Baobab Experience ha finalmente una casa. O, per meglio dire, ce l’hanno i volontari. Dal 2 dicembre la neonata sede di via Portonaccio ospita infatti uno spazio di lavoro e dialogo con le istituzioni, gestito dai volontari ma realizzato grazie al supporto dell’associazione inglese Help Refugees. Un aiuto prezioso, che ha permesso anche di assumere tre mediatori culturali in grado di comunicare con gli ospiti del presidio di piazzale Maslax.La storia di Baobab Experience, dal 2015 a oggi, di numeri ne ha collezionati tanti: 40.000 persone accolte, 18 sgomberi subiti, tre anni di attività sul campo, circa 100 volontari. Oggi a quei numeri si aggiungono anche le cifre del report presentato il 6 dicembre presso la nuova sede, Rete legale per i migranti in transito, un documento di otto pagine a firma di Baobab Experience, A Buon Diritto, Consiglio Italiano per i Rifugiati e Radicali Roma, distribuito nel corso della conferenza stampa per fare il punto sul sistema di accoglienza della Capitale.
Il Report: Rete legale per i migranti in transito
Il report è un bilancio sintetico dell’attività della rete di supporto legale messa a disposizione dalle associazioni da aprile a ottobre 2017. Tra queste, una parte rilevante è quella giocata da MEDU – Medici per i Diritti Umani, che da mesi garantisce presso il presidio un’assistenza medica e psicologica per i più vulnerabili, soprattutto per quanti abbiano subito percorsi traumatici o torture nel viaggio verso l’Europa dal paese d’origine.Nel report le cifre si mescolano alle provenienze geografiche e alle storie dei singoli. Si dimostra che la relocation, che al momento ha realizzato poco più di un quarto dei trasferimenti previsti dall’Italia rispetto ai numeri inizialmente annunciati, ha prima di tutto enormi falle di comunicazione. I 233 cittadini eritrei presi in carico a Roma dalla Rete legale, al momento dello sbarco non avevano ricevuto alcuna informazione in merito al progetto di cui sono stati dichiarati beneficiari insieme ai siriani, a dispetto dei tanti migranti provenienti dal Corno d’Africa per cui al momento non sono previsti programmi speciali di inserimento, ma che restano la parte più consistente di migranti in transito a Roma.
Accoglienza e burocrazia
Il report prosegue, mostrando altri scenari. Un esempio? Per poter presentare domanda di protezione internazionale la maggior parte dei migranti si sente richiedere il passaporto o la denuncia del suo furto o smarrimento: obbligo assolutamente non previsto dalla legge. “Un cittadino egiziano preso in carico dalla rete legale ha provato tre volte ad accedere agli uffici di via Patini, venendo puntualmente respinto ad ogni occasione perché non in possesso del passaporto” si legge nel documento. “Così si è adeguato alle richieste dei funzionari e si è recato in un Commissariato per sporgere la denuncia richiesta. Una volta condotto in Questura per l’identificazione, però, non solo non gli è stata offerta la possibilità di fare domanda di protezione – mancando anche un mediatore di lingua araba – ma gli è stato anche notificato un decreto di espulsione dopo circa 8 ore di trattenimento, senza concedergli la possibilità di comunicare con un mediatore o un avvocato.”Alla richiesta del passaporto si aggiunge anche quella di un domicilio, procedura che limita fortemente chiunque non sia inserito in un circuito di accoglienza. “La rete legale ha ottenuto che l’indirizzo della sede legale dell’associazione Baobab Experience potesse fungere da domicilio dei migranti al presidio. Sono state 139 le persone che hanno chiesto di aderire al programma, di cui 81 sono già riusciti ad essere trasferiti in altri Stati.”I dati finali sull’accoglienza sono tutt’altro che confortanti: “Dal 1 luglio di quest’anno i posti per richiedenti asilo e rifugiati nel sistema SPRAR di Roma Capitale sono stati ridotti di 786 unità. Dei 2.774 posti disponibili, la giunta attuale è riuscita ad affidarne attraverso procedura pubblica soltanto 1.988, quasi il 30% in meno”. Contando anche i centri ministeriali di Roma e Provincia si può arrivare a contare circa 5.000 richiedenti accolti sul territorio. Un numero insufficiente, come insufficienti sono le strutture: si aspettava l’apertura del Ferrhotel entro dicembre 2017, ma non se ne ha più notizia. I richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale dormono ancora nelle strade e si rivolgono al presidio per avere delle informazioni che non riescono ad ottenere altrimenti.E intanto, l’inverno è alle porte.
Testo di Veronica AdrianiFoto di Giuseppe Marsoner(6 dicembre 2017)
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