La notte di Yalda: la festa iraniana del solstizio d’inverno per Hamed e Peyman

Mi emozionavo molto da piccolo il giorno della festa di Yalda, tornavo da scuola e mio padre comprava la frutta secca, il melograno e la frutta di stagione” racconta Hamed Esmaeili, che da Teheran si è trasferito a Roma nel 2012 per conseguire all’università Roma3 la laurea specialistica in ingegneria civile per la protezione dai rischi naturali. “Non vedevo l’ora che arrivassero le otto per la cena. Si mangiava il pesce intorno ad un tavolino dove venivano poste le vivande, sotto c’era una coperta con cui ci  scaldavamo i piedi. I bambini volevano rimanere svegli fino a tardi anche se era difficile perché il giorno successivo, non essendo festivo, bisognava andare al lavoro e a scuola”.“La notte di Yalda è una delle feste iraniane più importanti insieme al Nawruz, 20-21 marzo, al Tirgan, 3-4-5 giugno, e al Mehregan, 1-2 ottobre. Indica la notte più lunga dell’anno che si celebra al solstizio d’inverno o il 20 o il 21 dicembre a seconda se capiti, nel calendario persiano,  nell’ultimo giorno di Azar, l’ultimo mese dell’autunno. Chelleh, o Yalda in lingua siriaca, significa rinascita ed è festeggiata non solo in Iran ma anche in Azerbaijan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan, Kurdistan e nella parte dell’India che parla persiano, nonché da tutti gli iraniani sparsi per il mondo”.“Il nome Yalda è molto comune ma quello vero è Chelleh”-racconta Peyman, ricercatore in ingegneria chimica, anche lui di Teheran, ma all’estero da dieci anni “è il modo idiomatico per dire 40, che è un numero simbolico come il tre e il sette. Si dice per esempio se qualcuno parte per meditare che va via per 40 giorni”.Durante la notte di Yalda le famiglie iraniane si riuniscono per aspettare l’alba e per celebrare il sole perché dal giorno dopo comincia l’inverno, anche se le giornate iniziano ad allungarsi. I preparativi fervono già dai giorni precedenti: si fa la pulizia della casa e la cottura degli alimenti ed è un’occasione per rivedere tutti i membri della famiglia, in questo non è molto diverso dal Natale cristiano. I punti di contatto sono molti di più di quello che ci si aspetterebbe: di origine mitraica nell’antica Roma era deus sol invictus, si festeggiava la rinascita del sole dal 17 dicembre al 25, finché Costantino non obbligò a cambiare la festa con i festeggiamenti in onore della nascita di Gesù. Il simbolismo cristiano delle  candele e delle luci sull’albero rimandano a Mitra. “Si aspetta il ritorno dei giorni più lunghi dell’anno che portano più lavoro e più cibo” spiega Hamed. “E’ una festa contro l’oscurità: è vero, l’inverno sta arrivando, ma ci sarà di nuovo la luce, si guarda all’estate” precisa Peyman.I cibi fondamentali di questo giorno sono frutta secca, melograni e angurie, dal colore rosso che ricorda il sole. “L’utilizzo del cocomero, che viene portato dal sud, è testimonianza del fatto che il sole arriverà, se da qualche parte ce l’hanno vuol dire che sta davvero arrivando”.Il resto del menu varia a seconda delle regioni abitate da popoli diversi: persiani, curdi, luri. “Ad Esfahan, seconda città dell’Iran, si beve neve e sciroppo d’uva fresca che ricorda l’inverno,” e ancora Hamed a parlare “originariamente si beveva anche vino, ma dopo l’avvento dell’islam la tradizione è cambiata. Prima non era così, il vino era un elemento forte della nostra cultura, come testimonia molta letteratura”.Durante la serata si sta insieme, si chiacchiera e si leggono poesie. In molte famiglie viene fatto passare Divan, il libro di Hafez, famoso poeta iraniano: “Ognuno lo apre e legge la poesia che gli è capitata e che dovrebbe avere un significato metaforico. Il libro passa di mano in mano tra tutti i membri della famiglia seduti intorno al tavolo”.Il 21 si festeggiano anche i giovani sposi ed è comune che si celebrino matrimoni.Da quando Hamed e Peyman sono in Occidente le abitudini della festa di Yalda sono cambiate ma non è diminuita l’importanza di quel rituale.“Quando ero ad Aquisgrana c’era un’associazione di iraniani che celebrava sempre Yalda e io ci andavo per stare insieme ai miei connazionali e mangiare le nocciole”.“Io festeggio anche solo con un melograno, tre anni fa però mi sono riunito con un gruppo di amici persiani: ognuno portava qualcosa, chi frutta secca proveniente dall’Iran, chi altro cibo, mancava solo l’anguria perché qui non è stagione”. Hamed conclude leggendo Hfez in farsi e traduce:

coltiva l’albero dell’amicizia che porterà il desiderio del cuore, taglia l’albero dell’inimicizia che se no ti porterà dolori infiniti

 

Elena Fratini

(20/12/2016)

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