Studiare italiano nella scuola Guido Alessi con il laboratorio di Piuculture

Laboratorio Piuculture alla scuola Guido Alessi
 Ogni bambino sa che prima o poi durante la giornata dovrà rispondere a una semplice domanda, una domanda che ogni adulto non vede l’ora di fare quando si trova faccia a faccia con un bambino:cosa vuoi fare da grande?”. E le risposte arrivano inarrestabili, accompagnate da una sicurezza disarmante, una sicurezza che solo i bambini possono avere e che i grandi invidiano, ormai incapaci di rispondere, perché il loro tempo è stato avvelenato dalla quotidianità. Una bellissima bambina dai tratti orientali mi sorride e mi dice “voglio fare la modella”. Un’altra dai capelli biondi e dagli occhi azzurri risponde “voglio diventare un’attrice. Ma solo ad Hollywood”. “Io voglio fare il medico”, la voce proviene da un viso circondato dal velo. E le risposte arrivano, sempre più dettagliate e scrupolose, con l’entusiasmo di chi ancora non ha contaminato i propri sogni con la realtà. Alle 11:15 entrano come un piccolo esercito, senza nessuna traccia di esitazione o timidezza: per gli undici ragazzi di origine straniera delle medie che partecipano al laboratorio di italiano organizzato da Piuculture, nella scuola Guido Alessi, le ore che trascorrono in questa stanza sono apparentemente una normale lezione, fatta di verbi, pronomi e sostantivi. In realtà è un’occasione unica di esprimere loro stessi, le loro fragilità e i loro sogni. Sono figli di immigrati provenienti da ogni parte del mondo: i genitori lavorano quasi tutto il giorno. Molti di loro vengono a scuola da soli: c’è chi abita in un appartamento, chi in un campo rom, chi la mattina non riesce a svegliarsi e salta le lezioni, chi vorrebbe ritornare nel suo paese d’origine, dove durante le vacanze di Natale ha visto volti e luoghi familiari, come racconta la referente del laboratorio Ilaria Paoletti. Ma rientrare a scuola dopo le vacanze è dura per tutti. Si sentono italiani, e quasi nessuno ha la percezione di avere origini diverse: Ucraina, Filippine, Portogallo, Pakistan, Perù. Storie diverse, vite diverse, religioni diverse: eppure la legge universale fa sì che in ogni classe le dinamiche tra i bambini siano sempre le stesse, indipendentemente dall’essere stranieri oppure no.Le differenze maggiori emergono proprio durante il Natale: “quando ho chiesto di fare un tema e di raccontarmi cosa significasse per loro il Natale, alcuni provenienti da paesi in cui non si festeggia, mi hanno risposto che per loro non significa nulla. Ma questo fa parte della diversità culturale e del rispetto per religioni e tradizioni differenti”. Quasi tutti, però, si sentono di passaggio e nel loro futuro vedono un altrove diverso rispetto all’Italia, racconta Ilaria.Come se questo posto che ora chiamano casa fosse solo una sosta momentanea, il punto di partenza verso la vita vera Oggi insieme alle volontarie devono ripetere i verbi: passato prossimo, imperfetto e poi il temuto passato remoto, che fa paura a tutti, anche a chi l’italiano lo conosce bene. C’è chi è più sicuro delle proprie capacità e chiede di passare direttamente ai verbi più difficili, chi invece si nasconde per non essere interrogato; chi si presenta spavaldo, ben consapevole della sua identità: “io sono quello che di solito disturba e fa casino”, dice candidamente uno di loro. Il livello della lingua tra questi ragazzi è un A2, precisa la referente, perché la frequenza a scuola non è assidua. Ma grazie al laboratorio alcuni di questi ragazzi hanno trovato la forza, la voglia di alzarsi al mattino e di venire a studiare e una di loro è migliorata al punto da diventare una delle più brave della sua classe. Ora è accolta come una piccola star, proprio lei che odiava la scuola, si siede al banco con la sicurezza di chi sa cosa sta facendo. Insieme, qui, in questa classe piena di libri, di giochi e di colori, superano la diversità e i pregiudizi che inevitabilmente trovano fuori dalla scuola.E ciò che impareranno sarà una lezione difficile, ma indispensabile: quando saranno diventati altro rispetto a quello che avevano sognato da piccoli o quando invece avranno realizzato esattamente i loro sogni di bambini; quando si sentiranno diversi, o soli, o circondati di amici; quando qualcuno li guarderà e chiederà loro per l’ennesima volta “cosa vuoi diventare da grande?”, dovranno ricordare le parole del grande poeta T.S. Eliot, che insegnava ad ogni essere umano a diventare il punto fermo di un mondo imprevedibile, difficile e in eterno movimento. 

Elisa Carrara

(01 febbraio 2017)