Lacrime di gioia all’arrivo e lacrime di tristezza alla partenza, all’aeroporto, dove si scatenano le emozioni più forti e profonde che non si riescono a esprimere durante la permanenza dei bambini orfani moldavi nelle famiglie italiane che li ospitano per le vacanze. C’è una vicinanza, un’abitudine, un’amicizia, una familiarità, un affetto rinforzato che si crea nel periodo trascorso insieme. Ci vorebbe continuità, ma i piccoli lo sanno e le famiglie sono coscienti che si tratta solo di una ospitalità temporanea e poi ognuno torna alla sua realtà. „Mi dispiace vederla partire, ma so che presto tornerà”, dice Chiara, figlia della coppia italiana che dal primo momento è diventata inseparabile con la ragazza moldava.
La vita vista con gli occhi del bambino. „Quando un collega ci ha detto che Steluta non sarebbe mai più venuta in Italia perché la famiglia che l’accoglieva non si poteva più permettere di pagare le spese del viaggio, io e mia moglie abbiamo detto: perché non provare ad ospitarla?”, racconta Giancarlo, che insieme a Laura aspettavano timorosi all’arrivo questa ragazzina che avevano visto soltanto nella foto. La paura più grande: come sarebbe cambiata la loro vita dopo 20 anni di matrimonio senza figli. „Dopo soli 3 giorni si è abituata e ci siamo scambiati tanto affetto. Sarebbe rimasta per ore a guardare i cartoni animati. Per socializzare di più, Steluta ha giocato con i bambini dei nostri parenti e mio padre, un uomo robusto, lo chiamava per scherzo Pino-bambino. A Ostia ha visto il mare e le sono piaciute molto le giostre. Prima di partire, ha deciso lei quali giocattoli e vestiti comprati insieme al centro commerciale lasciare e quali portare via”. Laura parla di Steluta con l’emozione di una vera mamma: „Abbiamo voluto trasmetterle il rispetto per l’altro, ad esempio di bussare alla porta e aspettare la risposta prima di entrare. Steluta ha i genitori, ma la sua storia è rimasta un mistero, raccontava solo dei piccoli passaggi della sua vita. Una sera aveva il sonno agitato e ci siamo seduti accanto a lei a parlare finché si è addormentata. Ci siamo messi in discussione, coscenti di tutte le responsabilità di un genitore. Steluta ci ha fatto guardare la vita con altri occhi”. Tanto silenzio all’imbarco, ma le lacrime di Laura erano il segno del desiderio di seguire in futuro la ragazza dandole l’affetto di una vera famiglia.
„Lo fai vivere come un tuo figlio, con una realtà educativa italiana, tenendo conto delle differenze culturali. Hanno i diritti, come quello di divertirsi, ma anche i doveri familiari. Nell’istituto loro imparano a pulire, fare il letto, cucinare, cucire, lavorare nel giardino. La ragazza che ospitiamo da noi sa fare tante cose”, dice Giovanna Cassisa che insieme al marito Alessandro Serrani operano per l’associazione Puer. Ci sono delle gelosie tra i figli italiani e i ragazzini moldavi, un motivo per cui alcuni hanno rinunciato ad accoglierli. Ma ci sono anche delle grandi amicizie, dove si condivide tutto. Ogni famiglia ha le sue motivazioni per prendere in affido temporaneo i piccoli. „Per noi basta il loro sorriso, che anche per un giorno loro possano provare l’amore. L’affetto che non hanno mai provato oppure l’hanno avuto da una famiglia non sana, con papà che beve o maltratta la mamma”.
„L’elemento educativo dell’accoglienza è primaria. Il bimbo si trova qui in vacanza, ma la distanza tra lui e l’adulto ci dovrebbe essere. Siccome provengono da una situazione economica diversa, diventa facile viziarli. Ci siamo accorti che gli errori più gravi sono questi”, racconta Serrani. La Puer non sa la storia dell’origine dei bambini, si chiede che non abbiano problemi gravi, difficili da affrontare nel breve periodo. Alcune famiglie hanno delle preferenze per maschi o femmine, in funzione dei loro figli e degli spazi a disposizione. Le coppie hanno età diverse e non è necessario che abbiano figli, non c’è un vincolo religioso e anche la disponibilità economica delle famiglie ospitanti è varia. I bambini moldavi non devono essere troppo piccoli, ma non devono aver superato gli 8 anni, perché l’idea fondamentale è di seguirli nella loro crescita. „Durante la loro vacanza quì le famiglie devono essere presenti, non lasciare i piccoli con la tata”.
„Abbiamo chiesto di lavorare con degli istituti che hanno un futuro. E’ importante non solo aiutare i bambini, ma dare una mano alla struttura”, spiega Alessandro Serrani. In seguito all’accordo concluso tra l’associazione Puer e il Ministero dell’Istruzione moldavo con precise regole per l’accoglienza, i bambini, sempre gli stessi, provenienti dagli istituti di Straseni, Carpineni e Chisinau 3, vengono in Italia 3 volte all’anno. Sono inseriti in 30 famiglie che si sono rese disponibile. Le coppie italiane si propongono all’associazione, gli vengono spiegati lo scopo del Puer e l’idea di accoglienza. Dal punto di vista legale la Questura verifica che le persone che ospitano i ragazzini non abbiano dei problemmi con la giustizia.
La strada con le case vuote. „A Carpineni, una signora dell’istituto ci ha fatto vedere un’intera strada con tantissime case belle, nuove o rinovate, ma vuote. I proprietari lavorano tutti all’estero, tornano per investire nella casa abbandonata e partono di nuovo”, racconta impressionato Serrani. Non si sa dove si trovano i loro bambini, ma ci sono tanti pregiudizi sui figli abbandonati. I due fratelli orfani bielorussi, che la coppia Cassisa-Serrani ha seguito per anni, tenevano nascosta la loro storia per paura di essere giudicati o emarginati. Si dice che il pregiudizio sia basato su una verità dolorosa: molti dei ragazzi bravi che escono dagli istituti vanno in gallera, la maggior parte delle ragazze madre provengono da queste strutture, in tanti casi se il genitore è cresciuto nell’istituto il figlio, per puro caso o no, finisce sempre lì. Una mentalità che potrebbe essere fondata, purtroppo, sulle realtà che spesso si ignorano.
Raisa Ambros(02 aprile 2013)