Permesso di soggiorno: nuova sanatoria per i lavoratori stranieri

Bancarella

Un provvedimento controverso. Potranno essere presentate dal 15 settembre al 15 ottobre le dichiarazioni di emersione dall’irregolarità per i lavoratori stranieri giunti in Italia nel 2011 e che risultino occupati da almeno 3 mesi alla data del 9 agosto 2012. A prevederlo è la disposizione transitoria contenuta all’articolo 5 del decreto legislativo n. 109 del 16 luglio 2012, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2009/52/CE che ha inasprito le sanzioni a carico dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Si attende ora il decreto interministeriale, che dovrebbe essere pubblicato in questi giorni, per conoscere i dettagli della procedura. Pur rappresentando l’occasione per tanti migranti di ottenere un permesso di soggiorno rinnovabile il provvedimento suscita numerose perplessità.

La presenza in Italia al 31 dicembre 2011 è tra i fattori contestati, permanenza da dimostrare mediante documentazione proveniente da organismi pubblici. “Secondo me è assurdo” commenta Augusto Venanzetti, coordinatore della Rete scuolemigranti: “Se un immigrato è amministrativamente invisibile come fa a dimostrarlo? Gli unici casi possono essere quelli di chi è entrato con il visto turistico, si è ricoverato in ospedale, o è stato fermato dalla polizia”.

I datori di lavoro dovranno versare 1000 euro per ciascun dipendente per partecipare alla sanatoria, oltre a almeno 6 mesi di retribuzioni, tasse e contributi. Ma, come spiega Venanzetti: “Da tanti contatti che abbiamo con gli immigrati sembra che, laddove le regolarizzazioni potranno emergere, a pagare sarà il lavoratore, che darà 1000 euro al datore di lavoro. E lo stesso avverrà in parte anche per i 6 mesi di somme arretrate”.

La sanatoria riguarda soltanto i lavori a tempo pieno, salvo colf e badanti, per i quali è ammesso il limite minimo di 20 ore settimanali. “Che senso ha questa discriminazione?” si domanda Venanzetti: “Una caratteristica attuale del mercato del lavoro è proprio l’ampio ricorso al tempo parziale”.

I migranti colpiti da un provvedimento di espulsione per violazione delle norme sull’ingresso ed il soggiorno potranno essere regolarizzati. Sono invece esclusi gli stranieri espulsi per motivi di ordine pubblico, sicurezza, o prevenzione del terrorismo, che risultino segnalati, anche a livello internazionale, come non ammissibili in Italia, che abbiano subito condanne per reati che comportino l’arresto obbligatorio in flagranza, come violenza sessuale o associazione di stampo mafioso, o che siano comunque considerati una minaccia per lo stato italiano o altro stato dell’area Schengen. Fin qui nessuna novità rispetto all’ultima sanatoria. Cambia invece il peso attribuito alle condanne per reati per i quali è previsto l’arresto facoltativo in flagranza di reato, delle quali si terrà conto nella valutazione della pericolosità sociale dello straniero. L’interpretazione difforme delle previsioni relative agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale aveva portato nel 2009 al respingimento di molte richieste di migranti condannati per non aver lasciato il paese in seguito a provvedimento di espulsione. Non potranno partecipare alla procedura i datori di lavoro condannati negli ultimi 5 anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta o sfruttamento di prostituzione e minori, o per aver impiegato immigrati irregolari. Escluso anche chi ha partecipato a precedenti sanatorie ma non ha poi assunto il lavoratore, salvo cause di forza maggiore.

Le indiscrezioni sul reddito imponibile. Non è ancora noto il testo del decreto interministeriale contenente le istruzioni operative sulla procedura, ma secondo le indiscrezioni filtrate in questi giorni al datore di lavoro sarebbe richiesto un reddito imponibile o un fatturato annuo di almeno 30 mila euro, mentre per i lavori domestici il limite minimo dovrebbe ammontare 27 mila euro per i nuclei familiari, 20 mila per i singoli. Per Augusto Venanzetti è un controsenso: “L’autodichiarazione andrebbe accettata anche in caso di incongruità tra i redditi, per far emergere una situazione da regolarizzare successivamente anche dal punto di vista fiscale e contributivo. In questo modo invece si va in una direzione opposta a quella voluta” scoraggiando i datori di lavoro.

Denuncia del datore di lavoro. Altro elemento da considerare è la subalternità del dipendente sprovvisto di permesso di soggiorno: “Il decreto in realtà sembra avere previsto anche la possibilità di denuncia del datore di lavoro da parte dell’immigrato, non si conoscono le modalità applicative e vedremo se questo rappresenterà un punto di forza”.
Non è chiaro, inoltre, cosa accadrà in caso di respingimento della richiesta: “Non dovrebbe scattare alcuna sanzione, tuttavia alcune voci affermano che in caso di mancato accoglimento i 1000 euro versati non sarebbero restituiti. Bisogna però attendere il provvedimento ufficiale per avere conferme”.

Gestione dei flussi invariata? Più in generale la critica che viene mossa al provvedimento è di lasciare invariato un meccanismo di gestione dei flussi migratori ritenuto del tutto inadeguato. In base al Testo unico dell’immigrazione, infatti, l’ingresso in Italia è regolato dai decreti sui flussi che stabiliscono, con cadenza generalmente annuale, il numero di persone che possono entrare. Per ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro è necessaria una richiesta presentata dal datore di lavoro quando il dipendente è ancora residente all’estero: “Il che è assurdo perché nessuno assume un operaio o una badante senza mai averli visti in faccia. Tra l’altro tutta la procedura è estremamente complicata e lunga, tant’è che quest’anno, a maggio, sono arrivati i lavoratori del decreto flussi del 2010”. Si alimenta così l’irregolarità: “I migranti entrano nel territorio nazionale in tanti modi, lavorano in nero e tirano avanti sperando che arrivi un decreto flussi nel quale poter rientrare, con la finzione che l’assunzione è avvenuta all’estero”.
A fronte di un simile quadro si lamenta la tendenza: “A intervenire con piccole sanatorie, che risultano contraddittorie e discriminatorie al loro interno, anziché rivedere la normativa di fondo”. C’è tuttavia un’attenuante secondo Venanzetti: “Il ministro Riccardi nel recepire la direttiva europea ha inserito questa norma transitoria di emersione che non era obbligatoria”. E d’altro canto: “Non credo che ci siano oggi in parlamento una maggioranza e condizioni tali da consentire una revisione complessiva della normativa”.

Sandra Fratticci
(10 settembre 2012)