Quando sentiamo parlare di immigrazione, la prima cosa a cui pensiamo è l’immagine dei barconi che, salpati dalle coste nord africane, si dirigono verso Lampedusa. Indubbiamente una buona parte del fenomeno migratorio si può raccontare attraverso quest’immagine, ma c’è un’ altra realtà, tanto importante quanto poco conosciuta, che riguarda il tratto di mare tra la Grecia e l’Italia: la rotta adriatica. Ogni giorno infatti, i grandi traghetti che salpano dai maggiori porti ellenici, trasportano alcuni immigrati clandestini a bordo, spesso nascosti sotto i camion o all’interno dei tir imbarcati sulle navi. Uomini alla ricerca di una vita migliore, disposti a tutto per fuggire dal proprio paese. Quando riescono ad arrivare in Italia però vengono rispediti in Grecia spesso sulla stessa imbarcazione con cui sono arrivati. Questo tema è stato al centro del rapporto “Porti insicuri”, presentato alla sede della stampa estera da MEDU( Medici per i diritti umani), in collaborazione con ASGI e ZALAB e basato sulla testimonianza di 66 intervistati provenienti da differenti nazioni (Afghanistan 30%, Siria 26%, Sudan 14%, Eritrea 12%, e molti altri)
Il dossier pone l’attenzione sulle irregolarità che si verificano nei maggiori porti della costa adriatica, una volta che gli immigrati clandestini vengono scoperti, e che portano alle così dette “riammissioni sommarie”. Tra i vari dati riportati, il più preoccupante è che in otto casi su dieci i migranti riammessi hanno cercato di comunicare la propria volontà di richiedere protezione internazionale senza avere mai l’opportunità di parlare con operatori socio-legali, e solo in sei casi potendosi avvalere di un interprete. Inoltre un immigrato su cinque ha dichiarato di aver subito violenze dalla polizia italiana e dal personale di sicurezza delle navi. Dopo aver affrontato un lungo viaggio, in condizioni disumane, sono quindi costretti a riprendere una nave e tornare in Grecia, dove il rischio di essere vittime di violenze xenofobe da parte della polizia e dei gruppi estremisti è molto alto. Gli stessi volontari di MEDU hanno documentato le ferite e i pestaggi causati da veri e propri raid notturni, nelle fabbriche abbandonate in cui gli immigrati vivono. Come se non bastasse, in dieci casi il ritorno in Grecia è avvenuto senza il rispetto di standard igienici minimi per un viaggio dignitoso ” Eravamo rinchiusi in una stiva senza neanche un bagno, dovevamo utilizzare una piccola bottiglia”.

Oltre ai potenziali richiedenti asilo però c’è un’altra categoria di migranti che non riceve il giusto trattamento da parte delle autorità italiane: i minori non accompagnati. Secondo i dati del rapporto, 15 intervistati hanno dichiarato di essersi presentati con questo status e oltre l’80% di loro è stato rispedito in Grecia senza che venisse effettuata alcuna verifica sull’età. Il regolamento internazionale infatti prevede che se la persona in esame si dichiara un minore non accompagnato si debba procedere ad un test per accertarne gli anni . “In Italia- spiega un medico di MEDU – adottiamo ancora l’esame radiologico del polso. Un metodo non è conforme agli standard internazionali e potenzialmente pericoloso perchè non solo sottopone dei minori a radiazioni ma ha anche un ampio margine di errore per il risultato finale.”
Il dossier riporta anche le interviste di alcuni migranti che non si sono preoccupati di essere riportati in Grecia, pur di non essere schedati nel nostro paese. Spesso infatti le persone cercano solo di attraversare l’Italia per raggiungere altre nazioni, in cui il livello di integrazione è maggiore e dove hanno anche contatti con conoscenti o familiari. Il regolamento di Dublino infatti prevede che il migrante debba rimanere nella nazione europea in cui è stato schedato senza avere la possibilità di spostarsi. Si verifica anche per questo l’effetto ping pong per cui alcuni stranieri tentano più di una volta di arrivare in Italia sperando di non essere visti e, se scoperti, restano in silenzio in attesa di una nuova possibilità. “In questi casi è giusto che vengano riportati in Grecia, ma questa situazione non giustifica il restante 80% di immigrati che cercano solo di far rispettare i propri diritti.” Proprio per questo motivo, l’ ASGI (associazione studi giuridici sull’immigrazione) partner di MEDU nel progetto, ha presentato una richiesta alla commissione di Ginevra per i diritti dell’uomo affinchè possano cessare queste riammissioni sommarie e vengano onorati gli obblighi che lo stato italiano deve a chi si presenta sul suo territorio in cerca di aiuto
Adriano Di Blasi
(21 novembre 2013)
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