Nasrin: vivere a Roma indossando il niqab

Nasrin: vivere a Roma indossando il niqab
Nasrin: vivere a Roma indossando il niqab
“Oggi a Roma ha nevicato e tutti gli italiani hanno coperto il loro viso con la sciarpa, si vedevano solo gli occhi. Oggi erano tutti come me, perché gli anziani, che hanno paura quando passo io, non sono scappati?”. Nasrin ha 29 anni e viene da Chittagong, fa parte della comunità bangladese dell’area romana che conta oltre 31 mila persone (Istat 2013). In Italia ci vive da sei anni, ma da due mesi gira per le strade di Roma indossando il niqab, il velo islamico che lascia scoperti solo gli occhi. Una mezzaluna da cui guardare ed essere guardati.“Gli anziani mi sfuggono, ma gli italiani più giovani mi rispettano sempre”. Il tono di Nasrin non è rancoroso, ma dispiaciuto. “Forse pensano che io sia una ladra. O meglio, io mi sento così, ma non lo so cosa pensano. Non capisco proprio perché hanno paura. Forse solo perché non fa parte della vostra cultura”.Nasrin è arrivata a Roma grazie al ricongiungimento familiare con suo marito, che ha sposato nel 2009 con un matrimonio combinato. “Non l’avevo mai visto prima”. Si sono incontrati solo nel momento in cui hanno deciso di organizzare le nozze: “Ho detto sì perché lui è gentile. Molto. Da noi funziona così, anche mia mamma e mia nonna si sono sposate in questo modo. Ora se due persone si conoscono e vogliono sposarsi, va bene, ma devono essere d’accordo le famiglie. Credo sia giusto in entrambi i modi. Noi donne bengalesi siamo tutte fortunate”.

La vita quotidiana di Nasrin

La sua giornata comincia alle 6 del mattino e finisce alle 22. In queste ore c’è il tempo per 5 preghiere, per prendersi cura del marito, della casa, dei due figli: la più piccola di 3 anni e mezzo e il più grande di 8, che frequenta la scuola Pisacane e le lezioni di arabo e bengalese alla moschea di Torpignattara. Due volte a settimana segue le lezioni di italiano nella scuola di Asinitas e poi studia insieme ad altre donne.Nel tempo libero fa torte di compleanno e tatuaggi con l’hennè. “Mi piacerebbe lavorare. Ma col volto coperto è difficile trovare un lavoro”, dice Nasrin, che è partita dal Bangladesh con una laurea in economia. Si definisce una chiacchierona e una donna a cui piace stare in compagnia. Sorride pensando alle canzoni che ha conosciuto alle feste di Asinitas: “’O surdato nnammurato, gli stornelli romani, Bella ciao”. Organizza spesso feste in casa e passa tanto tempo sui social network a parlare con le amiche lontane: in Australia, in America, a Londra. Ma poi conclude: “Esco poco perché la gente non ama vedere le persone velate”. La sua vita sociale è racchiusa tra le mura domestiche, le aule della scuola di italiano e la piazza virtuale.

La scelta di indossare il Niqab

In Italia, come in Europa, è aperto il dibattito sull’introduzione di leggi che vietino alle donne, e agli uomini, di girare a volto coperto. La stessa Corte europea dei diritti dell’Uomo si è espressa in merito a due leggi, che proibiscono di coprirsi il viso in pubblico, una francese del 2010 e una belga del 2011. E ha stabilito che non violano la Convenzione europea dei diritti umani, e in particolare il diritto al rispetto della vita privata, il diritto alla manifestazione del proprio credo religioso e del diritto a non subire discriminazioni.Nasrin ha cominciato a indossare il velo dopo un pellegrinaggio a La Mecca: “Mio marito è contento della decisione, il viaggio ha cambiato anche lui. Ho cominciato a studiare libri che parlano di religione e ho capito che è giusto velarsi. L’Islam dice che le donne non possono scoprire il loro volto davanti ad altri uomini a parte il padre, il marito, il suocero, i fratelli e i figli. Se ti comporti bene, dopo la morte avrai un regalo da Dio”, dice Nasrin. Ma nel frattempo, in vita, le cose cambiano, quando si indossa il niqab.

Rosy D’Elia7 marzo 2018

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