Aspettando la Festa dei popoli: il cajon torna a vibrare al’ex Snia

A via Prenestina 193, sul campo da basket del Parco delle energie, si sente un suono di percussioni al posto del rumore della palla. É il Jolgorio de cajones che, diretto in spagnolo da Fernando Delgado, fa le prove generali in vista della XXV edizione della Festa dei popoli che si svolgerà il 15 maggio a piazza San Giovanni.

Il nome del gruppo significa festicciola, festa allegra. “E’ proprio quello che cerchiamo di fare – spiega Fernando, soprannominato el Taita che in quechua vuol dire “capo, papà, padrone”, così era chiamato in lingua indigena il capo dell’azienda agricola.

Nato in occasione del flash mob del 19 luglio dello scorso anno, organizzato dal consolato peruviano a Roma, i membri del Jolgorio si incontrano ogni sabato in quello stesso spazio e sono ormai soprattutto un gruppo di amici. Robinson Beltram, Maria Elena Rea, Juan Sandoval e Patricia Paredes sono solo quattro degli otto studenti di Fernando: tutti peruviani arrivati in Italia chi da poco, chi da molto, e tutti alle prime armi prima di incontrare el taita. Fa eccezione una signora australiana, che però è sposata con un afro-peruviano e che conosce molto bene quella cultura.

Nato come mezzo di comunicazione tra gli schiavi neri portati dagli spagnoli e solo successivamente trasformato in strumento musicale, il cajon è stato per molto tempo sconosciuto ai più.

“Gli schiavi non potevano parlare, quindi per comunicare si servivano di casse di frutta su cui battevano un numero di colpi a seconda del messaggio da trasmettere: se dovevano avvisare che arrivava il padrone battevano due colpi per esempio” dice Fernando e aggiunge “Solo nelle colonie di Chincha e Ica si facevano ancora esibizioni di cajon in piazze e ristoranti ma dopo che un peruviano esperto di musica de cajon da generazioni gli ha dedicato il festival di Lima lo strumento si è diffuso nel resto del Paese e successivamente del mondo. Ora anche a Roma è possibile trovarlo nei negozi di musica”.

Fernando ha iniziato nel 1998 ad avvicinarsi a questo strumento e ad appassionarsi alla storia che vi è dietro. “Il cajon mi ha chiamato perché è un misto di danza, ritmo, cultura”- afferma, emozionato. Ballerino di danze folcloriche, dopo aver appreso la danza afro-peruviana, ha voluto imparare anche a suonarla. “Nelle mie lezioni io ballo per far capire anche ai miei studenti come mi devono accompagnare”.

Non solo, ma è diventato anche un costruttore di cajon: due degli strumenti dei suoi allievi li ha fatti lui con legno e compensato. “Uno di questi – spiega – ha una cordiera interna per dare un suono flamenco. Sono tutti di materiali e forme diversi e per questo emettono suoni differenti” e aggiunge che il cajon originariamente era senza le corde che sono state aggiunte in seguito per dare più vibrazione, per altri ritmi.

Anche Robinson, uno dei suonatori, viene dal Perù ma ha imparato ad usare il cajon solo con Fernando. Lo aveva avuto sempre a casa ma la sua famiglia lo usava come sedia o ci appoggiava i fiori. Un giorno ha preso quello di un suo amico, italiano paradossalnente, e ha deciso di “far fare una vita da cajon al suo cajon”.

Per lo spettacolo del 15 è previsto un circle drum. Gli organizzatori vorrebbero far conoscere alle persone la storia del cajon e insegnare a suonarlo. “Per questo è prevista una perfomance base, per principianti, strutturata su tre ritmi: Zamacueca, Son de los diablos, Festejo”. I componenti del gruppo si trasformeranno in maestri e selezionatori dei partecipanti migliori, che saranno chiamati ad esibirsi in un secondo momento con loro sul palco.

foto di Edoardo Russi e Alessandro Sgroi

Elena Fratini

(12/05/2016)

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