Quando l’estate e le vacanze giungono al termine, il rientro al lavoro o sui banchi di scuola decretano inequivocabilmente l’inizio di nuovi percorsi. Ma l’estate per molti migranti non è esattamente un periodo di vacanza. La ricerca di un lavoro, o il lavoro stesso, uniti alla continua scommessa di imparare la lingua italiana, sono le necessità su cui diverse associazioni della Rete Scuolemigranti hanno posto attenzione: per molte scuole, la missione dell’alfabetizzazione non si è fermata in estate, ed è anzi proseguita con una importante affluenza di studenti stranieri, sia adulti che minori. Tra queste, l’Associazione Che Guevara ha portato avanti per tutto il periodo estivo i corsi di lingua italiana, senza interrompere la missione di solidarietà sociale e di promozione dell’integrazione che anima i numerosi volontari che vi operano. Numerosi come gli studenti: quest’anno sono stati circa 170 gli iscritti ai corsi, tra adulti e minori. Durante il periodo estivo l’affluenza non è calata, anzi, con le 70 iscrizioni del periodo estivo, si sono già formate le classi per la nuova stagione.La scuola Che Guevara si trova in zona Eur Montagnola, nell’VIII Municipio. “In questo quartiere si contano 135.000 abitanti, di cui 13.000 sono stranieri. È un’area molto presidiata, in cui operano altre 8 scuole della Rete Scuolemigranti. La nostra, nasce come scuola per adulti, ma col tempo si è consolidata l’esigenza di pensare anche ai giovani studenti stranieri che nella scuola italiana hanno evidenti difficoltà”, spiega il referente Silvio Stoppoloni, dirigente in pensione che coordina le attività della scuola e che crede nella lingua come strumento di integrazione, così come nel volontariato, quello autentico, senza nessun secondo fine: “Inizialmente nessuno spirito di tipo vocazionale mi ha spinto a diventare un insegnante di L2. La mia attività di volontariato nasce per caso, quando anni fa ho aiutato mio figlio sostituendolo ad una lezione. Con gli anni però, la motivazione è lievitata. Non c’entravo nulla con il mondo della scuola, ho imparato sul campo. Ora insegno come volontario da sei anni spero di essere diventato un buon insegnante”.Silvio Stoppoloni e l’équipe di volontari e tirocinanti gestiscono oggi un programma didattico continuativo e vario: corsi di livello A0 e A1 per studenti analfabeti o scarsamente scolarizzati, corsi di A2 per il rinnovo del permesso di soggiorno, corsi B1 e anche lezioni integrative per bambini e ragazzi, suddivisi nelle fasce 6-9 anni, 10-12 anni e dai 12 anni in su. “L’apertura ai corsi per ragazzi, in cui approfondiamo l’italiano per lo studio, nasce purtroppo dalle carenze del sistema scolastico italiano. Quest’anno abbiamo stipulato tre convenzioni nelle scuole del quartiere, ma spesso è davvero difficile fare un lavoro di concerto tra i volontari e gli insegnanti”.Lo sanno molto bene i giovanissimi studenti che venerdì 8 settembre hanno partecipato alla lezione conclusiva del percorso didattico estivo: sono Hanine e Abd Mohaymen, sorella e fratello tunisini, vivacissimi e comunicativi, le gemelle Sabara e Sumaya, riflessive e curiose, e poi Khadiza, a cui piace molto leggere, Mustakim, timido e attento, Jerin, che ama studiare in compagnia. E poi i piccoli protagonisti della recita estiva: Raidha, Tanjim, Jubaied e Jesmine, che ha sei anni. Sono tutti bengalesi. Partecipano, ascoltano, sorridono; la scarsa padronanza della lingua non frena la loro voglia di seguire con curiosità i loro maestri. C’è anche Rabbi, il più grande, che inizierà in questi giorni il suo nuovo percorso all’istituto alberghiero. I ragazzi alla scuola Che Guevara trovano molto più che semplici compiti: quello che amano di più della scuola sono le recite, i giochi, ma anche la ricchezza dello studio collettivo. “Studiare a scuola quando non si capisce bene la lingua è impossibile, i bambini si trovano di fronte a termini e costrutti che non riescono ad analizzare. Spesso questo genera profonde insicurezze nei bambini, si isolano e non si sentono all’altezza degli altri”, spiega Shumi, 39 anni, bengalese, mamma delle gemelle. “Conosco le difficoltà con l’italiano, e tuttora continuo ad approfondire la conoscenza della lingua accompagnando le mie figlie e assistendo alle lezioni”. La presenza di Shumi è preziosa: svolge infatti il ruolo di mediatrice linguistica accogliendo e aiutando nel percorso di studio della lingua gli studenti bengalesi, che rappresentano la componente maggioritaria degli utenti, con una presenza del 70%. “Spesso le classi sono composte solo da bengalesi: la monocultura facilita senza dubbio gli insegnanti, che riescono a predisporre dei programmi mirati, ma tuttavia il mancato uso dell’italiano come veicolo di comunicazione tra studenti che parlano la stessa lingua, rappresenta per i bengalesi un fattore di rallentamento nell’apprendimento. I migliori risultati sono stati ottenuti sicuramente nelle classi con studenti di diverse nazionalità”, spiega Silvio Stoppoloni.Dentro la classe, piccola ma accogliente, e fornita di una ricca “biblioteca didattica”, l’atmosfera è familiare, è quella di un posto dove l’integrazione è proprio per tutti e tutte: un’altra grande e importante attività didattica è infatti quella dedicata alle donne e alle mamme, che frequentano i corsi di lingua accompagnate dai bambini, dai 14 mesi ai 4 anni. “Una lezione importante, anche se a volte è un po’ troppo movimentata e difficoltosa da gestire…” spiega il referente. “Ma tante donne che frequentavano i corsi sono poi tornate anni dopo con i piccoli. Nel 2011 la componente femminile rappresentava il 9% dei frequentanti. Nel 2016 le donne della Che Guevara sono ormai il 50%. Le donne e i bambini hanno una marcia in più. La loro costanza e l’impegno profuso nell’apprendimento mi fanno credere che il nostro futuro sia proprio nelle loro mani“.
Elisabetta Rossi
(12 settembre 2017)
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