Il Ramadan è il mese più sacro per i musulmani, un periodo essenziale per il rinnovamento psicofisico dei fedeli. Quest’anno il mese sacro è iniziato il 6 giugno e si è concluso il 5 luglio, sono stati 30 giorni di grande importanza per la maturità dell’individuo, un momento di fratellanza, di condivisione con i famigliari e con la comunità.
Il Ramadan non è solo la “rinuncia del cibo”, è anche e soprattutto l’attesa della rottura del digiuno che avviene al tramonto, e il pasto tanto desiderato, Iftar, è una vera e propria magia. L ‘iftar a casa è sicuramente un momento di coesione, un’occasione di cena di famiglia, ed il Ramadan permette questa riunione. L’Iftar alla moschea invece è un ottimo pretesto per incontrare gli amici, i conoscenti, i vicini che non si vedono da tempo. “Il bello dell’Iftar è che c’è una gratificazione fisica perché mangi dopo tutto il giorno, quella mentale perché sei riuscito a sopportare la fame per l’amore verso il Signore, e questo mi dà una fiducia in più delle mie capacità”, spiega un fedele mentre attende l’adhan del tramonto, il richiamo alla preghiera, che annuncia anche la fine del digiuno.
E’ il 27° giorno del Ramadan, sabato 2 luglio, e alla moschea di Centocelle la rottura del digiuno avviene con i datteri e un bicchiere di latte. Giusto qualche minuto e poi subito si inizia con l’orazione del tramonto, il Maghrib, la quarta delle cinque preghiere giornaliere obbligatorie. E mentre gli adulti sono concentrati e disciplinati ad ascoltare la recitazione dell’Imam, i bambini dietro le file dei fedeli giocano, bevono il latte, mangiano i datteri rimasti, e per loro è un momento di festa.
Finita la preghiera qualcuno se ne va, ma alcuni rimangono perché c’è anche la cena, e il menù di oggi è composto da una zuppa, le melanzane con mozzarella e un riso tipico siriano con il pollo. Alcuni poi portano anche qualcosa da casa per condividere con gli altri e alla fine questo iftar si trasforma in una grande cena multietnica, poiché i fedeli sono di diverse nazionalità.
Mentre si mangia si chiacchiera, si condivide e si apprende, come in una cena tradizionale con la famiglia, solo che questa volta “la famiglia” è più numerosa e si frequenta da 30 giorni. Al di là dell’importanza spirituale di questo mese, l’Iftar è una ottima pratica di socializzazione, di unione. E visto i tempi, di che cosa abbiamo più bisogno se non di unità?
Nibir M. Rahman
(6 luglio 2016)
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