L’Accademia d’Egitto di Roma è rinata. Il nuovo direttore, Ahmed Mito, in carica da soli tre mesi, è giovane, 45 anni, architetto rinomato in Egitto – nel 1996 ha rappresentato il Paese alla Biennale di Venezia, nel 2000 ha ristrutturato il Museo del Cairo – e lecturer, docente di architettura, presso l’Università Ein Shams della capitale egiziana.
Obiettivi e visioni. “Non ho bisogno di sapere molto della storia dell’Accademia, ma quali sono gli obiettivi: è più di un centro culturale, ha un grande ruolo visionario, ospita i migliori artisti di ogni genere ed epoca” commenta subito il direttore. L’intento è di ampliare i rapporti con l’Italia e le istituzioni, soprattutto promuovendo scambi culturali con le altre accademie, “e attrarre più architetti: per gennaio per esempio stiamo organizzando un confronto tra giovani architetti emergenti, italiani ed egiziani, in collaborazione con il MAXXI. È prevista anche una bellissima installazione di una piramide di vetro. Quando in Egitto la situazione si sarà tranquillizzata abbiamo intenzione di ricominciare a ospitare artisti negli appartamenti dell’Accademia”, un complesso piuttosto grande che si trova dietro la struttura, annesso al giardino.
A Roma, l’unica Accademia d’Egitto europea. L’Accademia esiste dal 1924, pensata dal pittore egiziano Ragheb Ayad, fondata nel 1929 presso il Padiglione dell’Orologio a Piazza di Siena, nel cuore di Villa Borghese. Gli anni di attività furono di fatto pochi a causa della guerra dell’Italia in Abissinia e delle rivoluzioni interne all’Egitto: negli anni ’60 iniziarono i lavori per l’attuale sede in via Omero, di fronte alla Gnam (Galleria Nazionale d’Arte Moderna) e accanto all’Accademia di Romania. Recentemente la sede è rimasta chiusa per ulteriori 4 anni, “per motivi logistici”, è stata ri-inaugurata a ottobre 2010 alla presenza di Mubarak e Berlusconi, ma di fatto è rimasta aperta solo 3 mesi poiché a gennaio di quest’anno è iniziata la Rivoluzione di Piazza Tahrir. Il 29 settembre 2011 si è svolta la terza inaugurazione e il 17 novembre il primo evento. L’Accademia ospita inoltre un museo egizio aperto al pubblico. “Anche se l’Accademia è un istituto culturale – commenta Erika Monticone delle Relazioni Esterne – in qualche modo ha bisogno dell’’autorizzazione’ del governo, quando sei dentro l’Accademia sei su territorio egiziano: ha l’esigenza di portare qui il messaggio giusto della piazza, ci deve essere un collegamento con quello che succede in Egitto”.
Ma cosa succede ora nella piazza? “Piazza Tahrir è rappresentativa del Paese: l’Egitto è una società complessa e potremo davvero giudicare la sua rivoluzione solo fra 10 anni” commenta il direttore. Ma oggi in Egitto, in seguito alle elezioni iniziate il 28 novembre scorso, le correnti liberali sembrano affievolirsi di fronte alla forte ascesa dei partiti islamici: inaspettata soprattutto quella al 20% del partito Al Nour dei salafiti, gli islamici integralisti. Anche se i Fratelli Musulmani sembrano mantenere la maggioranza con il 40%, diventa dunque più complicata la possibilità di dar vita a un governo islamico moderato, “sul modello dell’Akp in Turchia”, come auspicherebbe Mito. In caso contrario il direttore è convinto che piazza Tahrir reagirà: “la rivoluzione trasformerebbe il fondamentalismo nel suo principale bersaglio, come è stato prima per Mubarak e poi per il post regime”.
7 colori per 7 arti, il prisma per la piramide. Per la nuova stagione di eventi il direttore ha scelto “l’immagine del prisma che riflette i 7 raggi di luce”, un modo “childish, infantile, nel senso di semplice, che possa attirare il pubblico, anche se avremmo bisogno di più pubblicità” sottolinea. Inoltre, “il numero 7 ha un significato olistico in Egitto e in molte altre parti del mondo, ed estremamente simbolico: in arabo si scrive come la V, che è segno di vittoria”. In questo modo si intende creare “un processo interattivo delle arti, dove la politica è fuori: in Italia si parla solo della rivoluzione”. Hanno partecipato all’evento di inaugurazione artisti, istituzioni e circa 280 visitatori, più italiani che egiziani: “molti studenti di architettura che frequentano i corsi qui a Valle Giulia e ci fanno spesso visita per disegnare l’Accademia e ancora, egittologi, esperti e non, amanti della storia e dell’arte. Il pubblico è rimasto colpito da questa interazione delle arti e hanno ben colto il messaggio, me ne sono accorto parlando con loro”. 7 mesi (da novembre a giugno, saltando dicembre) per 7 eventi sulle 7 arti, dunque, dall’architettura alla scenografia: 7imane ricche di cinema, letteratura, patrimonio etnico, conferenze, mostre, musica e architettura.
7 mesi per 7 eventi, donne, specchi e rivoluzioni. A novembre appena passato le “Visioni sovrapposte” hanno coinvolto il pubblico tra mostre, film e concerti. Gennaio non potrà che essere “Rivoluzione”, a un anno dal suo inizio, con un laboratorio di architettura per la riqualifica di piazza Tahrir, mostre di fotografia, poesie e film della rivoluzione. A febbraio arrivano gli “Specchi”, concerti e conferenze tra Italia ed Egitto, laboratori e mostre sulla civiltà faraonica, copta e islamica. A marzo “Primavera araba” a convegno, incontri tra artisti italiani ed egiziani, e tra musica egiziana, libica e tunisina. Ad aprile una mostra su come le donne egiziane hanno influenzato la storia, da Cleopatra a Nefertiti fino ai giorni nostri. Maggio è dedicato alle “Stelle egiziane”, dalla cantante Umm Kalthum all’attore Omar Sharif, con recital, mostre, conferenze e film. Infine giugno è “Tributo” al romanziere Naguib Mahfouz tra conferenze e film, oltre a mostre, concerti e arti popolari.
Alice Rinaldi(7 dicembre 2011)