Non chiamatelo sesso debole

SONIA ALLENAMENTO 2
Sonia in allenamento

Se si parla di donne nella boxe le prime immagini che vengono in mente sono Laila Ali che combatte con il padre Mohammed nello spot di un noto colosso tedesco dell’abbigliamento sportivo e l’attrice Hilary Swank nei panni di Maggie “Mo Cùishle” Fitzgerald che in Million dollar baby da outsider rischia di scalare ogni classifica prima del drammatico incidente. Una non troppo femminile macchina da ko – 21 delle 24 vittorie di una carriera intonsa – e un classico sogno americano spezzato. Fra i tanti pregiudizi e stereotipi c’è anche molta normalità che non contempla bicipiti da camionista, setti deviati e scatole craniche messe a dura prova.

Levidsonia Monteiro nasce a Capo Verde nel 1982, dopo gli studi universitari in Portogallo nel 2008 si trasferisce in Italia da genitori e parenti. Il suo background ha poco a che vedere con il pugilato, fino a 16 anni fa danza, l’approccio è quasi casuale. Nel 2011 va vivere a Viterbo e per mantenersi in forma inizia a praticare Muay Thai, “mi hanno detto che ero più sciolta con i pugni”, quindi ad ottobre del 2012 l’iniziazione vera e propria grazie all’istruttore Sandro – che segue nelle lezioni mensili al Mama Africa – con i primi match amatoriali ed il torneo ad eliminazione di light boxe: un pari e due vittorie la portano in finale, poi persa, ma per una debuttante può andare più che bene.

Sonia con la coppa per il secondo posto di Piombino e l'istruttore Sandro
Sonia con la coppa per il secondo posto di Piombino e l’istruttore Sandro

La light boxe prevede contatti ma come suggerisce il nome più leggeri del normale, soprattutto nel circuito toscano è piuttosto diffusa, nel Lazio ci si accontenta della “competition”, che invece non contempla il contatto fisico, basandosi esclusivamente sulla tecnica. Cambia anche la durata degli incontri, tre round da un minuto per la prima, quattro da due per la seconda, “non è facile, sembra poco ma sul ring è un’eternità ed è necessaria grande preparazione fisica”. Ecco perché Levidsonia, conosciuta come Sonia nell’ambiente, si allena tre volte a settimana per due ore e va a correre regolarmente, in modo da aumentare il fiato. In questo periodo poi si prepara per due appuntamenti importanti, il torneo di competition il 25 aprile presso Stazione Birra (Ciampino), per poi approdare a maggio a Rimini, nell’ambito di Rimini Welness, ma qui si parla di light.

Le possibilità di fare bene ci sono, già poco più che debuttante a Piombino lo scorso dicembre Sonia fece una grande impressione ai veterani, “mi hanno fatto tutti i complimenti e non credevano fosse solo il mio secondo torneo, è gratificante quando i più anziani si complimentano per la tua tecnica”. Era arrivata anche la proposta di aggregarsi allo stage della nazionale, ma la partecipazione non era fattibile, mancando il requisito della cittadinanza italiana. “Magari ad altri livelli un modo per farti avere la nazionalità si trova!”, ironizza Sonia.

Non è infatti quello il grande rimpianto, “adesso penso che se avessi iniziato prima sarei potuta già stare al livello agonistico”. È vero che non ci sono limiti di età, ma è chiaro che a 32 anni il tempo non è un alleato come per chi comincia prima dei venti anni “e ha la possibilità di progredire con calma, passo dopo passo”. Certo poi ci sono gli esempi di longevità. Senza arrivare al grottesco ritorno cinematografico di Rocky, l’italiana Simona Galassi può vantare a quarant’anni il titolo nei Supermosca. Oltre al fattore anagrafico una come la Galasso è la testimonianza di quanto questo sport stia prendendo piede, uscendo dal sottobosco di eventi ignoti ai più, “già il fatto che ci siano le dirette tv di boxe femminile indica che ci si stia espandendo, anche se si deve ancora crescere”.

SONIAQualche differenza va ancora superata, la stessa Sonia non disse a nessuno del suo primo incontro fino al giorno precedente, “si sarebbero preoccupati tutti. Ora i miei genitori sono più tranquilli, hanno visto i video e hanno capito che non ci si fa male. Anzi quello che facciamo aiuta a controllarsi, magari infondendo sempre più confidenza per uscire dall’amatoriale. E l’esercizio fa sentire meglio fisicamente e mentalmente, certo se trovi l’istruttore che sa trasmetterti la passione”. Cosa che a quanto pare a Sandro riesce benissimo.

Adriano Di Blasi
(13 aprile 2014)