistan con il 28%, Somalia con il 14%, Eritrea e Iraq con l’11% e l’8%. “L’Africa oggi chiede giustizia. Non è povera; è impoverita”. Giulio Albanese spiega che dietro le numerose e a noi sconosciute guerre sud sahariane si trovano interessi economici tanto cari ai Paesi industrializzati. “Dove non passano le merci, passano gli eserciti” scriveva nell’ottocento Claude Frédéric Bastiat. Albanese si stupisce di come negli atlanti geo-economici sia attribuita alla Somalia, protagonista di una crisi decennale,  un’economia basata su cammelli e mais. Il territorio somalo possiede il secondo giacimento di uranio dell’Africa, per non parlare di gas e petrolio.

L’Italia. Recita la lettera introduttiva del Centro Astalli “Il nostro Paese, navigando a vista, rischia di buttare a mare l’opportunità di incontrare l’altra faccia della Storia e di accorgersi di quanto bella possa essere”. Albanese sorridendo esclama “Il futuro è nel meticciato!”

M. Daniela Basile(16 giugno 2011)