Le donne straniere residenti in Italia sono due milioni e 370mila, la maggior parte proviene da Ucraina, Romania e Polonia. “Il nostro Paese è luogo privilegiato per percorsi di sviluppo e integrazione di genere” sottolinea Alessandro Masi, segretario generale della Società Dante Alighieri che mercoledì 12 dicembre ha ospitato “Il ruolo delle donne migranti tra cooperazione, co-sviluppo e processi di ricostruzione dei Paesi di origine”, incontro organizzato a Roma dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, OIM.
Numerose, ma soprattutto più attive degli uomini all’interno del tessuto sociale italiano. “Le donne ricostruiscono nuclei familiari nei paesi di accoglienza e sviluppano nuovi rapporti interpersonali, come quello che nasce dall’intimità forzata nel lavoro dell’assistenza agli anziani e quello ben più antico legato al ruolo di tata per i bambini,” sottolinea Cristina Ravaglia, direttore generale Italiani all’estero e politiche migratorie del Ministero degli Esteri. Le proiezioni prevedono che nel 2020 il tasso di occupazione degli italiani sarà stabile mentre quella dei lavoratori stranieri subirà un incremento del 25%, seppur anch’essi non siano esenti dalla crisi economica che colpisce il 5% degli uomini e il 2% delle donne di origine non italiana.
Lavoratrici domestiche e non solo Su 647mila lavoratori domestici iscritti all’inps l’84% è di sesso femminile. “In Italia la presenza di donne straniere è dieci volte superiore ai paesi del nord Europa,” sottolinea Mario Morcone, capo gabinetto del Ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione. “Il loro lavoro nelle case italiane aiuta le autoctone, soprattutto quelle che hanno figli con meno di tre anni di età, lasciando che possano dedicarsi ai propri percorsi professionali e agli avanzamenti di carriera”.
Crescono anche le imprenditrici. L’imprenditoria straniera cresce con un incremento del 40%. “Oggi si registrano 400.000 imprenditori e imprenditrici di origine non italiana,” comunica Cristina Ravaglia. E sulle 98.294 imprese gestite da donne straniere, il 70% è di tipo terziario, il 15% si colloca nel settore commerciale e il 13-15% è legato al noleggio e ai viaggi. “Le cinesi sono il maggior numero seguite da svizzere e marocchine” spiega Mario Morcone, capo gabinetto del Ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione.
La ricostruzione nell’era di internet “Oggi una persona su sette è un migrante” spiega l’ambasciatore William Lacy Swing direttore generale dell’Oim. “Le donne si spostano per motivi lavorativi, in passato i loro movimenti erano legati ai ricongiungimenti familiari”. Altri nuovi elementi caratterizzano la contemporaneità: un sud del Mondo sempre più giovane e la presenza di internet che rende possibile acquisire informazioni in maniera istantanea, “una persona su tre è connessa al mondo 2.0”. E’ in questo contesto che si fa sempre più forte l’esigenza di una coesione tra i paesi della diaspora per avviare progetti di ricerca e sviluppo.
La donna trasforma la cooperazione “Ci sono paesi come il Marocco che stanno incoraggiando i propri emigrati all’estero a proporre iniziative di sviluppo nel proprio paese d’origine” dichiara Bianca Pomeranzi senior gender advisor della direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. “Sostenere l’opera di co-sviluppo e ricostruzione nel paese d’origine è il territorio sul quale bisogna lavorare e nel quale le donne possono avere lo spazio che meritano. Ho sempre creduto che le donne avrebbero trasformato la cooperazione in qualcosa di utile, e ho lavorato con perseveranza per lo svelamento di questo potere rinchiuso nelle mura domestiche forse nel timore che la donna divenisse troppo saggia”. Quella femminile è una migrazione che non è mai scesa al di sotto del 35%, “sovente ignorata perché non seguiva i parametri istituzionali della ‘forza lavoro’”.
Progetti di co-sviluppo: WMIDA E’ seguendo l’idea che la donna sia ottima mediatrice tra il paese di origine e quello di adozione che nasce MIDA, donne migranti per lo sviluppo in Africa, programma promosso dall’Oim con il supporto del Ministero degli Affari Esteri. Il bando pubblicato nel 2008 ha selezionato 38 progetti di sviluppo da realizzare in paesi dell’Africa subsahariana ideati da associazioni di donne straniere in Italia.
Un saponificio in Burkina Fasu. Carola Soma, laureata in scienze politiche in Italia, con l’associazione di cui è presidente Amici di Papillon ha realizzato un saponificio in Burkina Faso. L’associazione, attiva in Toscana, supporta le migranti: dai cavilli legati al riconoscimento dei titoli di studio alle problematiche riguardanti le mutilazioni genitali. Amici di Papillon con i finanziamenti di MIDA Donna ha formato giovani donne che dalle campagne si sono spostate nel centro urbano di Bobo–Dioulasso. “Abbiamo scelto questa tipologia di donne prima di tutto perché sono, come noi, delle migranti. Ragazze analfabete” – in Burkina Faso il tasso di analfabetismo nei giovani sopra i 15 anni è del 73% – “emigrate per motivi economici o sociali come i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali.” E’ nata così Mida Weese una mini unità di saponificazione. “Adesso abbiamo 120 ragazze formate. Dieci donne commercianti hanno aumentato il loro reddito, abbiamo altrettanti negozi fidelizzati e partecipiamo alle fiere. I nostri saponi sono molto apprezzati. Non sono mancate le difficoltà, in primo luogo procurarsi i macchinari di buona qualità in Burkina Faso non è stato facile, ci sono poi la concorrenza straniera e i ritardi dei pagamenti da parte dei negozianti.”
“Il problema della mobilità è più politico che tecnico. Non possiamo più permetterci di confinarlo ad aspetto secondario. Dobbiamo sviluppare un approccio strutturale e non emergenziale” sottolinea Emma Bonino vice presidente del Senato, “bisogna ritrovare il coraggio e una leadership politica che dica ai cittadini come stanno le cose”. Il fenomeno migratorio esistito da sempre, “porta nuove opportunità ma possiede aspetti problematici che non vanno nascosti, pena l’analisi non corretta. Non esiste modello che possiamo copiare.” La senatrice sottolinea come ci siano importanti temi che aspettano di essere affrontati: la cittadinanza, “ricordo che la prima cosa che gli italiani in America chiedevano era proprio le iscrizioni alle liste elettorali”, o ancora le mutilazioni genitali femminili “non basta che una cosa sia tradizione per essere positivamente tollerata o accettata. Fortunatamente si sta però affermando un approccio che supera l’atteggiamento volgare che pochi anni fa coniò il termine ‘tsunami umano’ per definire l’ondata migratoria. Gli italiani non si fanno abbindolare: ogni famiglia autoctona ha una badante o ha avuto parenti migranti all’estero”.
M. Daniela Basile(13 dicembre 2012)