Minori bengalesi. Il caso del secondo accertamento dell’età

Ankur, ragazzo bengalese, mostra la sua data di nascita
Ankur, ragazzo bengalese, mostra la sua data di nascita

“Italiani come Dio” dice Ankur quando ripensa ai dottori dell’ospedale militare del Celio, che hanno dichiarato la sua nuova data di nascita. Ankur prende un foglio di carta e scrive 1/1/1994. Per loro ha 19 anni. Questo vuol dire essere maggiorenne e destinato a lasciare l’Italia e tutti i progetti di integrazione. Quella di Ankur, nome di fantasia, è la storia degli oltre 100 ragazzi bengalesi, che da marzo 2013, il Comune di Roma ha  sottoposto ad nuovo accertamento dell’età. Come gli altri, Ankur, era arrivato in Italia senza documenti di identità. Per le autorità era necessario capire che età avesse. Nel primo accertamento, svoltosi in un ospedale pubblico, era risultato minorenne, quindi erano scattate le misure di tutela e di protezione previste nell’ordinamento in favore dei minori. Prima di quel secondo accertamento al Celio, Ankur poteva sentirsi libero ed accolto dall’Italia, proprio in virtù della sua età. Oggi è costretto a fuggire e nascondersi.

Ankur prende un altro foglio e scrive 30/01/1996, poi mi dice “questa è la mia vera età”. Sta per scattare per lui il 18esimo anno, e questa situazione di stallo gli ha fatto perdere molti mesi preziosi, che sarebbero serviti ad ottenere il permesso di soggiorno. “I miei hanno venduto tutto, per farmi venire in Italia”. Le famiglie bengalesi, per la maggior parte contadine, vendono terre, case e spesso contraggono debiti. Il prezzo da pagare ai trafficanti va dai 7 agli 11mila euro. “Oggi sono ospite da un connazionale, che mi passa da mangiare e dormire. Ogni giorno dovrei dargli 15 euro, ma ora non ce li ho e così aumenta il mio debito”. Gli altri ragazzi presenti, che fino a quel momento lo hanno ascoltato, iniziano a raccontare: uno dorme alla stazione ferroviaria, uno va ai centri Emergenza freddo, altri alla Caritas. “Non posso tornare in Bangladesh. Piuttosto morire” dice Ankur. Gli altri annuiscono decisi.

E dire che Ankur e gli oltre cento ragazzi bengalesi erano ad un passo dalla legalità. Arrivati in Italia intorno ai 17 anni, presi in carico dal Comune, portati in centri per minori stranieri, avevano iniziato tutto l’iter che li avrebbe condotti al permesso di soggiorno. Fin quando non è suonato il campanello del centro. Tra i nove convocati c’era anche il nome di Ankur, chiamato per il secondo accertamento. Lui è andato al Celio, dove gli “italiani-Dio” gli hanno dato la nuova data di nascita. Gli altri sono fuggiti. Ora Ankur vaga per la città, attento a non farsi notare dalla polizia che potrebbe richiedergli quei documenti che non ha. Come gli altri non può più andare a chiedere un lavoro,  perché anche lì servono i documenti. Non rimane che qualche lavoretto saltuario, in nero.

Ivan Mei, che parla a nome di Laboratorio 53, Yo Migro e Asgi, organizzazioni che danno supporto legale e non solo ai minori, ci spiega cosa sta accadendo. “Roma è l’unica città a fare il secondo accertamento e solo i bengalesi sono coinvolti”. I minori non accompagnati, provenienti dal Bangladesh, sono la comunità più numerosa a Roma. Su oltre 1100 presenze, il 51% sono asiatici, il 90% dei quali bengalesi. ”Svuotate le casse del Comune, hanno iniziato a svuotare i centri. Non ci sono più soldi e così si è dato avvio ad una procedura che, di fatto, rappresenta una sospensione del diritto, andando a scoraggiare la comunità più presente sul territorio“. Ivan ricorda che “i due certificati, quello del Celio e quello degli ospedali pubblici –  uno li ha dichiarati maggiorenni e l’altro minorenni – sono la prova palese di un dubbio sulla reale età dei ragazzi. E quando vi è un dubbio, per la nostra legge, prevale la presunzione di minore età”. Anche da qui partono gli oltre 100 ricorsi intentati dalle organizzazioni.

Quella di Ankur e degli altri bengalesi a Roma è una storia sospesa tra due eventi. Il primo, da scongiurare, è un gesto estremo dei ragazzi. “Già quattro hanno provato a suicidarsi” dice Ivan. L’altro evento, che si spera arrivi presto è “la prima sentenza che dichiari questa pratica illegale”. Una svolta che possa ridare ad Ankur la sua età e i diritti che gli spettano.

Leggi anche la seconda parte: Certificati medici a confronto: il secondo accertamento dell’età dei ragazzi del Bangladesh

Fabio Bellumore(12 dicembre 2013)