Le indicazioni operative per la presentazione delle dichiarazioni di emersione dei lavoratori stranieri irregolari sono state pubblicate in questi giorni nel decreto interministeriale e nella circolare congiunta dei ministeri dell’interno e del lavoro.
Per partecipare alla sanatoria è necessaria: la presenza in Italia al 31 dicembre 2011 da attestare mediante documentazione di organismi pubblici e l’esclusione del tempo parziale, con l’eccezione di colf e badanti. Restano cioè invariati i requisiti indicati all’art. 5 del decreto legislativo 109/2012 e confermate le indiscrezioni sui limiti di reddito del datore di lavoro e sulla mancata restituzione delle somme versate.
Le dichiarazioni dovranno essere presentate per via telematica allo sportello unico per l’immigrazione tramite il sito www.interno.gov.it a partire dalle ore 8.00 del 15 settembre e fino alle ore 24.00 del 15 ottobre 2012.
Prima di presentare la domanda è necessario procedere al pagamento del contributo forfettario di 1.000 euro, da effettuare mediante modello F24 versamenti con elementi identificativi reperibile presso sportelli bancari, uffici postali, siti dei ministeri interessati, INPS e agenzia delle entrate. In caso di rigetto o archiviazione della richiesta le somme versate non saranno restituite.
Alla procedura avranno accesso soltanto i datori di lavoro, mentre è esclusa la possibilità di denuncia da parte dei migranti. “Ancora una volta la figura del lavoratore è messa in secondo piano. Problema che si è verificato anche nella sanatoria precedente e che ha fatto sì che molti datori di lavoro fossero padroni della situazione in quanto interlocutori esclusivi dello sportello unico”. A parlare è l’avvocato Fabio Baglioni, esperto di diritto penale e dell’immigrazione e socio dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione. La subalternità del dipendente irregolare è uno dei tanti punti critici evidenziati dall’ASGI a proposito della regolarizzazione. “Nel 2009 alcune sentenze sostenevano addirittura che nella fase precedente la sottoscrizione del contratto di lavoro il dipendente non era legittimato a fare ricorso al TAR”.
La stipula del contratto. Ecco come procederà lo sportello unico per l’immigrazione per stipulare il contratto di soggiorno:
– verificherà l’ammissibilità della dichiarazione
– acquisirà il parere della questura sull’assenza di motivi ostativi all’accesso alle procedure
– acquisirà il parere della competente direzione territoriale del lavoro in merito alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate
– convocherà le parti per la stipula del contratto di soggiorno e per la presentazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Il rifiuto delle richieste è in genere legato ai limiti di reddito del datore di lavoro, alle cause di esclusione del datore di lavoro o del lavoratore o, infine, a dichiarazioni false. “Entro 60 giorni dalla data di notifica il datore di lavoro o il lavoratore possono presentare, con l’ausilio di un avvocato, ricorso al tribunale amministrativo regionale”. Se il ricorso viene respinto la prefettura è legittimata ad emettere un provvedimento di espulsione.
I precedenti del 2009 aprono scenari inquietanti: “In presenza di rifiuti legati a cause di esclusione del lavoratore veniva contestualmente emesso anche un decreto di espulsione. Alcune persone si sono viste notificare addirittura l’ordine di trattenimento nel centro di identificazione ed espulsione”. Un’eventualità che, secondo Baglioni, potrebbe ripetersi: “In questi casi bisogna impugnare tempestivamente il provvedimento di rifiuto dinanzi al TAR e il decreto di espulsione davanti al giudice di pace”.
Il rigetto è in ogni caso preferibile all’assenza di risposta: “Nell’ultima sanatoria alla presentazione delle domande è spesso seguito un lungo silenzio. Un provvedimento di rifiuto è già qualcosa perché spiega le cause del mancato accoglimento”.
Se il datore di lavoro non si presenta? L’assenza ingiustificata di una delle parti, convocate dallo sportello unico per la stipula del contratto di soggiorno e per la presentazione della richiesta del permesso di soggiorno, comporta l’archiviazione della richiesta.
Il datore di lavoro che manca all’appuntamento senza un valido motivo: “Può incorrere nelle gravi sanzioni previste dal decreto” ossia reclusione da sei mesi a tre anni e multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato, con un aumento delle pene da un terzo alla metà se i lavoratori sono più di 3, se sono minori in età non lavorativa o se sono sottoposti a condizioni di particolare sfruttamento. Introdotta inoltre la sanzione amministrativa accessoria del pagamento del costo medio di rimpatrio del lavoratore straniero assunto illegalmente. Tuttavia: “Non ho ancora visto procedimenti penali nei confronti di datori di lavoro che nel 2009 non hanno sottoscritto il contratto, spesso dopo aver acquisito denaro illecitamente dal lavoratore”. Quest’ultimo non ottiene il permesso di soggiorno “Perché la sanatoria può essere richiesta soltanto dal datore di lavoro”. E, come nei casi di rifiuto, rischia l’espulsione.
Sandra Fratticci
(18 settembre 2012)