Accoglienza: cos’è il “modello Milano” citato da tutti

Fonte: Facebook Fondazione Progetto Arca
Fonte: Facebook Fondazione Progetto Arca
“Avere un luogo dove le persone arrivano, ricevono informazioni, risposte a bisogni immediati da un lato è giusto dal punto di vista etico valoriale, dall’altro è una tutela per i cittadini e i residenti”. Costantina Regazzo è direttrice dei servizi della Fondazione Progetto Arca, uno degli attori che lavorano per l’accoglienza dei migranti a Milano. Ogni giorno nell’hub della Stazione Centrale arrivano in media 100 persone: la città grazie alla rete di strutture sul territorio riesce ad accogliere temporaneamente più di 1000 migranti.  Sono questi i numeri del “modello Milano”, un esempio che gli operatori dell’accoglienza romana spesso utilizzano per guardare a un sistema che funziona. Con la struttura di via Del Frantoio, confermata fino a giugno 2017, Roma riesce ad assicurare un letto e un pasto caldo a 95 migranti che non sono ancora inseriti in un percorso di accoglienza, solo una parte di un flusso giornaliero che può arrivare ad essere anche di 300 persone.I risultati di Milano sono frutto di una collaborazione tra associazioni da sempre impegnate nel campo, ma soprattutto di un dialogo aperto con l’amministrazione: “È stato proprio il comune ad agire. C’erano delle famiglie che vivevano in strada di fianco alla stazione, l’amministrazione ha messo a disposizione attraverso i servizi sociali un primo aiuto e poi ha destinato all’accoglienza dei veri e propri centri”, spiega la direttrice dei servizi e continua: “L’assessorato alle Politiche sociali e quello alla sicurezza hanno lavorato in maniera integrata per mettere a disposizione delle risorse. I soldi arrivano dalla prefettura ma il lavoro più importante l’ha fatto il comune, che ha tutta la regia del progetto e sostiene, pagando la retta, gli interlocutori: una decina di enti individuati tramite bando”.I locali dell’ex dopolavoro ferroviario in via Tonale a Milano sono stati ristrutturati e inaugurati a maggio 2016, dove una volta si ritrovavano i viaggiatori per professione oggi 400 viaggiatori per necessità trovano una mensa, un letto, una doccia, una postazione internet per comunicare con le famiglie. Ma anche assistenza sanitaria, orientamento giuridico e sostegno linguistico. Tutto questo per una settimana al massimo: “dopo il settimo giorno di presa in carico o fanno domanda d’asilo o comunque sono invitate ad tornare in strada, non abbiamo altre possibilità”.Dal 2013 al 2015 84.550 migranti sono passati dalla Stazione Centrale. “Sono siriani, eritrei, somali in maggioranza “. Per chi risale l’Europa partendo dall’estremo meridione, Milano è il primo vero assaggio di Nord. Fino a qualche mese fa il capoluogo lombardo era terra di passaggio, dopo la chiusura delle frontiere è diventato punto di arrivo. Eppure nonostante sia molto più difficile varcare i confini rispetto a prima, il numero di migranti è sempre altissimo: “Solitamente il ciclo migratorio durante l’inverno rallenta, mentre quest’anno non abbiamo avuto un calo di presenze. Un dato che preoccupa perché significa che comunque le persone si mettono in viaggio”.Come aveva sottolineato anche Giorgio De Acutis, responsabile della struttura di Via del Frantoio a Roma, intervenire è fondamentale, anche e soprattutto per i cittadini italiani. Questa è l’unica certezza che accomuna Roma e Milano. “Il tema è delicato: se noi facciamo finta che il fenomeno non ci sia, le persone sono abbandonate e rischiano di entrare in circuiti non puliti e più rischiosi anche per la nostra cittadinanza. Ci sono dei bisogni che, se affrontati subito, non sono un problema. Ma se si fa finta che non ci siano, diventano delle vere piaghe”, conclude Costantina Regazzo.

Rosy D’Elia

7 dicembre 2016

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