Dal 2006 il SaMiFo ,Salute Migranti Forzati, si dedica all’assistenza medica di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria. Il 26 ottobre presso la Sala del Commendatore è stato presentato il primo volume dei “Quaderni del SaMiFo” dedicato alle donne migranti. La struttura sanitaria, che si trova a Roma in via Luttazzi 8, offre un’assistenza temporanea di 24 mesi con il fine di incidere favorevolmente nell’integrazione sociale della persona.
Il 20-30% circa degli utenti del centro negli ultimi 10 anni è vittima di violenza. Il dottor Giancarlo Santone è psichiatra e coordinatore del SaMiFo.“ Le violenze che hanno subito i nostri pazienti sono varie ed estreme come l’abuso sessuale, la schiavitù ancora praticata in Mauritania, i conflitti locali o anche le persecuzioni. C’è chi è stato torturato per essere omosessuale. Una persona vittima di tortura, non assistita può peggiorare. I sintomi si ripetono nel tempo e questo può portare a una modificazione permanente della personalità. Le conseguenze delle violenze sono molteplici sia sull’aspetto fisico e psichico ma anche sulla vita riproduttiva”. Il dottore spiega inoltre che anche la politica del respingimento può risultare una violenza. Tra i pazienti del centro c’è un ragazzo afghano tornato in Italia da poco. Diniegato in Norvegia, fa ricorso ma non viene accolto. Scappa e viene in Italia. Fa domanda di asilo e gli viene riconosciuto. Per anni ha vissuto in Norvegia perché i tempi fra domanda di asilo e ricorso sono stati lunghi. Vi rientra un anno e mezzo fa per recuperare le sue cose. Sceso dall’aereo viene arrestato e per 15 mesi rinchiuso in un centro di espulsione. Una prigione. Credevano che il titolo di viaggio fosse falso. Tornato in Italia oltre ad avere già diversi sintomi, presentava un’alopecia molto forte.
Un altro importante aspetto riguarda gli incontri con la commissione per il riconoscimento della protezione internazionale, che possono risultare non facili. Ci sono stati casi di persone che hanno avuto episodi dissociativi rievocando la propria storia durante il colloquio. Il dottor Santone specifica che tempi giuridici e tempi di cura a volte non coincidono e che all’interno del SaMiFo si assiste la persona ma non si lavora in funzione della Commissione, alla quale il personale medico comunque segnala lo stato di salute del richiedente.
Ascoltare storie terribili e non essere in grado di gestirle anche emotivamente diventa uno stress e si rischia di avere gli stessi sintomi del paziente. “Noi, personale della struttura, il 19 ottobre iniziamo un percorso di 8 settimane di tecniche di gestione dello stress. Come fare a gestirlo, tutelandoci rispetto agli effetti secondari del nostro lavoro”.
Fiore all’occhiello della struttura sanitaria è il servizio di mediazione che risulta essere fondamentale nella comprensione linguistica e culturale. Lo psichiatra spiega che il paziente può scegliere un mediatore o una mediatrice, del proprio paese o anche italiano e precisa che spesso c’è il timore che il mediatore appartenga a un’etnia o a un gruppo politico avversi, che riferisca all’ambasciata, che danneggi la famiglia rimasta nel proprio paese dando informazioni personali. La diffidenza è il punto di partenza della relazione terapeutica.
Anche la dottoressa Silvana Patricelli, ginecologa del centro, sottolinea l’importanza della mediazione.”La visita ginecologica merita una particolare attenzione e rispetto per la persona. È necessario comprendere cosa significa per quella donna una visita. Molte non l’hanno neanche mai fatta. Ci vuole cautela.” La dottoressa spiega che le pazienti sono donne vittime di tortura, matrimoni forzati,tante sessualmente abusate non solo nel loro paese ma anche qui. Molte hanno una grandissima preoccupazione di aver contratto malattie a trasmissione sessuale, altrettante vogliono sapere se hanno mantenuto la fertilità. “Diamo loro la possibilità di eseguire dei test di controllo, cerchiamo di capire se sono pronte per essere sottoposte a una visita ginecologica. Riscontriamo spesso mutilazioni di vario grado. Dalla circoncisione che comporta una alterazione contenuta dell’anatomia dei genitali a forme di infibulazione più drammatiche. Tra le conseguenze della pratica ci sono mestruazioni dolorose, difficoltà nel parto, a urinare e nei rapporti sessuali. Alcune hanno l’impossibilità finché non si pratica la riapertura”. La ginecologa continua illustrando le complicazioni relative al parto e spiega che la soluzione è il cesareo a meno che non ci sia il tempo per la deinfibulazione cioè una plastica ricostruttiva dei genitali. “La ragazza infibulata è accettata socialmente e giudicata adatta al matrimonio e ai figli. La donna non infibulata ha avuto la possibilità di avere rapporti con chi voleva, quindi proporre una deinfibulazione è complesso dal punto di vista culturale. La preoccupazione della donna di non essere più accettata dalla comunità è più che legittima. Spesso al momento dell’intervento ci ripensano”. Anche la figura del marito “padrone” fa parte di questo percorso. Spesso affrontare l’argomento della contraccezione risulta impossibile. Lo staff del centro sta lavorando sulle tavole del SaMIFo: si tratta di tavole rigide, disegnate in modo che si possa spiegare, e parlare di tutto il percorso fisiologico così che la donna possa capire se ha determinati sintomi o difficoltà. Entro l’anno saranno pronte.
Sara Gomida
(24 ottobre 2016)
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