Un orto urbano per l’Auditorium e per i minori migranti

orto biologico Auditorium
“Un orto sul tetto della musica” è l’orto urbano installato sui giardini pensili dell’Auditorium Parco della Musica per promuovere biodiversità e integrazione. L’orto biologico è stato promosso dall’Associazione Valerio Daniel De Simoni e realizzato con la collaborazione della Fondazione Musica per Roma

Una coltura messa a dimora sopra la cultura: così è stato definito il nuovo orto urbano installato sul tetto di uno dei luoghi di aggregazione più amati della Capitale, l’Auditorium Parco della Musica. Voluto dall’Associazione Valerio Daniel De Simoni – che prende il nome dall’attivista di Greenpeace scomparso in Malawi all’età di 24 anni – e realizzato con la collaborazione della Fondazione Musica per Roma, questo spazio pubblico biologico sui generis è aperto alle visite (e alle braccia) dei cittadini tutti i giorni dalle 11 alle 18.

“L’orto dell’Auditorium è il quinto realizzato dall’Associazione Valerio Daniel De Simoni”, spiega Massimo Pasquini, responsabile ufficio stampa della Fondazione Musica per Roma e membro dell’Associazione, aggiungendo che “il primo orto biologico è stato creato a Sydney, il secondo in Malawi, dove lavorano un centinaio di persone, e altri tre qui a Roma”. Una tradizione, quella dell’agricoltura partecipata, non nuova a un’associazione che per statuto fa dell’ambientalismo e dell’aggregazione sociale un cavallo di battaglia. L’orto sul tetto della musica non fa eccezione, e, come gli altri orti, nasce da uno spirito ecologista e dalla volontà di riappropriarsi di spazi e beni comuni cui fa capo tutta la tradizione degli orti urbani romani.

urban experience
Una delle foto scattate durante la “Urban experience” di Porta Ardeatina, che ha visto protagonisti i ragazzi del centro di accoglienza Tata Giovanni

Non deve stupire, dunque, che gli strumenti agricoli e il piacere della coltivazione diventino un pretesto per qualcosa di più. Accanto al contadino novantenne ormai habitué dell’orto, i primi coltivatori sono infatti ragazzi disabili – quelli del progetto Orto e mezzo, che gestiscono l’orto ogni venerdì e hanno perfino ideato uno spaventapasseri ufficiale – o studenti provenienti da due scuole del quartiere – tra cui la Guido Alessi ben nota ai frequentatori dei corsi di italiano di Piuculture – impegnati per due anni in classe e sul campo (è il caso di dirlo) per portare avanti il progetto. E poi ci sono loro, i minori migranti del centro di primo intervento per minori Tata Giovanni di Porta Ardeatina, primi veri consumatori diretti degli ortaggi ricavati dai sei appezzamenti di terreno di cui è composto l’orto. “La collaborazione con il centro di accoglienza è nata per caso, dopo l’apertura dell’orto. Abbiamo saputo che i ragazzi avrebbero avuto piacere a collaborare al progetto e li abbiamo inseriti”, spiega Pasquini. Fino a veder nascere il proprio orto urbano, uno dei tre orti capitolini insieme a quello dell’Auditorium e quello del centro di accoglienza di via Venafro 30.

Ma i ragazzi del Tata Giovanni non sono in realtà nuovi ad iniziative sociali urbane: la scorsa settimana sono stati infatti protagonisti di una Urban Experience promossa dal giornalista Carlo Infante, creatore dei Radio-Walkshow. Esperienze di scoperta del territorio urbano con l’utilizzo di performing media, queste passeggiate sono meglio descritte “ufficialmente” come conversazioni nomadi con ascolti via radio, smartphone e web, e saranno attive su tutto il territorio romano fino al 25 febbraio. Un modo per conoscere meglio il territorio e sentirsi parte della città.

In questo clima di fermento globale, sembra quasi fantascienza che la scelta del terreno su cui impiantare l’orto sia stata così complessa: “prima di scegliere l’Auditorium abbiamo scartato altre realtà, o per questioni di orientamento del terreno, o per divieti, o ancora per la diffidenza da parte degli abitanti del quartiere verso il progetto”. E così quello dell’Auditorium, anche architettonicamente pensato per accogliere, condividere ed incontrarsi, si è rivelato ancora una volta lo spazio più adatto. Cornice per festival, mostre, installazioni permanenti o anche solo rilassante biblioteca a cielo aperto per gli studenti che passano il pomeriggio a sottolineare libri sugli scalini della cavea, oggi è anche un luogo per conoscere da vicino i prodotti della terra. Ovviamente, fra un concerto di classica e una lezione di jazz.

Veronica Adriani

(22 gennaio 2015)

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