Sarra Labib giurata al Medfilm festival, mediterranea meticcia

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A breve partirà la XXII edizione del Med Film festival: il festival del Mediterraneo che promuove il dialogo interculturale si terrà a Roma dal 4 al 12 novembre. Piuculture anche quest’anno partecipa con sei giurati di origine straniera appassionati di cinema. Tra loro c’è Sarra Labib, nata nel 1989 a Roma, al Pigneto, da genitori egiziani copti. Il suo quartiere già in quegli anni registrava un’alta presenza straniera e Sarra sin dalle elementari si è sentita accolta e assolutamente uguale agli altri. Nella sua classe delle medie c’erano ragazzi albanesi, peruviani, bangladesi: la multiculturalità era di casa e ben gestita dal sistema scolastico che organizzava eventi, come pranzi multietnici, per facilitare l’inclusione. “A casa si parlava in arabo, i miei genitori non mi potevano aiutare a fare i compiti e allora andavo ad un doposcuola organizzato da Sant’Egidio dove ragazzi più grandi ci aiutavano con le attività. Anche lì erano tutti stranieri, era normale per me”.

I suoi genitori sono arrivati in Italia 30 anni fa. Suo padre gestiva una pizzeria. La mamma lo aiutava ma non voleva stare in Italia e le ricordava costantemente le radici egiziane: “Fino ai sedici anni non potevo andare al cinema, uscire la sera, fare molte cose che facevano i miei coetanei italiani. Mi sono dovuta ribellare, ma col tempo ho capito che questa rigidità mi ha aiutato ad avere un occhio critico verso la cultura occidentale. Mi sento italiana, perché lo sono- dice ridendo- ma non posso scindere le due dimensioni, anche quella araba è molto forte”. Proprio per questa sua doppia appartenenza, alla triennale si iscrive alla Facoltà di studi Orientali alla Sapienza: “Volevo riconnettermi con la mia cultura di origine. Sapevo parlare l’arabo ma non scriverlo”. Ogni due estati andava per tre mesi in vacanza al Cairo con la madre e la sorella ma “mi sembrava sempre di non conoscerla, per quanto leggessi, mi informassi, mi mancava sempre qualcosa. Ogni volta che andavo lì mi sembrava un Paese allo sbaraglio, mi dispiaceva non riuscire a capire la mente e le dinamiche che erano sotto le politiche di un Egitto che da grande stato sembrava cadere sempre più in basso”.Si laurea perciò con una tesi sulle “testate giornalistiche sulla rivoluzione” nel 2011, ma per fuggire dall’interpretariato e dalla ricerca accademica, unici sbocchi possibili a Roma, si iscrive alla specialistica di scienze politiche e diritti umani presso l’università di Padova. “Volevo avere strumenti internazionali e di diritto da applicare anche al Nord Africa”. Successivamente, grazie all’università, approda in Tunisia, per cinque mesi, a Cartagine dove frequenta scienze giuridiche, una facoltà nata dopo la rivoluzione con una forte impostazione accademica. Entra in contatto con molti attivisti delusi dall’esito della rivoluzione: “gente giovane che era stata in carcere per essere scesa in piazza”, e inevitabilmente anche con la loro disillusione. Appassionatasi alle tematiche legate all’agricoltura e all’approvvigionamento idrico presenta un progetto al Covspe, con cui ha collaborato per otto mesi a Tabarka facendo ricerca sul water grebing.È nel 2015, quando prende parte al Forum Social Mondial , che capisce la vera funzione del cinema. “In quella occasione mi sono resa veramente conto dell’importanza del cinema e del film per divulgare un messaggio politico o di protesta o semplicemente per far luce su alcune situazioni a lungo taciute e mi sono avvicinata al cinema d’autore indipendente. A Tunisi c’è un importante festival cinematografico, il Jcc, da poco conclusosi. É molto importante perché è una delle forme con cui si esprime il dissenso. La Tunisia ha poi adottato il sistema francese che rende la cultura accessibile a tutti”. Da un altro lato c’era anche la tv egiziana, da sempre presente in casa e la sua grande produzione cinematografica. “A pranzo in Egitto vedevo i film in bianco e nero tradizionali, con attori meravigliosi e squarci di vita del tempo”. Ha accolto con immediato entusiasmo la richiesta di fare da giurata al Festival perché in fondo lei è doppiamente mediterranea per nascita e triplamente per scelta. “Il fatto di vedere questi film, altrimenti non reperibili nelle sale, è un’occasione unica per me. Vedere i Paesi attraverso gli occhi di coloro che vi vivono o che vi sono nati è necessario per abbattere i pregiudizi. Trovo molto stimolante, inoltre, il confronto con gli altri membri della giuria, i quali provenienti da diversi background, sono inevitabilmente portavoci di sensibilità e gusti diversi. Per fortuna ero a Roma”- aggiunge, e infatti è già pronta per ripartire per la Colombia.

Elena Fratini

(03/11/2016)

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