A Capoeira: l’arte di lottare sorridendo

A Roma il primo festival internazionale di Capoeira disciplina brasiliana a metà tra danza e lotta - gli alunni si scaldano prima della lezione
A Roma il primo festival internazionale di Capoeira disciplina dal Brasile a metà tra danza e lotta

Se si pensa al Brasile da un punto di vista sportivo, il primo pensiero non può che andare al calcio. Dal Maracanzo, l’indimenticabile sconfitta contro l’Uruguay nel 1950, ai cinque trionfi mondiali della nazionale verdeoro, passando per le tradizionali rivalità cittadine tra Palmeiras e Sao Paolo o tra Fluminense e Vasco da Gama. Il Futebol per i brasiliani è più di una semplice attività agonistica, è quasi una religione, tanto che molti bambini calciano un pallone ancor prima di riuscire a camminare. Ma nel paese di Pelè, Ronaldo, Zico e Neymar c’è un’altra disciplina, a metà tra lo sport e la danza, che è parte fondamentale dell’espressione culturale di questa nazione: la Capoeira.

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Il gruppo Matumbè al completo

Per celebrare l’importanza di tale arte, si è svolto a Roma il primo festival internazionale di Capoeira, che ha visto la partecipazione di allievi e maestri provenienti da ogni parte del mondo, come ha spiegato Angelo Oliveira, organizzatore dell’evento e maestro del gruppo Matumbè Capoeira, uno dei più importanti nella capitale: ” Durante i quattro giorni del festival hanno partecipato più di cento persone, per lo più italiani, ma anche tedeschi, spagnoli e portoghesi. Oggi festeggeremo la conclusione dell’evento dando ad ognuno degli alunni un attestato e sperando di averli convinti a continuare questo straordinario viaggio”. Mentre parla la palestra inizia a riempirsi di uomini e donne di ogni età: dalle giovani con meno di trent’anni alle cinquantenni, con qualche ruga in più sul viso, ma con altrettanta voglia di iniziare. C’è Chicca per esempio, madre di due figli e capoerista da oltre otto anni: ” Un mio amico mi ha proposto di provare e da quel momento non ho più smesso”. Insieme a lei Simona, per tutti la “guerreira” della classe, che nella vita fa la web editor ma che dopo aver visitato il Brasile si è innamorata di questa disciplina.

CapoeiraDurante la prima fase della lezione, gli alunni si scaldano compiendo i tipici movimenti della Capoeira come l’Aù o l’Au sem mao, senza mai toccarsi gli uni con gli altri, il tutto sotto l’occhio vigile dei maestri che ogni tanto chiamano il cambio di coppie. Ogni volta che si cambia partner, ci si scambia un gesto amichevole come una pacca sulla spalla o un “cinque”, richiamando lo spirito della disciplina, fondata sulla gioia del singolo e dello spirito durante il movimento. “La Capoeira è un’arte completa – spiega il gran maestro Capacete arrivato direttamente da Manaus – che coinvolge mente e corpo. E’ danza e teatro, lotta e terapia. Si potrebbe fare un paragone con il nuoto per il grande sforzo che si richiede ad ogni singolo muscolo e con lo Yoga per la parte legata alla concentrazione. La grande differenza dagli sport più praticati è che questa disciplina si pone all’opposto con la cultura occidentale del capitalismo poichè non spinge a raggiungere sempre un nuovo obiettivo “. Il maestro è un uomo sulla sessantina, minuto e indossa gli occhiali, il contrario di quello che ci si aspetterebbe da un esperto di un’attività sportiva, eppure questa è una delle caratteristiche distintive della Capoeira che predilige l’elasticità e la fluidità del movimento alla forza muscolare.

Una disciplina dunque adatta a tutti e che nel corso del tempo è stata divulgata in ogni parte del mondo.”Non si può valutare positivamente o negativamente il fatto che oggi la Capoeira sia così conosciuta – continua Capacete – è una conseguenza naturale, poichè la cultura deve essere di tutti e quindi anche quella brasiliana. Il vero problema è che si sta eccessivamente commercializzando questa pratica tralasciando quelli che sono i valori tradizionali”. E’ sopratutto per questo motivo che il maestro ha deciso di partecipare al festival di quest’anno, per mostrare a tutti la vera anima della Capoeira brasiliana fatta di lotta ma sopratutto di tanta gioia.

Adriano Di Blasi

(7 maggio 2014)

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