Quale modo migliore di conoscere la danza persiana se non attraverso la lezione di prova che ha inaugurato il nuovo corso, in partenza domenica 19 febbraio, presso lo Ials, Istituto Addestramento Lavoratori dello Spettacolo, con sede in via Fracassini, nel cuore del municipio 2. Le lezioni sono tenute per la prima volta dalla giovanissima Silvia Argurio dell’associazione L’Arco di Artemide, un curriculum che spazia dalla danza persiana a quella indiana, dalla danza di corte ottomana a quella turca-orientale.
Siamo sette ragazze, tutte italiane più Yasmin, di origine iraniana. Sedute sul parquet della piccola sala 3 la lezione inizia con qualche riferimento teorico. “La danza classica persiana viene chiamata così perché nacque nei contesti aulici e di corte”, soprattutto quella dei Qajar, dinastia regnante in Iran tra il 1779 e il 1924. Lo stile più arcaico, nato più di mille anni fa, era di tipo rituale, connesso al culto di Mithra, dio della luce e del sole, danzato da soli uomini per rappresentare e promuovere il vigore della vita, accompagnato dal sacrificio di un toro e una sorta di battesimo col sangue dello stesso. “Molte danze hanno origine come rituali”, sottolinea Silvia, il che spiegherebbe perché in molti casi nascano riservate agli uomini, per poi essere portate avanti, oggi, prevalentemente da donne.
Fu proprio la danza di corte a liberare l’espressività femminile, segnandone poi la fine: “le feste imperiali erano più ludiche e libere e così la danza persiana assunse nel tempo dei connotati ‘eccessivi’”, condividendo con quella indiana la stessa degenerazione storica “che portò ad associare le ballerine a prostitute, motreb. Alle donne non venne più permesso di ballare in pubblico e davanti agli uomini”, così le esibizioni femminili avvenivano dopo “concerti privati” di tipo mistico chiamati bazm. La danza era eseguita su una musica in 6/8 ben precisa, il reng.
Il concerto rappresenta “un’elevazione spirituale che ben si accompagna alla danza, il cui senso si muove tra i piedi e il corpo”: la danzatrice è infatti concepita come una mediatrice tra le energie del Cielo e della Terra. Durante la lezione Silvia ci mostra molti passi che rivelano questa concezione: il petto e lo sguardo rivolti verso l’alto o le posizioni delle mani aperte in modi differenti sopra il capo. Questa idea di elevazione insieme ai passi sempre ondulati e leggeri rendono la danza persiana ipnotica, differenziandola dalla danza indiana che batte i passi a terra, risultando più ‘carica’ e dedita al racconto di storie, dalle religioni ai poemi epici.
Con la danza persiana potenzialmente “si può fare tutto: raffigurare un racconto”, attraverso la pantomima, la rappresentazione scenica muta affidata all’azione gestuale, e perfino cose: “si può imitare l’acqua”, per esempio quando Silvia ci mostra la mano che dall’alto si chiude lentamente dalle piccole falangi imitando una cascata che finisce in un ruscello. Si può ritrarre una scena: una donna al fiume che si lava, si veste e si trucca, nella breve ‘pantomima privata’ che Silvia ha ballato per noi (nel video). “Dal rituale a oggi non c’è più la tradizione, piuttosto è l’atteggiamento quotidiano che si è riversato nella danza: per esempio in India si credeva che i bambini potessero nascere con il malocchio, la donna per levarlo passava le mani sulla testa del bambino e poi si scrocchiava le dita sulle proprie tempie e questo è un movimento che c’è nella danza”.
‘La sequenza del ruscello’
Ma con la danza persiana si rappresentano soprattutto gli stati interiori: “è caratterizzata da un’intensa mimica del volto, fondamentale per la comunicazione di un sentimento puro. Se si osservano le miniature persiane, si possono notare figure femminili con le sopracciglia unite – che accentuavano notevolmente l’espressione – considerate segno di bellezza. Facendo un paragone con i dipinti arabi, si nota come quelli persiani siano più dettagliati e rifiniti, la stessa attitudine si riscontra nella danza e in tutte le arti persiane, soprattutto quella del calligramma”, tipo di componimento poetico fatto per essere guardato e contemplato oltre che per essere letto: “la musica e la danza riproducono la poesia”. Fondamentale è anche la simmetria che in qualche modo rimanda alla percezione estatica e alla poesia mistica: “la figura della sakì, per esempio, la portatrice di vino, è anche la rappresentazione della conoscenza, perché la coppa che si svuota può riempirsi di nuovo”.
La danzatrice poteva esprimere tutti i sentimenti, con l’eccezione della sorpresa e della rabbia, non doveva assumere un’aria seduttiva, né eseguire gesti bruschi, doveva inoltre contenere le forme di virtuosismo. Queste regole trovano senso se si tiene a mente che la danza persiana non è una danza liturgica, come quella indiana, ma piuttosto l’interprete di una spiritualità che attiene allo stato dell’essere e non a quello del credere. Silvia mi conferma che anche oggi le cose stanno più o meno così: “non bisogna mai ammiccare, ma mostrare accenni di sensualità. Si rappresentano molto la gioia, l’amore, la tristezza, la malinconia, ma mai la paura e lo sgomento”.
Un passo molto suggestivo che Silvia ci ha mostrato è il Chang: la posizione della suonatrice d’arpa, uno dei pochi passi arcaici sopravvissuti. Peso su una gamba e l’altra in mezza punta. Il bacino è verso la gamba d’appoggio, mentre la parte superiore del torace va spostata dall’altra parte; la posizione delle mani è come quella della danza classica, ma le dita sono estremamente più accentuate; braccia e mani infine creano lateralmente cerchi nell’aria: le pizzicate sulle corde dell’arpa.
L’ironia della storia vuole che l’impero antico che più attivamente sviluppò l’arte della danza come fenomeno sociale e spirituale, oggi è l’unico stato al mondo che, dalla rivoluzione del 1979, la proibisce su tutto il territorio: “i molti stili della danza persiana che esistono oggi sono in realtà codificati da iraniani all’estero, proprio perché in Iran non sarebbe possibile”. Una sorta di danza della diaspora, particolarmente sorprendente, considerato che Silvia descrive gli iraniani come “persone che ballano sempre, amano la musica, ce l’hanno dentro”. Me lo conferma Yasmin, madre italiana e padre iraniano, venuta a seguire il corso perché “conosco la danza persiana, la danza è l’essenza dell’Iran, ma volevo impararla e Silvia mi ha colpita, è davvero brava. La cultura è trasmessa di più dalle madri, sull’Italia so tutto, ho voglia di conoscere di più la mia parte iraniana”.
Proprio per questo a Roma, il 12 marzo presso il Teatro Ghione, si verificherà un evento senza precedenti. La nota danzatrice e coreografa iraniana, “Farzaneh Kaboli, l’unica che resiste al regime, insieme a tre allieve – tra cui una ragazza di 14 anni che pare sia un fenomeno – uscirà per la prima volta dall’Iran e verranno a danzare anche in Italia”, grazie alla collaborazione della Casa Internazionale della Cultura Iraniana con sede a Venezia e l’associazione L’Arco di Artemide. La formula sarà proprio il bazm di età imperiale con il concerto e la danza che lo segue, preceduta, il giorno prima, da un workshop tenuto dalla stessa Kaboli.
Un aspetto sorprendente della danza persiana è la sua capacità di mescolarsi a molte altre danze. E particolarmente al flamenco – strano da pensare – eppure hanno molti aspetti in comune, come i movimenti dei polsi e delle mani. Perfino un passo arcaico come il chang si è recentemente fuso al pop americano che gli ha modificato il ‘piede estetico’ – quello non d’appoggio. “Oggi va molto di moda la musica e la danza iraniana, molti artisti stanno lavorando su queste contaminazioni come Shahrokh Moshkin Ghalam e Banafsheh Sayyad“. Per non parlare delle tante e antiche sfumature armene, uzbeche, afghane…
“La danza persiana offre possibilità di innovazione continua” dice Silvia, sottolineando però “l’importanza di approcciarsi a essa mantenendo il proprio background, integrandolo con il resto: la danza persiana va messa nelle altre cose, devi restare te stesso, assimilando quello che unisci, solo così puoi creare una fusione armonica”.
Alice Rinaldi (12 febbraio 2012)
http://www.youtube.com/watch?v=sCjWXMrSEVg&feature=youtu.be