
Affrontare la questione della pensione dei lavoratori albanesi immigrati in Italia è stato al centro del dibattito tenutosi mercoledì 8 ottobre a Roma. “Il problema della pensione degli albanesi lo abbiamo iniziato ad avvertire 4 o 5 anni fa – dice Edmond Godo, presidente dell’organizzazione Besa, nonché consigliere uscente presso la consulta cittadina dell’immigrazione di Roma Capitale – quando nostri connazionali ci raccontavano di aver lavorato più di venti anni in Italia e altri venti, in precedenza in Albania”. All’incontro, promosso dall’Associazione della Comunità Albanese in Italia “BESA” con il patrocinio del Presidente dell’Assemblea Capitolina di Roma Capitale On. Mirko Coratti, erano presenti anche il Ministro del Welfare e della Gioventù albanese Erion Veliaj, consoli, ambasciatori e le organizzazioni albanesi dell’intero territorio italiano.
“Oggi sono quasi 24 anni dai primi importanti sbarchi dei migranti albanesi in Italia. Chi magari aveva lavorato nel suo Paese per molti anni, non si vede riconosciuti quei contributi e diritti, ottenenedo solo una pensione minima, relativa agli anni di lavoro in Italia”. La situazione si acuisce in questo periodo, perché il lavoro scarseggia e la richiesta di una congiunzione tra i vari sistemi potrebbe diventare un giusto riconoscimento, che garantirebbe una vita più serena dopo – per la maggior parte – oltre 40 anni di lavoro.
Come si mette fine a tutto questo? “Attraverso degli accordi bilaterali – dice Godo – che in diverse parti dell’Europa sono stati siglati, portando beneficio ai lavoratori”. É il caso di Belgio, Lussemburgo, Romania e Ungheria. Ciò signigica che un migrante albanese che, per esempio, vive a Bruxelles ha riconosciuti i suoi anni di lavoro in Albania. Come fa notare il Ministro albanese “Per vostra informazione vorrei dire che i lavori per gli accordi precedenti con il Belgio o con altri Paesi sono durati solo un anno, con tre sole sessioni di incontri”. In Italia, quello sospinto da Besa è il primo passo, anche se buoni segnali sembrano arrivare dal Ministro del Lavoro Poletti che “ha mostrato aperture, in questo campo, senza precedenti, come mai prima” ha affermato Erion Veliaj.
In Italia gli albanesi sono la seconda comunità, dopo i marocchini. Sono oltre 500 i residenti e circa la metà lavorano. Il Ministro albanese ha colto poi il risvolto della medaglia di questo problema “Soltanto nell’ultimo anno hanno rinnovato il permesso di lavoro 19 mila cittadini italiani in Albania. Questo vuol dire che c’è un interesse anche da parte italiana che gli anni di lavoro svolti in Albania vengano riconosciuti per i loro effetti sulla pensione”. “Mi dispiace molto – ha continuato il Ministro – che con la legge vecchia delle pensioni in Albania e per la mancanza di un accordo con l’Italia, molti immigrati che pure hanno versato contributi per gli anni di lavoro in Albania e in Italia, non riescano a farne maturare il frutto ai fini di un giusto adeguamento della pensione”.
Godo ha poi affermato che “l’iniziativa nata dalla comunità albanese non può essere solo un’esigenza di una “fetta” del popolo dei migranti. Per questo nei prossimi tempi dovranno essere coinvolte ed informate altre comunità”. Significativa per questo la presenza di quattro associazioni sudamericane e una ucraina. Oltre al Ministro albanese, all’Ambasciatore albanese in Italia S.E. Prof. Neritan Ceka, erano presenti Inas -Cisl, il vice presidente Sante Marzottoanche, le associazioni del nord e sud italia, i due consoli Console Shpresa Shahaj e Gerarda Zheji Ballo e i media albanesi. Il senatore Micheloni, presente all’incontro, si è impegnato a portare in Senato, attraverso una mozione, il problema, per arrivare presto a dei negoziati.
Fabio Bellumore(09 ottobre 2014)
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