A. Allerhand: la scuola cambia, dai tagli agli alunni stranieri

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Gli alunni stranieri sono una grande risorsa, così come qualsiasi altro tipo di diversità. La scuola pubblica per suo fondamento è il posto dove si incontra di tutto. Se funzionasse, ci darebbe la garanzia che nella vita riusciremmo a confrontarci con gli altri e a creare una società più giusta e corretta”. A parlare è Anna Allherand, alle spalle ha una carriera lunga 35 anni, e da dieci è dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Via Boccioni.

Bastano pochi minuti per accorgersi che ha la giusta consapevolezza del ruolo che ricopre: dirigere una scuola non è un mestiere qualunque. L’Istituto comprende la secondaria di primo grado Ippolito Nievo, le primarie San Pio X e Principessa Mafalda e quella dell’infanzia Casa dei bambini. In totale gli alunni sono più di mille e gli stranieri costituiscono l’8 per cento circa. “Spesso sono diventati i migliori dal punto di vista didattico pur essendo arrivati senza sapere una parola. Danno agli studi l’importanza che tutti dovrebbero dare”.

Anna Allerhand, dirigente scolastico dell'istituto comprensivo di Via Boccioni
Anna Allerhand, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Via Boccioni

Negli ultimi 10 anni il numero di alunni di origine straniera è passato da 100.000 a 800.000. Spesso, infatti, i genitori temono che la presenza di altre lingue e culture possa rallentare l’apprendimento dei loro figli. “Io lo dico sempre che non è vero, ma gli adulti qualche volta sono diffidenti. Questo, però, è il problema di un’intera società che deve cambiare. Se fuori accade quel che accade, non possiamo pretendere che qui sia diverso. Per i bambini il discorso è più semplice: se gli insegnanti hanno un approccio positivo con tutti, non si crea nessun problema”, spiega Anna Allerhand.

Le classi italiane sono cambiate, e per questo il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca lo scorso febbraio ha redatto delle nuove linee guida per l’accoglienza e l’integrazione. “Anche gli insegnanti hanno capito che la situazione sociale oggi è diversa, le lamentele che c’erano all’inizio sono molto diminuite. Ma le difficoltà sono rimaste e forse sono anche cresciute, in questi anni la scuola è diventata sempre più povera. La riforma Gelmini ha eliminato la compresenza in aula, un supporto notevole. Linee guida, discorsi e belle parole vanno bene, ma se non abbiamo gli strumenti per attuarli, non servono. E di strumenti nelle scuole non ce ne sono”.

Spesso le associazioni colmano il vuoto creato dall’istituzione, è il caso di Piuculture con l’insegnamento dell’italiano L2: “Ho sempre apprezzato molto quello che fa l’associazione. Quest’anno abbiamo lavorato anche d’estate, stiamo dando a questi ragazzini tutte le opportunità che si possono dare. Sono tempi duri e credo che non sia facile nemmeno per chi fa volontariato”.

La scuola dell'infanzia Casa dei Bambini
La scuola dell’infanzia Casa dei Bambini

E infatti in alcune scuole, tra le tante difficoltà, i volontari lamentano anche un cattivo rapporto con gli insegnanti, poco preparati e poco sensibili. “Questo è un problema strutturale”, ammette la preside. “Tutti dicono che la scuola è importante ma nessuno ha capito quanto e come si fa a renderla migliore. La formazione dei docenti è una questione spinosa, bisognerebbe che fosse obbligatoria. Se gli insegnanti non sono migliori, la scuola non sarà mai migliore. Ce ne sono alcuni in seria difficoltà psichica e non riesco ad allontanarli dalle classi”.

“L’istruzione viene percepita sempre come una spesa, mai come un investimento. I tagli hanno ridotto gli istituti al lumicino, al prossimo li chiudiamo. Le cose si possono risolvere solo in modo politico, ma abbiamo la sensazione che chi decide non abbia la minima idea di come funzioni una scuola”, conclude Anna Allerhand.

Rosy D’Elia(6 ottobre 2014)

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