Clandestine Integration: il Mediterraneo in un diario di bordo

Pacchia: la barca di clandestine Integration nel Mediterraneo
Pacchia: la barca di clandestine Integration nel Mediterraneo

Avevamo lasciato l’equipaggio di Clandestine Integration in procinto di partire. Dopo due mesi, l’impresa di far incontrare persone e culture che condividono il Mediterraneo da terre diverse è (quasi) compiuta. Il viaggio sta per concludersi ma non è stato proprio una Pacchia, come recita il nome della barca con cui l’equipaggio ha solcato il mare nostro da Livorno alla Sardegna passando per la Spagna, l’Algeria e la Tunisia. D’altronde si sa, andare controcorrente costa fatica e non è un’impresa per tutti.

Dopo settimane di navigazione, incontri e avventure la barca di Clandestine Integration si dirige verso le acque della Terra dei Giganti, in Sardegna. Il 29 agosto si concluderà l’esperienza per mare attraccando poco distante dalla città fenicia di Tharros. I partecipanti scopriranno, con una visita guidata, i resti dell’antica civiltà e discuteranno con l’equipaggio una nuova idea di Mediterraneo. “Cabras è la meta ideale di questo viaggio perché da sempre è un porto naturale. Nel tempo numerose popolazioni hanno scelto la penisola del Sinis per insediarsi trovando ospitalità e accoglienza”, dice Sara Meli, consigliera del comune di Cabras.

Ma il processo di integrazione clandestina non termina con l’approdo. Continuerà col racconto dell’esperienza, che ha giocato e giocherà una parte importante. Fin dal primo giorno il capitano Gabriele Di Pasquale ha redatto un diario di bordo: “La prima notte fila via abbastanza serena. Pacchia non è una barca velocissima, ma in compenso è solida e la sua presenza sicura sull’onda è decisamente rasserenante”, scrive a poche ore dalla partenza.

Giorno per giorno tutto l’equipaggio ha raccontato la routine imprevedibile della navigazione, gli incontri con la gente comune, spesso determinanti per poter proseguire l’itinerario, ma anche semplicemente i luoghi e le conseguenze della loro geografia. “Ieri siamo arrivati a Beni Ensar l’ultima città che si incontra prima di attraversare il confine con Melilla. Probabilmente è uno dei posti in cui ho percepito più tensione in tutta la mia vita. L’esperienza mi ha ricordato una frase che avevo letto recentemente in un libro intitolato Rêves de femmes di Fatema Mernissi. Parlando dei coloni francesi a Fès scrive: era possibile essere al tempo stesso depositario e prigioniero di un confine. Corrisponde perfettamente a ciò che avevo davanti agli occhi: una Melilla che si protegge dall’Africa. Ma anche l’immagine di un’Europa intollerante che diventa sempre più egoista e prigioniera dei propri pregiudizi”, così scrive Irene, spagnola, sulla città che segna due continenti.

Il diario di bordo diventerà un libro redatto a più mani e in più lingue. Sulla nave Pacchia hanno viaggiato membri dell’equipaggio provenienti da Spagna, Italia, Polonia, Algeria, Tunisia, Egitto, e tutti hanno contribuito alla stesura del diario offrendo punti di vista diversi.

Con Clandestine Integration l’idea di un Mediterraneo fatto di incontri non viaggia solo per mare, ma anche sul web con un racconto costante sui social network, e sulla terraferma con i laboratori dedicati ai bambini che hanno potuto immaginare e disegnare un mare senza barriere.

L’integrazione per Pacchia e il suo equipaggio è un viaggio di conoscenza, di scoperta e di dialogo. E non può che essere controcorrente.

Rosy D’Elia(24 agosto 2015)

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