Sgombero Baobab Experience, simbolo di uno Stato che non accoglie

Fotografie di Edoardo Russi
Martedì 13 novembre Baobab Experience ha fronteggiato l’ennesimo sgombero. Se ne contano 22 dal 2015. Alle 7.15 in piazzale Maslax sono arrivati pullman e blindati per portare via gli ospiti del presidio, circa 100, e una ruspa per portare via tende che sono state case, vecchie poltrone che ambivano a ricreare salotti, traverse di legno che servivano come cucine.Lo sgombero non è stato un fulmine a ciel sereno: se lo aspettavano anche i volontari. Ma non con questi tempi e con queste modalità. In un post del 7 novembre si legge: “120 posti disponibili da subito. Questo è quello che ci hanno detto dal dipartimento alle politiche sociali del comune di Roma. Sono spuntati così, improvvisamente, a ridosso dello sgombero di Piazzale Maslax ormai imminente”. Dal 7 al 13 novembre sono stati ricollocati 65 ospiti e al presidio, quando è intervenuta la polizia, ne restavano ancora più di cento.

Sgombero Baobab: il bilancio 24 ore dopo e il dialogo con l’amministrazione

Dopo 24 ore dallo sgombero, invece, sono state mantenute le promesse: proprio 120 sono le persone che hanno trovato posto in 5 diversi centri di accoglienza. La rete di supporto legale ai migranti in transito, composta da A Buon Diritto Onlus, Consiglio italiano per i rifugiati, team legale Baobab Experience e Radicali Roma, da anni lavora al fianco di Baobab Experience e anche in questa occasione: “L’atteggiamento è stato estremamente collaborativo. Abbiamo ottimi rapporti con la Sala Operativa Sociale e ieri siamo stati fino a mezzanotte davanti alla questura aiutando le persone a interpretare i documenti in caso di dubbi. Nei prossimi giorni ci attiveremo per sostenere legalmente tutte le persone che sono state rilasciate nella notte“, dicono dall’associazione A Buon Diritto.Dopo anni sembrava che si fosse avviato un dialogo con l’amministrazione: a Piazzale Maslax era in atto un censimento per arrivare a uno sgombero dopo aver ricollocato gli ospiti del presidio: migranti non inclusi nei circuiti di accoglienza, di nuova e vecchia data, senza fissa dimora, stranieri ma anche italiani. La ruspa ha interrotto una possibilità di soluzione preventiva: “Non capiamo quale sia il vantaggio per tutta la città”, dicono i volontari di Baobab. Ma stando alle dichiarazioni emerse dalle riunioni con il Dipartimento delle Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute, sembra che non sia stato possibile intervenire per fermare o posticipare lo sgombero.

Baobab Experience: da oasi per migranti a inferno degli invisibili

Sgomberare Piazzale Maslax non vuol dire sgomberare Baobab Experience. Essere migranti sul territorio della Capitale è diventata una caratteristica anche del gruppo dei volontari: l’esperienza nasce in via Cupa, prima nell’ex Vetreria e poi in strada, nell’estate del 2015 quando da Lampedusa i transitanti facevano tappa a Roma prima di passare la frontiera. Continua in Piazzale Spadolini e poi nel giugno 2017 a Piazzale Maslax.E se il baobab di Via Cupa assomigliava a un’oasi, quello di Piazzale Maslax era diventato più simile all’inferno. Dal 2015 le politiche, locali, nazionali ed europee, sono cambiate e un presidio di accoglienza disperata in una Capitale come Roma è il luogo in cui il cambiamento è più tangibile: in città ci sono stati altri sgomberi, sono stati chiusi centri di accoglienza e chi non è riuscito a trovare un posto altrove l’ha trovato nel piazzale vicino alla Stazione Tiburtina. In una tenda, su un materasso poggiato sull’asfalto come letto, su una collinetta utilizzata come servizio igienico. A Roma piazzale Maslax è diventato il posto dei fragili e degli invisibili: senza tetto, persone con dipendenze e disturbi, migranti.In questo inferno i volontari hanno continuato a servire i pasti autorganizzandosi per i turni, a offrire assistenza legale in tutte le lingue possibili, a tenere lezioni di italiano sotto i gazebo andando a prendere gli ospiti del presidio tenda per tenda. Chi dice che Piazzale Maslax è un posto senza Stato dice una cosa vera: le fragilità, compresse nello spazio di un ex parcheggio, sono invisibili da anni per l’amministrazione comunale così come per lo Stato. Ma spazzarle via con una ruspa non le annienta, le rende solo più forti, più tragiche e più dannose. Per tutti.

Rosy D’EliaFotografie di Edoardo Russi14 novembre 2018

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