Italiano per adulti stranieri: le scuole del volontariato protagoniste

Per le prime scuole del volontariato in Italia per l’insegnamento dell’italiano ad adulti stranieri bisogna risalire ai primi anni ottanta: allora, a fronte della crescita del fenomeno migratorio, e del mancato adeguamento dell’offerta formativa da parte delle scuole pubbliche, l’impegno e le energie di un numero sempre maggiore di volontari si sono riversati nell’organizzazione di corsi di italiano L2, in vista di una proposta di attività più ampia e flessibile.

Venanzetti al dibattito sull'integrazione linguistica presso l'istituto in via Bixio
Augusto Venanzetti, tra i fondatori della Rete Scuolemigranti, è intervenuto venerdì 4 dicembre al dibattito in materia di integrazione linguistica, svoltosi presso l’Istituto Daniele Manin

Nella regione Lazio, la mobilitazione delle scuole del volontariato trova riscontro in alcuni dati ripresi da Augusto Venanzetti, membro di Area Scuole Popolari di FOCUS-Casa dei Diritti Sociali, fra i fondatori della rete Scuolemigranti, intervenuto venerdì 4 dicembre presso l’istituto Daniele Manin, nell’ambito di un dibattito in materia di integrazione linguistica. “Secondo le ultime cifre fornite dalla rete Scuolemigranti, Roma si fa carico stabilmente del 60% dell’offerta formativa dei corsi di italiano per adulti stranieri, intercettando 20 mila persone: di queste, 8 mila si rivolgono ai CTP – Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli adulti – delle scuole pubbliche, e quasi 12 mila al volontariato”.Nei corsi di italiano per stranieri della rete, oltre all’attività didattica suddivisa in diversi livelli, sono previste azioni interculturali, come passeggiate e visite turistiche, laboratori ricreativi, tornei di scacchi, laboratori di cucito. “Integrazione ed interazione rappresentano i fini del nostro operato. Vogliamo fornire un meccanismo di apprendimento dell’italiano che consenta agli adulti di sapersi relazionare tra loro, di inserirsi nella società, e di fruire dei servizi di base, agevolando l’ambientamento in un contesto che non si rivela particolarmente accogliente, per lo meno a livello normativo”.

Le parole di Venanzetti rimandano all’evoluzione di un iter istituzionale e amministrativo dai molteplici risvolti, all’interno del quale la creazione dei CTP nel 1997 ha costituito una tappa fondamentale. Nei Centri Territoriali Permanenti la frequenza ai corsi di lingua era funzionale ad un migliore inserimento sociale per gli stranieri, senza obblighi o scadenze in merito all’apprendimento dell’italiano. Un cambiamento di scenario si è registrato nel 2010, con l’introduzione di due decreti legislativi che hanno apportato l’obbligo della conoscenza dell’italiano, pari almeno al livello A2, per i migranti interessati ad ottenere i titoli di soggiorno. Le risposte dalle istituzioni, tuttavia, finora sono state carenti, e non sussistono tutte le necessarie condizioni per l’adempimento di tale obbligo.Dopo l’adozione dei decreti del 2010, Ministero dell’istruzione, Ministero dell’interno, Regione Lazio e Provincia di Roma hanno scelto una convergente linea di intesa con l’Ufficio scolastico regionale, promuovendo la nascita di una rete di collegamento tra soggetti ed interventi diversi per il convalidamento dei corsi di volontariato coordinati, di livello A2. Tali corsi, posti ad integrazione dei corsi già svolti nei CTP, hanno reso l’offerta formativa più ampia e diversificata, ma ancora insufficiente. “La domanda totale inespressa si aggira attorno alle 30 mila persone. Sono ancora molti gli stranieri che incontrano difficoltà nell’accesso ai corsi, a causa di orari, motivi di lavoro, condizioni di viaggio e di trasporto, e situazione abitativa” ha denunciato Venanzetti, sottolineando, inoltre, che “anche la consistente presenza di rifugiati e richiedenti protezione internazionale, esentati dall’obbligo di dimostrare la conoscenza della lingua, spiega la riduzione del numero dei corsi di livello A2”.Nel 2012, l’istituzione dei CPIA – Centri per l’istruzione degli adulti, risultato dell’accorpamento di più CTP sancito dalla legge 126 del DPR 263/2012, è stata accompagnata da un cambio dei dirigenti e del direttore dell’Ufficio scolastico regionale. L’atto normativo guarda al livello medio di istruzione della popolazione adulta italiana e straniera in Italia, che conta 29 milioni di cittadini sprovvisti di diploma di scuola media superiore. La legge mira a fronteggiare situazioni quali la dispersione scolastica, la disoccupazione giovanile, l’analfabetismo di ritorno, la scarsità di conoscenze e competenze in campo informatico, sulla base di tre obiettivi: l’alfabetizzazione; il riconoscimento del primo livello di titolo di studio, corrispondente alla scuola media; la copertura delle conoscenze di base da biennio di scuola superiore ed il conseguimento del relativo diploma.Grazie ai CPIA, l’offerta formativa è stata ampliata, con la promozione di una formazione verticalizzata, che proceda dall’alfabetizzazione al diploma, attraverso il ruolo degli istituti serali, incardinati negli istituti superiori. Sui 126 CPIA presenti in Italia, il Lazio ne annovera dodici per il corrente anno scolastico. A livello territoriale, resta il nodo della loro non pubblicizzazione in fase di avvio tra la fascia di adulti: “E’ così venuto meno un sostegno a categorie di persone quali cassa integrati e disoccupati, anche italiani” ha spiegato Gianna Renzini, preside del 5°CPIA di Roma.convegno integrazione linguistica della Casa dei Diritti Sociali venerdì 4 dicembre

La varietà dei bisogni di coloro che si rivolgono ai corsi di italiano impone piani di intervento su misura da parte delle scuole, secondo i termini esplicitati da Giuseppe Fusacchia del MIUR: “Serve maggiore flessibilità, in funzione di un approccio diversificato che preveda l’aggiornamento dell’impianto valutativo e la personalizzazione dei curricula”. Modalità, queste, che possono essere inquadrate nell’ambito della risoluzione di una situazione sempre più diffusa. “Immigrati analfabeti, appena giunti in Italia, che necessitano di corsi di livello A0, si ritrovano insieme a laureati dotati di alte conoscenze e competenze linguistiche e professionali, ma alle prese con il calvario del riconoscimento dei titoli di studio in Italia, per il quale sono richiesti molto tempo e denaro”.

I corsi coordinati di italiano del livello A2 reclamano una gestione all’insegna della collaborazione tra scuola ed associazioni di volontariato. Nonostante le larghe fila di utenti stranieri registrate da queste ultime, “le logiche programmatiche vanno stabilite a livello territoriale. La scuola rappresenta un bacino di prevenzione, mediante cui, grazie ad un sistema di servizi integrati, si forniscano risposte circolari a bisogni diversi, nell’ambito della sanità, del sociale e del lavoro”.Stando alle cifre della Fondazione Ismu, elaborate su dati del MIUR, nel nostro Paese si contano circa 810 mila studenti stranieri: nulla, meglio di questo numero, spiega quale patrimonio di linfa vitale l’Italia abbia tra le mani.

Clara Agostini(9 dicembre 2015)

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