Migranti e corridoi umanitari, una realtà che funziona


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Un’altra strada, alternativa ai barconi dei trafficanti è possibile. Grazie al progetto dei corridoi umanitari altri 81 profughi, per lo più siriani dal Libano, sono arrivati a Roma il 16 giugno.

Il quarto gruppo di rifugiati che ha raggiunto l’Italia senza rischiare la vita sui gommoni degli scafisti è composto da trenta bambini, due con handicap gravi, e 51 adulti. Sono sbarcati muniti di visto e regolare richiesta di asilo al Terminal 5 dell’aeroporto di Fiumicino provenienti da Beirut e da oggi saranno ospiti di famiglie, gruppi e associazioni sparsi per l’Italia.

E proprio da lì, dal Terminal 5 è arrivato anche l’appello ai Governi dell’Europa. “C’è fretta di adottare questo modello positivo, di pace, che salva vite umane. Abbiamo dimostrato che si può fare, quindi facciamolo anche in altri paesi europei”. E’ il messaggio lanciato dai promotori del progetto, nato da un accordo tra governo italiano, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e Tavola valdese, che a oggi ha portato quasi 300 profughi in Italia per un totale di un migliaio, previsto in due anni. I profughi sono scelti in base a un criterio di vulnerabilità: per lo più si tratta di famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, persone con disabilità.

L’iniziativa è totalmente autofinanziata dai promotori del progetto  che si impegnano anche in progetti di integrazione e come spiega Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, “attualmente, per esempio, tutti i bambini giunti in Italia vanno a scuola”.

I nuovi arrivati andranno in Toscana, Lazio, Piemonte, Liguria, Lombardia, Campania e Puglia. Inoltre, cinque di loro saranno accolti dalla Repubblica di San Marino, primo Stato, dopo l’Italia, ad aderire al progetto dei corridoi umanitari. “Dicono che bisogna aiutarvi a casa vostra, ma finché non c’è sicurezza questa, in questo momento, è casa vostra”, ha voluto sottolineare Paolo Naso, in rappresentanza della FCEI e della Tavola Valdese. “Istituzioni e chiese, ecumenicamente, hanno indicato all’Europa una via da intraprendere, una prassi da replicare – ha concluso Naso -, noi diciamo ‘si può fare!”.

Un progetto che pian piano sta crescendo e si sta facendo notare fino al punto che, come ha assicurato Mario Giro, viceministro degli Esteri, “il prossimo 21 giugno l’Italia presenterà il progetto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Questo modello ci educa ad affrontare la crisi dei rifugiati in modo ragionevole, sereno, sicuro e rispettoso dei diritti di tutti. C’è molto rispetto per quello che l’Italia sta facendo nel Mar Mediterraneo e questo ci rende orgogliosi”, ha concluso il viceministro degli Esteri.

Anche la Comunità di Sant’Egidio ha voluto sottolineare che i corridoi umanitari “ormai non sono più un esperimento, ma una realtà concreta che consente a persone che scappano non solo dalla guerra ma anche dai trafficanti di esseri umani e dai pericolosi “viaggi della morte” in “condizioni di vulnerabilità” di arrivare, in tutta sicurezza e legalmente, in Italia senza rischiare la propria vita nel Mediterraneo.”

Un futuro incerto e un destino amaro attende chi è costretto ad abbandonare la propria casa per fuggire dalla guerra, condiviso, purtroppo, da quasi la metà della popolazione siriana: su 24 milioni di abitanti, infatti, ben 11 hanno dovuto trovare rifugio altrove, spesso all’estero. Destino che però adesso, grazie al progetto dei corridoi umanitari, sarà sicuramente  più fortunato di quello toccato alle migliaia di siriani che hanno scelto di affrontare il mare in un viaggio che è una lotteria e con il quale arrivano, e non sempre, nudi e privati di tutto, sulle coste europee. Qui, si parte con la valigia. Importante perché dentro ognuna, non lo dimentichiamo, c’è una storia.

 

Cristina Diaz
(21/06/2016)

 

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