Iran, l’arte nella musica e nelle donne

Il setar persiano con la doppia cassa a forma di 8, tra altri strumenti, nella bottega di Mohssen al vicolo del Cedro a Roma

Strumenti musicali di tutti i tipi attaccati alle pareti, un computer sul leggio, una serie di foto insieme ad Abbas Kiarostami, Fabrizio De André, Loreena McKennitt… “è una cara amica, per lei ho costruito un’arpa, un salterio e un setar persiano… lo usa spesso per la sua musica” dice Mohssen Kasirossafar, liutaio, musicista, poeta e fotografo iraniano.

Questa è la sua bottega, lunga e stretta, al numero 34 di Vicolo del Cedro, piccola traversa, che ha riempito di piante e fiori, di via della Scala, nel cuore di Trastevere. Mohssen è arrivato in Italia 36 anni fa perché aveva studiato cinema: “volevo diventare Fellini, il cinema italiano era bellissimo, alla fine ho cambiato i miei sogni, ma mi considero un extracomunitario – anche se odio la parola – fortunato, come diceva John Cage, lo sei quando il tuo lavoro diventa il tuo tempo libero. Vivo qui con le mie gatte, le mie piante e i miei strumenti”.

La comunità iraniana conta sul territorio romano 1.314 residenti (Fonte Demo Istat, al 1 gennaio 2011): 743 uomini e 571 donne, la maggior parte localizzati nella zona settentrionale della città. In Italia si contano 4.596 uomini e 3.841 donne per un totale di 8.437 iraniani, una popolazione tendenzialmente giovane che si attesta su un maggior numero, 1.252, nella classe d’età 25-29 anni (la fascia più bassa è quella 60-64 con 270 persone). La presenza di iraniani a Roma è la più alta in Italia, seguita da quella di Milano e Firenze.

L’Iran o Persia, ufficialmente Repubblica Islamica dell’Iran, è un paese medio-orientale situato nel sud-ovest asiatico, tra l’Iraq e l’Afghanistan, tra il Mar Caspio e il Golfo Persico, “cerniera tra mondo arabo e mondo asiatico, pur non appartenendo a nessuno dei due” scrive Pier Luigi Petrillo, docente LUISS. Dalle parole di Mohssen sembra proprio necessario sottolinearlo: “l’Iran ha avuto un ruolo in Asia, come l’Italia ce l’ha avuto in Europa… molta cultura che spesso in Occidente passa per araba è in realtà persiana. Presto siamo stati invasi dagli arabi che hanno preso e diffuso i nostri strumenti musicali, la nostra poesia, la nostra filosofia… il poeta Gialal al-Din Rumi spesso viene definito arabo, così come al-Farabi, filosofo persiano, che modificò le corde del liuto, strumento di origine egiziana che fu poi perfezionato in Persia”. Dopo la conquista, l’Islam divenne ed è tuttora la religione ufficiale del Paese: probabilmente tutto scaturisce dall’errore più comune di identificare i musulmani con gli arabi. Mohssen mi mostra il Tar, bellissimo strumento a corda che ha la cassa doppia a forma di 8, come l’infinito, “è uno strumento persiano che influenzò tutti gli altri, non a caso tar che significa corda si ritrova nelle parole, nella stessa chitarra” – per chi non ci ha mai fatto caso – anch’essa a forma di otto, o nel setar, altro strumento persiano simile al liuto, che rimanda al sitar indiano: “Se l’armonia è ebraica, molti strumenti che esistono al mondo vengono dalla Persia, dall’India e dalla Cina”.

Mohssen e il suo zarb, il tamburo persiano

Il 6 luglio 2012 in occasione della rassegna Nazioni in festa, presso i Giardini della Filarmonica Romana di Roma, Mohssen accompagnerà con il suo zarb, il tamburo persiano, la cantante Raha insieme a uno dei più grandi compositori iraniani, Hossein Alizadeh. Si tratterà del secondo concerto in programma: il primo dal titolo Crediamo nell’inizio della stagione fredda, da una poesia di Forugh Farrokhzad, è un concerto di santur, “strumento trapezoidale che diede origine al pianoforte”; col secondo concerto “si passerà dal freddo al caldo”, con Saluterò di nuovo il sole “con testi tratti sempre da questa grande poetessa, una donna rivoluzionaria scomparsa a soli 35 anni per un incidente di macchina: la sua poesia è una lava”. Il concerto sarà improvvisato, come da tradizione, eppure l’improvvisazione richiede l’assoluta padronanza del radif, il repertorio musicale tradizionale trasmetto di generazione in generazione: “si tratta di musica modale” – lo sviluppo avviene unicamente attraverso la melodia, a differenza di quella tonale che si basa sull’armonia –  “il musicista persiano deve avere un bagaglio che poi sviluppa, essenzialmente su cinque note, creando quindi scale pentatoniche. Al contrario dell’improvvisazione occidentale è necessario partire da schemi, come dire ‘se sei ignorante non puoi fare un discorso’: non affideresti mai un’orazione a chi non è Cicerone”. Detto questo l’improvvisazione è comunque totale, perché si improvvisa su tutto: “sull’atmosfera, sul pubblico – i suoi silenzi e le sue reazioni -, sull’orario di esecuzione, sulle temperature – se fa caldo, se fa freddo -, qualsiasi cosa può influenzare l’esecuzione, che diventa unica e irripetibile”.

Ma Mohssen è anche un bravissimo fotografo, organizza spesso mostre, la prossima a ottobre 2012 presso il Macro di Testaccio presenterà i suoi Riflessi sul Tevere stampati in alluminio, foto che sembrano dipinti “ma non sono modificate digitalmente” dice mostrandomi gli originali dalla reflex. “Anche qui ho iniziato in analogico e poi sono passato al digitale, come in pittura devi passare dal figurativo all’astratto, ci sono tanti giovani che si dichiarano artisti, ma sono ‘artistoidi’, c’è un percorso da fare nell’arte, come nel radif”. Ho visto Roma riflessa sulle carrozzerie lucide delle auto e nelle pozzanghere, un meraviglioso Giordano Bruno immerso nell’acqua, proprio lui, muri trasteverini che sembrano veri quadri astratti… “sono solo immagini che hai sempre di fronte e a cui nessuno fa caso”: un “extracomunitario” mi ha fatto vedere Roma meglio di chiunque altro.

Mohssen Kasirossafar – Campo di Fiori Giordano Bruno (foto su alluminio 70×50 cm)

Prima del concerto Parisa Nazari – iraniana, arrivata in Italia per motivi di studio e poi innamoratasi di Roma – insieme ad altre donne dell’associazione Donne per la dignità, terrà una conferenza dal titolo Ogni tanto, una scintilla – ancora una volta da una poesia della Farrokhzad, “un titolo positivo da questa grande donna scomparsa nel 1967, che rappresentò tante generazioni e fu tanto amata dal popolo iraniano. L’associazione nasce dal desiderio di dare la giusta importanza alla dignità umana in generale e all’aspirazione alla felicità che c’è in ognuno di noi. Durante la conferenza parleremo della situazione della donna, soprattutto con Shahrzad Houshmand Zadeh, presidentessa dell’associazione e teologa. Dal mio punto di vista è paradossale, perché da una parte ci sono le leggi che sono contro la sua libertà, dall’altra abbiamo tante donne scrittrici, poetesse, registe, più che nel mondo Occidentale che non ha leggi contro di loro. In Iran le donne non possono vestirsi come vogliono, nessuna potrà mai diventare presidente o giudice. Allora c’è come una sorta di rivincita che si attua nello studio e nell’arte, per non sottomettersi al sistema”. L’Iran in festa è effettivamente ricco di nomi femminili, anche se difficili da individuare: “il documentario Moon’s voice che sarà presentato sempre il 6 luglio è opera prima di una donna, Farahnaz Sharifi”, dedicato oltrettutto a un’altra donna, Qamar-ol-Molouk Vaziri, la prima cantante iraniana a cantare da solista sulla scena pubblica senza seguire il codice di abbigliamento islamico e vestire lo hijab. “Insomma se trovi cose interessanti sull’Iran dietro ci sono sempre le donne, molte riforme vengono portate avanti da loro, a partire dalla giurista e premio Nobel Shirin Ebadi. I cambiamenti sono lenti, ma li fanno le donne”.

Alice Rinaldi(28 giugno 2012)

Per consultare il programma di Nazioni in festa:  https://www.piuculture.it/2012/06/i-giardini-di-luglio-allaccademia-filarmonica-romana/

Saluterò di nuovo il sole

Saluterò di nuovo il solee il ruscello che scorreva in mele nuvole che furono i miei lunghi pensierila dolorosa crescita dei pioppi del giardino che con meattraversavano le stagioni secchegli stormi delle cornacchieche mi portavano in donoil profumo dei campi notturnimia madre che viveva nello specchioe somigliava alla mia vecchiaiae la terra, il cui desiderio del mio ripetersiriempiva la sua interiorità agitatadai semi verdi,saluterò di nuovovengo, vengo, vengocon i miei capelli: la continuazione degli odori sotto terracon i miei occhi: le esperienze dense dell’oscuritàcon i rami raccolti dai boschi oltre muravengo, vengo, vengoe la soglia si colma d’amoree io sulla soglia coloro che amanoe la ragazza ancora ferma sulla soglia colma d’amore,saluterò di nuovoFORUGH FARROKHZADTraduzione dal persiano:Morteza Latifi NezamiMargherita LovisoloMohssen Kasirossafar – Un assaggio di improvvisazione…http://www.youtube.com/watch?v=KfEq9Je-W4Y&list=UUW1eaNK_KMvTSSzQ_o8gG7A&index=2&feature=plcp