Mancini: piazza della discordia, la doppia voce degli italiani

I giardini di piazza Mancini
I giardini di piazza Mancini

Piazza Mancini è terra di nessuno” esordisce Paolo della libreria Koob di via Poletti, a metà strada fra l’imponenza del Maxxi e l’informalità della piazza; e su Mancini se ne sentono tante. La percezione che ne hanno e i racconti che ne fanno gli italiani che le gravitano intorno sono agli antipodi, tanto da avere l’impressione che non si stia parlando dello stesso luogo.

La spiegazione la dà Paolo “c’è una visione e un’idea politica dietro” e la sua è chiara: da sette anni che lavora nella libreria non ha avuto nessun tipo di problema con le comunità straniere che frequentano la piazza “ogni tanto qualcuno viene a chiedere l’elemosina, ma casi di violenza non ne ho mai visti”. I residenti però si lamentano. Paolo dice che dal 2012, quando c’è stata una mobilitazione dei residenti, il problema principale di allora, gli ubriaconi, è andato via via scomparendo.
Ad oggi la vera questione -riscontrabile in gran parte delle realtà cittadine crocevia degli spostamenti urbani- è il decoro, la pulizia, l’illuminazione e “la causa non sono gli stranieri” e aggiunge “se noi italiani siamo i primi a non avere cura del nostro territorio come possiamo pretendere che il primo passo lo facciano gli altri?”

La pulizia dei giardini, per buona parte è, in seguito ad accordi presi con il municipio, compito del chiosco al centro della piazza che si occupa della anche del taglio dell’erba. Pino, che dal 2012 ha preso in gestione “La birretta” afferma “siamo in trincea” e anche lui pronuncia, mentre impasta e pesa con cura le porzioni di pane da infornare, la formula “terra di nessuno”. Racconta che negli anni ’90 sono arrivati i filippini, poi i sudamericani che si sono appropriati di una piazza in stato di abbandono e incuria; non è stata la loro presenza a impedire o scoraggiare la frequentazione e la vivibilità di piazza Mancini per i residenti.
I gestori precedenti de La birretta “si sono fatti la guerra con la comunità latina” prosegue Pino continuando ad impastare “io non ne ho motivo, abbiamo un rapporto di buon vicinato” di fatti come esce dalla cucina viene salutato a gran voce dai ragazzi con l’appellativo “zio”.

"La birretta" di Piazza Mancini e dietro il bancone Pino, il gestore
“La birretta” di Piazza Mancini e dietro il bancone Pino, il gestore

Il principale punto dolente che riassume il malcontento generale è l’assenza di servizi igienico sanitari adeguati: spesso la piazza e i giardini in particolare si trasformano in un orinatoio, e a volte non solo, a cielo aperto. Sono stati predisposti dal Comune dei bagni a pagamento, 1 euro, poco praticabili per la tipologia dei frequentatori della piazza; sono stati richiesti i più accessibili bagni chimici ma nulla.

Gli autisti dei capolinea degli autobus di piazza Mancini anche nei pochi minuti in cui sono di passaggio notano che “gli stranieri si ubriacano, fanno i bisogni in giro e scatenano risse, ma sempre fra di loro” precisano.
Anche all’edicola “i rapporti sono problematici e la situazione negli anni non è migliorata anche a causa dell’età dei residenti. Sono in media over 60 e non prendono iniziative”.
Lorenzo, del negozio di cellulari, aggiunge che le persone del quartiere si lamentano per la presenza degli stranieri “anche se stessero zitti e buoni da una parte si lamenterebbero comunque, a prescindere, solo perché stanno qui”.

Franco, del negozio di computer, pur non avendo mai avuto problemi diretti con i ragazzi delle comunità straniere di piazza Mancini manifesta un senso di ingiustizia per le vessazioni economiche e burocratiche cui sono sottoposti gli italiani “dovrebbero imporgli la regolarità e la legalità, dovrebbero adeguarsi nel modus operandi loro a noi e non il contrario”.

I pani sono impastati, pesati e lievitai e Pino svela il suo segreto per il buon vicinato, una parola d’ordine: “comunicazione”.

(22 marzo 2016)

Francesca Bufacchi

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