Essere “meticci” in Italia? Lo racconta la danza di Senza Radici

“Qualche tempo fa, dopo un’audizione mi sono sentita dire che ero grandiosa, ero quello che cercavano, tranne che per un dettaglio: il mio italiano era troppo perfetto,” racconta Ashai Lombardo Arop autrice teatrale, ballerina e cantante di origini italo-africane. “Fino a dieci anni fa dovevo dimostrare che era la mia lingua ed era perfetta. Ora, se voglio lavorare, devo avere un accento africano, uno qualsiasi, tanto non c’è differenza. La superficie del Sudan, il paese di mio padre, da sola è otto volte l’Italia ma per gli italiani, l’Africa non è grande più di un ghetto di periferia”.

Oggi l’essere meticcio è “una specie di moda”. “Se me lo avessero detto vent’anni fa, la mia vita sarebbe stata motivata dal sogno di gloria” confessa Ashai che non asseconda la superficialità delle cose che fanno tendenza e racconta cosa significa essere una straniera di seconda generazione. Gli aspetti bui e quelli luminosi. Lo spiega con la musica e la danza del suo spettacolo Senza Radici che, selezionato per il progetto T.A.T. Talenti a Teatro promosso dal dipartimento della Gioventù della presidenza del Consiglio dei ministri e dal Teatro Olimpico, andrà in scena sull’importante palco di piazza Gentile da Fabriano martedì 18 settembre. Scritto nel 2010 Senza Radici è una rappresentazione ibrida come la storia che racconta. Le danze popolari di diversi paesi del mediterraneo s’intrecciano alla breakdance della crew Termini underground coordinata da Angela Cocozza. Al ritmo festoso delle percussioni dell’orchestra guidata da Michele Maione si alternano testimonianze raccontate da video che, graffiati da sonorità elettroniche, mescolano il linguaggio del documentario con quello della video-arte contemporanea.

Le danze dei popoli hanno un legame antico. Tutte possiedono degli elementi: la circolarità, il disporsi in cerchio o il vero e proprio ruotare su se stessi; la percussione attraverso il corpo come il battere i piedi; la dimensione collettiva e la ripetizione dei movimenti, “basta pensare alla tarantella, al flamenco e così via,” spiega Ashai Lombardo Arop che nel suo spettacolo utilizza tali elementi come filo conduttore dei diversi momenti danzati. Metafora di quelle comunanze che vanno oltre le origini geografiche. In Senza Radici la danza modifica le singole genealogie delle sonorità popolari trasformandole in sfumature di un tema centrale. E ciò accade anche nella vita quotidiana delle persone come racconta uno dei giovani di seconda generazione intervistati da Ashai. Più volte, ha incontrato la perplessità degli altri: “sei abbronzato o sei qualcos’altro che noi non sappiamo?”.

La realtà in musica. “Avrei voluto che nel foyer fossero presenti le associazioni per informare sulla situazione legale delle seconde generazioni”. Solo Prime Italia, che si dedica ai diritti dei rifugiati, ha accolto l’invito. “Sento di aver raggiunto il mio scopo quando porto al pubblico oltre il senso di liberazione spirituale della danza anche qualcosa su cui riflettere.” In lavorazione, Ashai ha uno spettacolo che porta in scena il tema dell’essere ragazza madre, condizione fragile che non riceve aiuto dallo Stato italiano. “Le donne sole che affrontano la maternità in Italia sono delle rivoluzionarie. Mia madre ne è esempio. Erano gli anni settanta, era sola, senza marito e bianca. Viveva in una Genova chiusa e un po’ xenofoba, in un quartiere alienato dal resto del mondo e ha partorito una bambina tutta nera. A quanto dicevano i medici, bellissima.” E di talento, come dice l’entusiasmo del pubblico.

M. Daniela Basile(6 luglio 2012)