Anche Roma ha un museo egizio

Una bellissima statua al primo piano dell'Accademia

La visita alla splendida sede dell’Accademia d’Egitto di Roma, riaperta da pochi mesi sotto la direzione del prof. Ahmed Mito, mi ha rivelato una sorpresa.

Un museo sotto l’Accademia d’Egitto. La struttura ospita nei suoi sotterranei un vero e proprio museo egizio, gestito dal responsabile prof. Ateya. Il museo – aperto al pubblico e alle scuole, dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 18, anche con visita guidata – è stato gentilmente aperto anche a me, unica visitatrice di quel pomeriggio. Il museo infatti è frequentato soprattutto la mattina dalle scuole elementari e in genere da giornalisti, turisti e architetti, tanti italiani e pochi egiziani. Di media grandezza espone oggetti significativi risalenti alle quattro grandi epoche egiziane dislocate in quattro sale labirintiche: faraonica, greco-romana, copta-cristiana e islamica. Il prof. Ateya è arrivato trafelato con un bicchiere di tè rosso, quasi sorpreso nel vedermi mi ha chiesto cosa facessi e quando ha saputo che ero giornalista e avrei scritto un articolo sul museo, si è illuminato pregandomi di portargli visitatori.

Dai Faraoni all’Islam. Ad accompagnarmi nella visita c’è Marina Eskander, ragazza giovanissima con padre egiziano e madre italiana. Nella prima sala mi mostra le famose statuette composte di elementi animali/umani che simboleggiano l’unione di forza/intelligenza, “si tratta infatti di un messaggio e non di adorazione animale come spesso si pensa” mi dice Marina; una bellissima testa di Akhenaton, il monoteista eretico, “quasi un filosofo come per voi fu Adriano”; una statua di Chefren, colui che unificò l’Egitto; una mummia che ha le fattezze del viso di una matrona romana. Nella seconda sala, grecoromana, spicca una testa di Alessandro Magno. Nella terza sala una bellissima statua apotropaica di Arpocrate, divinità delle guarigioni; e due statue che rappresentano Osiride, Iside e Horus. Secondo il mito, Osiride fu ucciso da Seth, ma la sua sposa Iside mise al mondo Horus, “che qui tiene in braccio allattandolo, immagine che, secondo alcuni, ispirò, i Copti nell’iconografia della Vergine con il bambino”. Horus vendicò il padre evirando Seth: “anche qui un messaggio positivo che indica che il male, contrariamente al bene, è sterile e non può dunque avere seguito”. Nell’ultima sala le prime vasche per le abluzioni secondo la tradizione islamica, ceramiche, reperti tessili e monete; un Corano “fonte storica prima che religiosa”; e un interessante papiro dal Libro dei Morti che rappresenta una serie di miti sul defunto: la pesatura dell’anima in base alla quale spetta una sorta di Paradiso o Inferno. “Questa era la tradizione di Osiride, mentre la religione di Akhenaton era più ottimista: siamo parte di un tutto, non ci sono punizioni”. Al sorgere del sole, voliamo come uccelli per rivivere tutto il giorno in un mondo parallelo a quello materiale.

Alice Rinaldi (7 dicembre 2011)