Cittadinanza ai minori stranieri: approvata la legge alla Camera

 Ius soli Italia. Discussione della versione soft alla Camera

Il 13 ottobre 2015 la Camera ha approvato il disegno di legge con le nuove norme per la cittadinanza per i minori stranieri. I sì sono stati 310, i no 66 e gli astenuti 83. La nuova legge passa ora all’esame del senato. Un primo passo dopo anni di battaglie per far si che i figli degli stranieri, compagni di classe e di vita, dei bambini italiani abbiano gli stessi diritti e gli stessi doveri.

Il disegno  prevede l’attuazione del cosiddetto ius soli temperato, oggi potranno ottenere la cittadinanza italiana:

i bambini stranieri nati in Italia con un genitore in possesso del permesso di soggiorno Ue di lungo periodo.

Il permesso verrà rilasciato ai cittadini stranieri di paesi non appartenenti all’Unione europea solo se:

  • sono in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità;
  • hanno un reddito non inferiore all’importo annuale dell’assegno sociale;
  • hanno la disponibilità di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
  •  hanno superato un test di conoscenza della lingua italiana

La novità è che: avranno inoltre accesso alla richiesta di cittadinanza i minori stranieri o nati in Italia o entrati nel paese entro il compimento del dodicesimo anno di età e che nel nostro Paese hanno frequentato un ciclo di studi.

E’ un importante passo avanti, anche se ci sono almeno due questioni rispetto alle quali sarebbero necessarie delle modifiche come evidenziano molti di coloro che da sempre lavorano con e per i migranti:

– la prima riguarda l’assenza di una norma che consenta la semplificazione delle procedure relative alla naturalizzazione degli adulti;

– l’altra questione riguarda la previsione di uno ius soli temperato che condiziona il futuro di bambine e bambini alla situazione economica della famiglia.

Dopo l’intesa di maggioranza raggiunta in Commissione Affari costituzionali alla Camera dello scorso 4 agosto, lunedì 28 settembre è iniziata la discussione in Aula sulle modifiche alla legge n.91 del 1992 in materia di cittadinanza. Al centro dell’esame, la versione del testo base unificato della deputata Pd Marilena Fabbri.

L’iter per la cittadinanza per i bambini nati in Italia da genitori non italiani e i minorenni stranieri fa i conti con alcuni vincoli:

– Lo ius soli temperato: prevede l’obbligo di possesso per almeno uno dei due genitori dei bambini stranieri nati in Italia del permesso di soggiorno UE di lunga durata (pari a cinque anni), per cittadini di Stati non facenti parte dell’Unione europea. Non basta più disporre della residenza legale dunque: i genitori del bambino devono disporre del permesso di soggiorno a tempo indeterminato o almeno averne fatto richiesta prima della nascita del figlio. Il documento in questione può essere richiesto solo da chi possiede un permesso di soggiorno da almeno cinque anni. Alloggio idoneo, reddito minimo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e conoscenza della lingua italiana – da verificare tramite apposito test – diventano ulteriori condizioni previste per l’ottenimento della cittadinanza.

– Lo ius culturae: prevede l’obbligo di frequenza di un ciclo scolastico di almeno cinque anni. Esteso ai bambini figli di stranieri arrivati in Italia che non dispongano di un permesso di soggiorno di lungo periodo, lo ius culturae viene applicato entro il dodicesimo anno di età, a patto che sia stato portato a termine con successo un intero ciclo scolastico.Nel caso della scuola primaria, in particolare, è necessario aver superato positivamente l’ultimo anno del ciclo, pena l’attesa della successiva promozione prima della nuova richiesta per la cittadinanza.Per chi arriva dopo i dodici anni, vale il requisito della residenza legale ininterrotta di almeno sei anni.

Oggetto di contestazioni, soprattutto da parte del mondo delle associazioni promotrici della campagna L’Italia sono anch’io, i nodi restringono notevolmente il bacino dei potenziali beneficiari della riforma. Gli emendamenti avanzati da Ncd e Sc prevedono criteri discriminanti e penalizzanti in termini di redditività economica e situazione abitativa famigliare, a detta di quelle organizzazioni nazionali – Arci, Caritas, Cgil, Libera – per citarne alcune, che si battono per i diritti dei migranti e si occupano della tutela dei minori stranieri.

Isaac Tesfaye di ReteG2, presente alla conferenza alla Camera dello scorso 29 settembre, giudica un segnale positivo il confronto in corso tra partiti con sensibilità diverse. Le associazioni auspicano ulteriori miglioramenti del testo, relativamente ad alcuni punti che restano critici. A spiegarli è lo stesso Tesfaye. “Il requisito del permesso di soggiorno UE di lungo periodo rappresenta uno scoglio: ci sono casi in cui non è possibile accedere al documento, ad esempio quando si detiene un permesso di soggiorno per studio o per motivi umanitari”.Un secondo ostacolo è dato dal reddito, che deve risultare di importo almeno pari a quello dell’assegno sociale annuo di 5800 euro lordi. Per le famiglie con almeno due figli, la cifra necessaria raddoppia. “L’acquisizione della cittadinanza finisce per essere subordinata al censo. È un criterio da correggere” denuncia Tesfaye, che prosegue: ”Valutiamo altresì la richiesta di norme transitorie. Ad oggi questa legge non avrebbe efficacia retroattiva: chi, pur disponendo dei requisiti necessari previsti dalla legge, fosse oramai maggiorenne, ma arrivato in Italia prima dei diciotto anni, ne verrebbe tagliato fuori”.Un altro punto delicato riguarda le persone con disabilità psichica, alle quali è negato l’ottenimento della cittadinanza. La nuova norma prevede che sia possibile farne richiesta solo dietro dichiarazione di volontà.

“E’ una questione di buon senso, che ci auguriamo possa trovare risoluzione” concludeva, poche settimane fa, Tesfaye,ma non tutte le voci di chi lavora da anni con i migranti, sono state ascoltate.

Clara Agostini(15 ottobre 2015)

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