Castelnuovo di Porto, dal CARA al centro storico: le voci dopo lo sgombero

La domenica dopo lo sgombero a Castelnuovo di Porto. Le testimonianze della comunità in un percorso che dal CARA arriva al centro storico.

Il CARA di Castelnuovo di porto è una piattaforma di cemento, bassa e pesante, nella distesa verde della Via Tiberina: la strada che da Roma porta al centro, nei primi chilometri fuori dalla città, è trafficata da pochissime macchine e qualche prostituta.

Per un lungo tratto prima di arrivare a Pontestorto, la località che ospita la struttura, rimane solo il verde. Poi compaiono alla spicciolata, sul ciglio delle strade che costeggiano il centro, alcuni degli ospiti rimasti dopo le operazioni di sgombero del 22 gennaio: qualcuno trascina una valigia, qualcun altro porta sul capo buste piene di vestiti, come si fa con le ceste, e qualcun altro ancora porta i bambini sulle spalle. Si muovono a passo lento. Domenica 27 gennaio nel limbo di Castelnuovo ci sono ancora 250 persone, delle 550 che ci vivevano. 118 dei ragazzi sgomberati sono titolari di  protezione umanitaria, ma con il Decreto Salvini non saranno ricollocati in nessun altro centro perché non ne hanno più diritto.

Foto di gma - Castelnuovo di portoCARA Castelnuovo di Porto – fotografie di Gma

Castelnuovo di porto, CARA: le voci dei migranti

“Questo posto è come l’Egitto per gli ebraici prima di arrivare in Israele”, Geoffrey è nigeriano, molto credente, e per spiegare le condizioni di vita all’interno del Centro di accoglienza per richiedenti asilo, dove ha vissuto per 9 mesi, usa una metafora che riprende il racconto biblico dell’Esodo: l’Egitto, il CARA, è la schiavitù prima della libertà.

I Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo sono stati istituiti dal Decreto legge numero 25 del 2008, il testo di legge che stabilisce le procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate nel territorio nazionale da cittadini di Paesi non appartenenti alla Unione europea o da apolidi. In questi 11 anni si stima che il CARA di Castelnuovo di Porto abbia accolto 8.000 persone. La struttura, che appartiene a un centro polifunzionale in passato destinato alla protezione Civile, è di proprietà dell’Inail.

Negli ultimi quattro anni nella gestione delle attività di accoglienza è subentrata la cooperativa Auxilium: secondo la convenzione stipulata con la prefettura di Roma ogni migrante accolto vale 21,90 euro al giorno. L’accordo triennale dall’aprile del 2014 all’aprile del 2017 basato su un’accoglienza giornaliera di 636 ospiti è un affare di 15.589.907,76 milioni di euro, che la cooperativa Auxilium si è aggiudicata dopo aver presentato e vinto il ricorso contro l’aggiudicazione della gara alla cooperativa Eriches 29, nota per i fatti di Roma Capitale.

Ma le ombre su Castelnuovo di Porto non si sciolgono: nella Delibera n. 803 del 20 luglio 2016 l’Autorità Nazionale Anticorruzione afferma che emerge un “quadro estremamente critico nella gestione del CARA”. Nel documento si parla di anomalie nel pagamento del pocket money, inaedempienze per quanto riguarda i servizi di pulizia e una cattiva gestione delle presenze dei ragazzi. Dall’aprile del 2017 il contratto è stato prorogato per 5 volte, e l’ultima scadenza del 31 gennaio 2019 sarà definitiva.

Foto di gma - Castelnuovo di porto 

Lo sgombero della struttura è cominciato da 5 giorni: Geoffrey ormai vive a Roma ed è tornato per portare una parola di conforto a chi non è stato ancora trasferito. Attende fuori i suoi amici, parla con loro ad uno ad uno: dentro non può entrare nessun esterno. Un filo spinato segna il perimetro del confine e serve a stendere il bucato, il segno di quelli che ancora sono rimasti.

Geoffrey discute con una ragazza, volto stanco e occhi lucidi, ascolta i suoi consigli, annuisce, ma ha un’aria sfiduciata. Vive nel centro da un anno e 4 mesi: dai 20 ai 35 giorni dovrebbe essere la permanenza media in centri di questo tipo, per il CARA di Castelnuovo è di 8 mesi. Si esprime solo in inglese e per descrivere il posto dove vive usa queste parole: No good place, bad boss inside”. La notizia dello sgombero non l’ha turbata: “Voglio essere trasferita. Ci sono delle liste. Mi hanno detto che sarà domani o dopodomani, non lo so quando, ma sono contenta”.

Castelnuovo di porto: la parola alle istituzioni

“Negli anni scorsi c’è stato un momento di sovraffollamento, ma so che adesso le cose funzionavano: il posto era tenuto dignitosamente”, dice l’assessore ai lavori pubblici, allo sport e alla protezione civile, Gino Guadagnoli. “Io non sono mai entrato nella struttura, ma dai racconti di quelli che conosco so che stavano bene. Come si può stare bene in un posto in cui accogli 550 persone”.

E ci tiene a specificare: “Noi siamo d’accordo con la chiusura del CARA: siamo per un’accoglienza diffusa. Ma siamo stati colpiti dal metodo, perché davvero non sapevamo nulla”. Al CARA lavoravano più di 110 persone e anche questa è una preoccupazione per l’amministrazione: “Abbiamo attivato subito una task force composta da Regione, ASL, volontari per far restare i nuclei familiari e tutti quelli che si sono integrati e che fanno delle attività qui con la comunità, chi va al liceo, chi lavora. Abbiamo poi cercato il supporto del Ministero dello Sviluppo economico, ci hanno assicurato un tavolo di unità di crisi per i lavoratori Auxilium e per una riqualificazione dell’area”.

In questa domenica di fine gennaio il centro è immerso nel silenzio: del rumore dei giorni precedenti restano le bandiere delle associazioni che hanno portato supoorto, qualche transenna e una tenda con vestiti e coperte che sono stati donati a chi è partito per città più fredde. L’area è in uno spazio sospeso di periferia: dalla località Pontestorto si arriva al centro storico di Castelnuovo di Porto seguendo una strada di 8 chilometri, non facile da percorrere a piedi.

Foto di gma - Castelnuovo di porto

Castelnuovo di porto, centro storico: l’esperienza della comunità rumena

Non lontano dalla piazza centrale, nella Chiesa di Santa Maria Assunta, è appena finita la funzione ortodossa di mezzogiorno e sta per cominciare un battesimo. La comunità rumena di Riano, Sacrofano, e Castelnuovo, circa 500 persone, ha trovato qui un posto per pregare: “A Riano avevamo un garage per le funzioni, qui siamo ospiti ma presto dovremmo avere una struttura per noi”, dice padre Gabriel.

Il contatto sul territorio è Roman Ion Veciunca, in Italia da 25 anni, che sta lavorando fianco a fianco col sindaco per realizzare un centro sociale per la comunità rumena: nelle sue parole Castelnuovo è davvero una piccola oasi di integrazione. “Io ho sostenuto il sindaco e ho voluto che ascoltasse i nostri interessi, ho chiesto gli spazi non solo per noi rumeni, ma anche per africani, polacchi, albanesi. Castelnuovo dopo trent’anni ha un sindaco giovane, che ha migliorato la vita della comunità. Il primo che ha stretto un protocollo di intesa per far fare volontariato a questi ragazzi”. Grazie al protocollo che stabilisce la possibilità per i migranti di fare attività “volontarie e gratuite, […] per il perseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale dell’organizzazione cui aderisce”, gli ospiti del CARA hanno contribuito alla pulizia di strade, piazze, giardini e hanno partecipato attivamente alla vita della comunità che li ospitava.

Foto di gma - Castelnuovo di porto

“Io abito proprio vicino il centro e mi sembra che stiano bene, sono tranquilli: ho un capannone in quella zona e mai nessuno ha toccato nulla”, dice Roman che ha seguito con attenzione tutta la vicenda dello sgombero e riassume l’operazione in una parola: “una cattiveria”.

È vero che è un po’ difficile l’integrazione di questi popoli perché loro spesso partono da zero come grado di istruzione e sono giovani, alcuni forse non hanno mai lavorato, ma se non ci provi non ci riesci mai”. E a Castelnuovo, a sentire i suoi racconti, ci stavano provando.

Dal sacro al profano, però, le opinioni cambiano: qualche passo più avanti si scommette sulle partite di calcio che stanno per cominciare e il barista minimizza sulla partecipazione dei migranti alla vita della comunità: “Qui al centro storico si vedono poco, stanno giù più che altro”. Alla parola “integrazione” alza le sopracciglia con scetticismo e ironia.

Castelnuovo di Porto, dal CARA al centro storico: la visione dei fatti

È il giorno del patrono a Castelnuovo di Porto, nell’ora di pranzo per le strade non gira nessuno. Ma qualche curioso è venuto apposta per vedere da vicino quello che sta accadendo: due ex insegnanti tedesche che vivono nei dintorni sono venute per osservare la situazione e per sapere se c’è bisogno di qualcosa: “Siamo sensibili a questi temi, abbiamo vissuto il muro”. Così come un medico romano, che ha prestato servizio a Lampedusa, è venuto a rendersi conto sul posto: “per vedere con i miei occhi, le scene che ho visto non mi sono piaciute”.

Foto di gma - Castelnuovo di porto

Questo non è il paese dei balocchi come vogliono far credere in molti in questi giorni”, dice Roberta Cicciola di ANPASS, l’associazione che ha coinvolto diversi ragazzi del CARA nelle sue attività. ”’C’è chi si è proposto per un aiuto e chi è felicissimo che il centro sia sgomberato. Così come nelle nostre attività abbiamo conosciuto tanti ragazzi che si sono impegnati in senso positivo, ma c’è anche qualcuno che ha creato disordine”.

Castelnuovo di Porto in questo pomeriggio invernale è immersa nel silenzio. Ma si sente forte la speranza di Geoffrey, la lucidità di Roberta che riporta la verità delle cose nel giusto mezzo, e la stanchezza di chi parte ancora una volta.

Rosy D’EliaFotografie di Gma(30 gennaio 2019)

Leggi anche: