Il 16.03 alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino-Angelicum sono stati presentati i risultati di una ricerca etnografica sul pregiudizio anti-romeno a Roma. Il lavoro è stato ideato e svolto da un gruppo di studenti-ricercatori della Facoltà di Scienze Sociali coordinati dall’antropologo Antonio Riccio. Durante la mattinata, svoltasi con ilpatrocinio dell’Ambasciata di Romania presso la Santa Sede e l’Accademia di Romania, sono intervenuti Rappresentanti Istituzionali e studenti, che hanno condotto in prima persona la ricerca, per mettere in luce punti di vista sociali inediti che spesso restano celati sotto il velo del “senso comune” o del “buonismo”. Ciò che il professor Riccio invita a fare è di “non vedere i risultati di questa ricerca in termini quantitativi, bensì in un’ottica di restituzione: in primis alla comunità romena del proprio orgoglio e della propria dignità e al tempo stesso verso l’Università che ha promosso questa ricerca”.
Sguardi riflessi
Il progetto non è un unicum nel suo genere, ma fa parte del più ampio programma “Studio Realtà”, conclusosi l’anno scorso, che aveva “l’obiettivo di offrire formazione per l’empowerment di cittadini stranieri residenti in Italia, giovani e adulti, e italiani con background migratorio” e che ha coinvolto 50 studenti nel corso di 10 anni. A gennaio 2019 è partito il nuovo programma STRONG, acronimo per Selection, Training, Research, Orientation, Networking, Global monitoring, che si propone di coinvolgere più di 80 studenti nei prossimi cinque anni. Questi sono solo alcuni numeri che però testimoniano l’impegno attivo dell’Università in ambito di ricerca sociale, anche grazie all’influenza del credodell’Ordine Domenicano fondativo dell’Università e che da sempre ha riconosciuto grande importanza ai temi sociali e umani. Così la Vice-Rettore Prof.ssa Alford spiega l’importanza di questo progetto per parlare di temi come la “criminalizzazione” dell’immagine dei romeni (visibile digitando “romeno” su un qualsiasi motore di ricerca), la realtà effettiva di un’integrazione riuscita (i romeni sono presenti in tutti gli ambiti lavorativi/sociali) e per sfatare il “mito che i romeni migrino in Italia solo per motivi economici”. Temi che invitano a riflettere su una realtà complessa di “amore-odio” e che proprio per la sua complessità non può essere vittima di semplificazioni, luoghi comuni e pregiudizio.
Il processo di criminalizzazione
Proprio l’orgoglio e il pregiudizio sono le parole chiave dell’omonimo reading, lo strumento scelto per la restituzione della ricerca stessa per la sua alta efficacia. “La questione del contributo etnografico alla comunicazione è importante e trova proprio nel problema inter-culturale legato alla migrazione uno dei banchi di prova più urgenti e necessari”. Così le voci degli intervistati, romani e romeni, prima raccolte e trascritte dai ricercatori, “vengono ora interpretate pubblicamente da attori non solo come espressione artistica, ma come contributo attivo per aprire un nuovo, più forte campo di ascolto e risonanza”. Una valenza ulteriore del reading è “quella della testimonianza dei migranti, che in genere non si sentono, non si ascoltano, non hanno voce, ma possono trovarla attraverso l’uso virtuoso del teatro di voci a basso impatto tecnologico ed alto tasso empatico”. Un lavoro inedito che ha scosso le coscienze degli spettatori più di qualsiasi numero o statistica, un momento di profondo riconoscimento e immedesimazione con l’Altro che ha aperto nuovi scenari sul reale e su quanto il pregiudizio, spesso celato dietro parole di pseudo-tolleranza, sia in realtà una tentazione sempre presente e pronta a uscire con tutta la sua forza non appena una notizia di cronaca nera porta sulla scena la colpevolezza di un cittadino romeno che improvvisamente si trova a commettere un duplice reato: l’atto compiuto e il fatto stesso di essere straniero.
Le testimonianze
“Sul fatto degli zingari io sono molto razzista e l’ammetto… Quella è un’etnia che non sopporto perchè sfruttano a vantaggio loro il fatto di stare in Italia. Quello purtroppo ti spinge ad essere razzista.” Una frase che suona molto familiare quella pronunciata da uno degli intervistati, “non sono razzista, ma…”, e che è esemplificativa di un fenomenopoco noto quanto importante: l’invidia sociale, “una combinazione di sentimenti sociali di invidia-gelosia per (reali o presunti) benefici o miglioramenti guadagnati dai Romeni attraverso il lavoro e un’attiva cittadinanza comunitaria”. Un’altro fenomeno citato dal Prof. Ricci è quello “dell’occultamento identitario, che sfrutta somiglianze fisiche e linguistiche, anche presunte, per sfuggire all’individuazione come romeno”. Entrambi sono atteggiamenti nascosti spesso ignoti anche a coloro che li mettono in atto, che però spiegano in modo efficace la “nebulosa mutevole di immagini che ognuno si fa dell’altro attraverso gli sguardi spesso stupiti dei Romani sui Romeni, e viceversa, con le loro contrastanti verità”. Una ricercatrice riporta emozionata l’esperienza di un’intervista in particolare, quella fatta a una donna rom fuori da un supermercato. Ciò che l’ha stupita maggiormente è stato vedere come le persone la guardassero in modo completamente diverso una volta che si era seduta accanto alla donna rispetto a quando camminava per strada. Mentre prima sembrava una persona “rispettabile” e “normale” non appena si è seduta per terra con la rom ecco che sono comparsi lampi di disprezzo e odio negli sguardi dei passanti, eppure lei non era cambiata, ma è bastato quel gesto tanto umano quanto “colpevole” per farla diventare oggetto di scherno. Oltre agli zingari, che sembrano essere l’obbiettivo principale del pregiudizio sui romeni, l’altro fenomeno che crea diffidenza e insofferenza nei romani è questo loro “bere birra dalla mattina alla sera buttati in mezzo alla strada per poi lasciare a terra le bottiglie”. Dunque l’identikit del romeno medio sembra essere: zingaro, criminale e pure ubriacone. Tre aggettivi sembrano sufficienti per descrivere quasi due milioni di persone, stando alle cifre aggiornate al 2018, che vivono in Italia e nello specifico 183.908 solo sul territorio romano, persone che in Italia hanno trovato una seconda casa e che sono un esempio lampante di convivenza riuscita se si guarda alle stime effettive e non solo a quelle utili a scopi propagandistici.
Spazio di riflessione
Con l’obiettivo di “far riflettere pubblico e studenti su un fenomeno -il pregiudizio- che tocca le vite di tutti e che sollecita una consapevolezza nuova del problema sociale del migrare e del convivere nell’epoca della migrazione globale permanente” si è svolta questa mattinata fuori dal “comune” e che se da un alto ha fornito tante risposte a un’annosaquestione in parte consolidata nel tessuto sociale non solo romano, ma italiano, allo stesso tempo ha lasciato aperti molti spazi di riflessione su cui tutti siamo invitati a pensare rivolgendo uno sguardo privilegiato alla nostra stessa retorica che spesso in maniera inconsapevole contribuisce ad alimentare falsi pregiudizi e atteggiamenti d’odio nei confronti dell’Altro. Che poi alla fine, questo fantomatico Altro siamo noi.
Agnese Corradi(20marzo2019)
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