Josefa, tra Angola e Italia, racconta vantaggi e svantaggi dell’essere migrante

Josefa

“Nella mia mente sono già una italiana” racconta Josefa, una ragazza angolana,  è il decimo anno che si trova in Italia. All’inizio è venuta con tutta la famiglia, poi nel 2010, al termine del lavoro di sua madre, i suoi famigliari sono tornati nel paese d’origine, e lei, per poter avere un migliore percorso di studi, è rimasta da sola in Italia.

Il processo di integrazione. Con la stessa religione, stessi costumi e tradizioni di provenienza, Josefa non trova difficoltà ad integrarsi nella società italiana. “Ci sono tante cose in comune fra le due culture, per esempio il rapporto tra genitori e figli del sud Italia è simile a quella del mio paese, tutti noi siamo molto legati alla famiglia”. Anche se adesso è lontana da casa, e la mamma non le telefona molto spesso, sa sempre se succede qualcosa, è sempre vicino a lei.

Come per gran parte degli immigrati, la lingua è stato il primo ostacolo anche per Josefa. Nonostante sia madrelingua portoghese, una lingua neolatina, ci sono voluti comunque 5 anni per superare la difficoltà di comunicare. Josefa si è abituata anche al cibo italiano, però c’è una cosa che proprio non riesce ad accettare, il risotto! ”Gli italiani non cucinano bene il riso”, dice Josefa.

La vita universitaria. Quando parla degli studi universitari, dice che nel suo paese l’università si affronta in modo diverso. ”In Angola, studiamo sempre in gruppo, gli amici ti aiutano a recuperare i corsi, prepariamo insieme gli esami, ma in Italia, sembra che la gente sia più propensa all’individualità. Però i compagni di classe mi trattano bene e i miei amici italiani hanno nel mio cuore lo stesso posto dei miei amici dell’Angola’’.

Il problema della cittadinanza. Oltre al cibo, alla lingua, all’università, c’è una questione che la disturba: la richiesta della cittadinanza. “A maggio si compiono proprio i 10 anni di residenza previsti dalla Costituzione italiana per l’acquisizione della cittadinanza. Però non la posso richiedere perché la stessa legge prevede anche 2 o 3 anni di contributi allo Stato, e purtroppo nessuno dei miei datori di lavoro mi ha mai sottoscritto un contratto regolare”.

Per il futuro. “Fare esperienza di due culture per me è un vantaggio” dice Josefa, ”perché posso parlare due lingue, sono più competitiva nel mondo del lavoro sia in Italia che in Angola”, e anche il bilinguismo la aiuta ad ampliare la sua visione sul mondo, le permette di avere una mentalità più aperta.Vorrei tornare a lavorare nel mio paese ma mi piacerebbe passare tutte le vacanze in Italia.

A sentir parlare Josefa sembra che abbia un conto aperto con entrambi i paesi: “in realtà mi sento sempre sola ma non solo perché sono lontana da casa, anche quando mi trovo in Angola sento nostalgia dell’Italia, a quanto pare la mancanza di appartenenza è una situazione ‘congenita’ di tutti i viaggiatori”.

Naiqian Wang

(5 giugno 2016)