Quaranta le associazioni e più di cento gli artisti presenti in prima linea alla manifestazione Diritti in transito, svoltasi nei locali dell’ex Dogana del quartiere romano San Lorenzo dal 15 al 17 aprile. Numeri, questi, che testimoniano la cospicua presenza del mondo della cultura all’iniziativa organizzata dal Municipio II della capitale. Esperti, attivisti ed artisti hanno messo in campo un mix di impegno ed energie, offrendo contributi personali in termini di talento e di proposte, messi a disposizione del bene comune. Performance teatrali e musicali, mostre e dibattiti hanno animato l’evento secondo un fine ben preciso, come chiarito dall’assessore alla cultura Agnese Micozzi, in occasione della conferenza di inaugurazione: “Diritti in transito vuole richiamare l’attenzione pubblica sui temi legati alla conoscenza dei diritti umani, dell’inclusione sociale e della legalità attraverso la cultura“.

L’importanza delle tematiche in questione ha trovato spiegazione sin dall’affondo del giornalista Stefano Galieni contro l’Europa dei muri. Dopo quelli costruiti in Bulgaria, Ungheria, Macedonia, Galieni ha ricordato la comparsa dell’ultimo in ordine di tempo, che si sta erigendo in prossimità del Brennero, al confine tra Austria ed Italia. La denuncia del giornalista rivolta all’Unione Europea si acuisce in considerazione dell’accordo siglato da poco con la Turchia sulla gestione dei migranti. “Il mondo dell’informazione non sempre riporta i fatti nella loro realtà, come sta avvenendo nel resoconto di un patto che è all’origine di un mercato di persone. Le condizioni di base prevedono che l’Europa si prenda in carico un richiedente asilo avente il diritto a trovarvi rifugio, come può valere per un siriano; in cambio, la Turchia è tenuta ad occuparsi di un pakistano, o un egiziano, un afghano, un bangladese, un nigeriano, che arrivano da paesi da dove la fuga non è valutata negli stessi termini. Ma possono Pakistan, Egitto, Niger e tutti gli altri dirsi paesi tranquilli e sicuri?”. Secondo i termini dell’accordo, dei 6 miliardi di euro che verranno stanziati dall’Unione europea l’Italia è chiamata a versare una cifra iniziale pari a 280 milioni. “Così l’Unione europea spera di riuscire a tener lontani i due milioni e 300 mila profughi oggi in Turchia. Sono state presentate come quote destinate ad interventi di supporto da parte della Turchia alle persone rifugiate, e funzionali al loro rimpatrio, nella pseudo convinzione che il paese agisca nel rispetto dei diritti umani. Ma può la Turchia, a fronte delle violenze contro i curdi e contro i detenuti politici messe in atto dal suo governo, essere considerata uno stato che garantisce la tutela dei diritti?”. Lo stesso accordo suona altresì in termini di truffa, a detta sempre di Galieni, perché potranno essere salvate circa 72 mila persone. “Una cifra simile è calibrata sull’arrivo di profughi in sole tre settimane. E passate queste, cosa accadrà?”

Sdegno e riprovazione hanno contraddistinto anche il successivo intervento di Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International, che nella sua analisi dello scenario geopolitico odierno si è soffermato sulla gravità di talune situazioni di violenza e di negazione dei diritti umani nel mondo. Circa quaranta risultano i conflitti in corso, ed oltre trenta i paesi alle prese con casi di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, alimentati in buona parte da quel razzismo oggi sempre più diffuso anche nel contesto a noi più vicino. “In Europa si sta verificando un oscuramento del valore della diversità di etnie e culture, di cui stati come l’Italia, favorita dalla sua collocazione al centro del Mediterraneo, avrebbero potuto godere. Il crollo morale dell’Europa si è trasformato nell’annullamento di alcuni principi fondanti del diritto internazionale, il diritto all’accoglienza fra tutti”. Nonostante un quadro così buio, Rufini vuole conservare un margine di speranza, per il quale si è richiamato ad alcuni episodi di cronaca recenti. “C’è luce in quei giovani europei che si sono buttati sulle spiagge di Lesbo, ad Idomeni e a Lampedusa per raccogliere i naufraghi, ed in quelli che si sono fatti arrestare pur di dare un passaggio ad un rifugiato, così da permettergli di continuare il viaggio in Europa; ed ancora, c’è luce in quei cittadini che hanno portato cibo e vestiti ai profughi sistemati nei pressi della stazione Tiburtina a Roma, così come negli uomini della Marina Militare e della Guardia Costiera che si adoperano nel salvataggio di persone in mare”. Rufini ha applaudito gli sforzi della società civile, sulla scia di un rinato interesse per i diritti umani, ricordando che “la loro tutela deve valere per chiunque nel mondo. La lotta quotidiana di ognuno di noi per l’affermazione dei diritti si trasforma anche nella difesa dei diritti di quei rifugiati che oggi vengono respinti alle porte del continente”.
Le parole di Galieni e Rufini sono state avvalorate dal quadro oggettivo aggiornato sul fenomeno delle migrazioni forzate e degli arrivi di profughi in Europa, fornito da Bruno Cadispoti del CIR. Stando alle rilevazioni di UNHCR, a fine 2014 si sono calcolati 60 milioni di persone sfollate, in fuga da guerre, persecuzioni e violenze di varia natura. Cadispoti ha sottolineato come si sia trattato “per la maggior parte di sfollati interni, che restano nel paese in cui vivono, rischiando la propria incolumità e le proprie libertà”. E soltanto un milione e mezzo di persone, ha trovato rifugio in Europa; tra questi, l’Italia ha contato 67 mila rifugiati. L’analisi di Cadispoti si è estesa ai numeri di Eurostat relativi alle domande di protezione internazionale registrate nel 2015: quasi 1 milione e 300 mila quelle trasmesse nell’Unione europea, in netto rialzo rispetto alle 625 mila dell’anno precedente. La classifica dei paesi europei con la quota maggiore di domande ha visto la Germania al primo posto, con il 36% di richieste pervenute, mentre il corrispondente dato italiano si è fermato al 6%. I numeri sulle domande di protezione internazionale danno adito a sconcerto e allarmismi ulteriori a fronte della loro non consonanza con quelli degli arrivi ai confini del continente, segnalati dall’agenzia Frontex per il 2015. Circa 1,8 milioni di persone sono giunte in Europa, nel 33% dei casi di provenienza siriana. Oltre un milione degli arrivi è avvenuto via mare, attraverso la duplice rotta del Mediterraneo centrale ed orientale. Nei primi tre mesi del 2016, si sono toccati 170 mila arrivi, e il distacco dai 23 mila registrati nello stesso periodo del 2014 rivela la portata effettiva del fenomeno dei flussi migratori dei tempi più recenti, reso più grave dall’esame delle cifre dell’OIM sulle morti avvenute lungo le rotte migratorie: 5350 quelle relative alle morti di migranti e rifugiati nel mondo a fine 2015, 3770 delle quali in Europa. “Dal 2000 al 2014, in mare sono morte 22 mila persone” ha concluso Cadispoti.
La vergogna dell’Europa è sotto i nostri occhi, come attestano alcuni fatti di cronaca e di politica europee degli ultimi tempi. Un’azione di contrasto a forme di negazione dei diritti è stata acclamata a gran voce all’interno della manifestazione capitolina, nell’augurio che l’interesse e la sensibilità comuni verso le tematiche proposte attraversino la sfera individuale di ogni cittadino, e lo indirizzino ad un attivismo di dimensione più ampia.
Positivo il bilancio della manifestazione Diritti in transito secondo l’assessore Micozzi, che accenna agli scenari futuri. “Abbiamo in programma un incontro il prossimo 4 maggio con tutte le realtà culturali che vi hanno aderito. Speriamo di proseguire questo percorso di conoscenza e condivisione, così da tener viva la rete non solo virtuale, ma anche concreta, costruita in questa occasione. La voglia di mettersi in gioco mostrata dai partecipanti mi porta a dire che per noi sia stata una sfida vinta”.
Clara Agostini(20 aprile 2016).
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