Decreto Salvini: accoglienza e tagli – Le conseguenze umane

Imparare l'italiano, ricevere supporto e cure diventa sempre più difficile per i migranti: sono queste le conseguenze umane del Decreto Salvini e dei tagli all’accoglienza.

Dal 2019 insegnanti di italiano, psicologi, infermieri sono un lusso che i centri di accoglienza non possono più permettersi. Imparare l’italiano, ricevere supporto e cure diventa sempre più difficile per i migranti: sono queste le conseguenze umane del Decreto Salvini e dei tagli all’accoglienza.I famosi 35 euro al giorno, il costo per ogni migrante accolto, si riducono. I nuovi capitolati dei bandi di gara della prefettura cambiano le voci di spese ammissibili e tagliano la cifra totale: le strutture ideali per l’accoglienza, secondo le nuove disposizioni, sono grandi, hanno poco personale e nessun servizio per l’accoglienza.

Decreto Salvini: i tagli all’accoglienza nelle diverse strutture

Come si legge dai dati elaborati da In Migrazione, i nuovi bandi favoriscono la quantità, a discapito della qualità. Ma i 35 euro, che le cooperative hanno potuto gestire fino al 2018 e non direttamente i migranti, come spesso si è fatto credere, vengono ridotti per tutte le strutture:

  • per i CAS, centri di accoglienza straordinaria, con 50 posti si passa da 35 a 26,25 euro al giorno;
  • per i CAS con 300 posti si passa da 35 a 25,25 euro al giorno;
  • per i centri di accoglienza diffusa si passa da 35 a 21,35 euro al giorno.

È chiaro che la scure del Decreto Salvini ha i suoi effetti più pesanti proprio sulle realtà più piccole. In particolare a farne le spese è l’accoglienza diffusa, che subisce un taglio del 39%: da 35 euro al giorno si passa a 21,35 euro. Chi rientra in un progetto di accoglienza diffusa ha diritti e doveri di un CAS, ma ha la possibilità di vivere in una casa: una formula che favorisce l’autonomia di chi comincia un percorso di integrazione in Italia.21,35 euro è la somma che deve bastare per l’affitto della casa, luce, gas, acqua, colazione, pranzo, cena, servizi di pulizia, beni di prima necessità, assistenza sanitaria. Nessuna spesa, invece, è prevista per l’assistenza psicologica e l’insegnamento della lingua italiana: i servizi per l’integrazione non rientrano più tra le spese ammissibili.Come si legge dal confronto con i vecchi bandi delle prefetture, sono scomparse totalmente alcune voci:

  • servizio di assistenza linguistica e culturale;
  • servizio di informazione sulla normativa concernente l’immigrazione, i diritti e doveri e condizioni dello straniero;
  • sostegno socio-psicologico;
  • assistenza sanitaria da effettuare presso presidi sanitari territoriali o medici di base, comprese le vaccinazioni obbligatorie;
  • orientamento al territorio, informazione ed assistenza nei rapporti con la Questura competente per l’inserimento nel sistema di protezione per richiedenti protezione internazionale, asilo e rifugiati, compresi gli spostamenti degli ospiti da e per la locale Questura che si rendessero necessari per assicurare lo svolgimento dell’assistenza in parola.

Decreto Salvini e i tagli all’accoglienza: come cambiano i 35 euro al giorno

Secondo un budget ipotetico elaborato da In Migrazione, per un centro di accoglienza diffusa che ospita 17 persone, 4 uomini singoli, 3 nuclei familiari e una coppia, seppure le spese vengono ridotte secondo le nuove indicazioni è impossibile poter rientrare nei 21,35 euro.Ridotte all’osso, i costi arrivano a 26,38 euro al giorno pro capite.

 Il costo dei tagli è alto non solo per i migranti: la riduzione delle spese è stata calcolata proprio su un ridimensionamento delle ore di lavoro del personale impegnato nei centri di accoglienza.In quelli piccoli, con 20 utenti, il taglio è del 30%: da 180 ore settimanali complessivamente richieste nel 2018 a 125 nel 2019. Mentre in una struttura che ospita 300 persone il taglio arriva al 70%: da 1.398 ore di lavoro nel 2018 si scende a 418 ore settimanali complessivamente richieste nel 2019.La riduzione delle ore corrisponde a una riduzione di lavoro e di personale. Con il Decreto Salvini sono a rischio 18 mila posti di lavoro, su un totale di 36 mila persone che operano nel settore. A denunciarlo le sigle sindacali Fp Cgil, Fisascat Cisl, Cisl Fp e Uil Fpl che il primo marzo hanno chiesto un incontro urgente sul tema al ministro del Lavoro Luigi Di Maio.Ogni taglio alle voci di spesa fa compiere un passo indietro a tutto il sistema dell’accoglienza e ha un costo umano, per gli stranieri come per gli italiani, e supera di gran lunga il risparmio che garantisce alle casse dello stato.

Rosy D’Elia(6 marzo 2019)

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