“In mezzo al mare ti rendi conto che quello di cui parlano i media – il salvataggio e lo sbarco – non è la storia. La storia è quella che ti raccontano a bordo le persone che soccorri”. La storia è quella dietro alle ferite che mostrano. “Una volta che hai capito, una volta che hai visto, non puoi far finta di niente. Perché il far niente ti rende colpevole. E quindi testimoniare diventa un dovere“. Mathilde Auvillain è una giornalista francese. Ha speso gli ultimi dieci anni a raccontare l’Italia come corrispondente per numerose testate d’Oltralpe. Poi lo scorso anno la “scelta radicale” che le ha cambiato la vita.“Il 15 ottobre 2016 mi sono imbarcata per tre settimane sulla nave Aquarius di Sos Méditerranée come Communications Officer. Mi ero già occupata di immigrazione, avevo seguito la tragedia di Lampedusa. Credevo di sapere tutto. Invece una volta a bordo, quando ho assistito al primo salvataggio, ho capito che non sapevo niente”. Solo i sopravvissuti alla traversata nel Mediterraneo sanno. “Per questo dobbiamo guardarli e ascoltarli” e poi “raccontare per far conoscere l’inferno che hanno subìto” prima di approdare sulle coste europee. Il deserto, la detenzione in Libia, la traversata in mare.Le storie dietro le cicatrici. “Quando sei a bordo e chiedi a un ragazzo delle ferite sui polsi ti spiega che i trafficanti gli hanno legato le mani coi fili della corrente elettrica mentre al telefono chiedevano alla famiglia soldi per il suo rilascio. Quando guardi una donna che dice di aver subìto violenza sessuale provi a immaginare cosa ha vissuto. Quasi tutte raccontano di aver subìto abusi. A volte ripetuti. Spesso sono solo bambine”.La “testimonianza“, dice Mathilde, è la terza “missione” dell’Ong italo-franco-tedesca. “Importante quanto il soccorso e la protezione” delle persone accolte a bordo. Per questo non tornerà più a fare la giornalista. Le dirette sulla politica o i “servizi sulla pizza e sulla pasta” sono un capitolo chiuso. “Continuerò a raccontare questa storia perché sento il dovere di informare su cosa sta accadendo alle porte d’Europa, ai confini dell’umanità“. Del resto, aggiunge la 34enne, “quello che faccio ora non è poi così diverso dal mestiere di giornalista. Anzi non sono mai stata così giornalista come ora”.Domani Mathilde sarà a Parigi per assistere alla cerimonia di conferimento del Premio Félix Houphouët-Boigny per la ricerca della pace che l’Unesco ha deciso di assegnare all’Ong e all’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini. “Sos Méditerranée ha scelto di dedicarlo alla memoria delle donne e degli uomini morti nel Mediterraneo”, spiega. “È un rinoscimento molto importante per tutti i volontari e i donatori” che hanno permesso all’organizzazione nata solo un anno fa di salvare oltre 19 mila persone. “Ma è anche un richiamo per le istituzioni e i governi europei alle loro responsabilità”.Il premio del resto è arrivato lo scorso aprile nel mezzo delle polemiche sulle presunte collusioni tra Organizzazioni non governative e trafficanti di esseri umani. “È stato un conforto. Quelle accuse sono ingiuste e diffamatorie. Sappiamo che la soluzione non sono le Ong. Noi limitiamo il numero dei morti in mare. La soluzione devono trovarla le istituzioni europee. Di certo non può essere il respingimento delle persone nell’inferno libico”.
Federica Giovannetti
(27 giugno 2017)
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